Tavecchio si è arreso ma il calcio italiano è sempre malato

Posted By on Nov 20, 2017 | 0 comments


di Giandomenico Tiseo

 

Ho rassegnato le dimissioni e per mero atto politico le ho chieste al Consiglio federale, ma nessuno le ha rassegnate. Siamo arrivati a un punto limite di speculazioni. La Lega Pro non è mai stata alleata, la settimana scorsa mi era stato inviato il documento programmatico, avevo interpretato in buona fede una volontà di alleanza e invece siamo di fronte a un sistema sportivo che si permette di prendere decisioni gravi quando il soggetto più importante che è il fornitore del sistema Italia è assente, quando la Serie A e la Serie B non ci sono: il 23 e 27 eleggeranno i loro presidenti, oggi siamo al 19: ma aspettare 8 giorni sembrava la tragedia mondiale del calcio italiano”. Con queste parole un furibondo Carlo Tavecchio si è dimesso dalla carica di presidente della Federazione Giuoco Calcio ed entro 90 giorni ci saranno le elezioni del nuovo n.1 di via Allegri secondo quanto previsto dalla Statuto. Ora però quali sono le conseguenze? La prima strada è quella della gestione transitoria affidata al massimo dirigente dimissionario e la seconda contempla un intervento diretto del Coni attraverso il commissariamento. Ne sapremo di più domani nella conferenza stampa convocata dal presidente Giovanni Malagò. Quale che sia la soluzione restano le perplessità di un iter che si sarebbe dovuto attuare immediatamente dopo il risultato negativo dell’incontro di San Siro. Tavecchio dice di aver pagato per il risultato di quel playoff e, dal punto di vista politico, è così ma di fatto i mali del calcio italiano sono rimasti intatti ed i risultati sportivi sono una diretta conseguenza. Nessuno può avere la bacchetta magica ma il sistema calcio ha fallito. E’ giusto che paghi il massimo esponente della Federazione ma, al tempo stesso, avrebbero dovuto farsi da parte anche gli altri dirigenti in suo appoggio fino a ieri. L’abitudine spiacevole italiana di risolvere le crisi sistemiche facendo cadere qualche testa è arte consolidata e di nessun costrutto. I precedenti storici lo dimostrano e non solo in materia calcistica. Le rivoluzioni non si sono mai realizzate mentre di restaurazioni ve ne sono state tante. Con l’uscita di scena di Tavecchio, si dovrebbe dare il via ad un nuovo asset dirigenziale non solo frutto di nomi ma soprattutto di idee: le riforme dei campionati, i diritti televisivi, una regolamentazione nel numero degli stranieri nelle categorie giovanili, le squadre b e una cura più attenta dei maestri di calcio sono i primi aspetti che vengono in mente. Oggi, qualcuno festeggia ma stappare lo champagne per così poco non può di certo bastare. Se l’Italia, a livello mondiale, è inesistente da 10 anni questo va ben oltre le responsabilità di Tavecchio per cui si vince e si perde insieme. La sconfitta è di tutti e chi di dovere ha l’obbligo di prendersi le proprie responsabilità. Vedremo nelle prossime settimane come la crisi del calcio verrà gestita, considerando che parliamo di un’industria che produce ricchezza. La posta in palio è alta ed avendo toccato il fondo non si può più sbagliare.

Submit a Comment