di Elia Faggion
Anche quest’anno, i versi ammalianti della Copa Libertadores sono terminati. L’ha vinta una tra le 5 squadre più ricche del continente, nonché una delle più strutturate per farlo: il Gremio di Renato Gaùcho Portaluppi. E lo ha fatto grazie ad un cammino in cui a spuntare, nitidi come tarassachi nella steppa, sono state la luce del talento e l’immarcescibile unione del gruppo. Senza dimenticare ovviamente la mistica, sempre basilare per trionfare in questa competizione.
È stata la Libertadores della consacrazione di Luan, del riscatto di Barrios, dei miracoli assurdi di Grohe, ma anche della rivincita dei “panni sporchi”, le seconde linee. Il talento dei singoli non sarebbe bastato per portare la Copa ad Avenida Goethe, c’è stato bisogno anche dell’ultimo della fila.
Era la squadra più forte questo Gremio, per batterlo forse non sarebbe bastato nemmeno il River Plate. Dopo aver vinto il girone il tricolor ha spazzato via il Godoy Cruz, con una doppietta decisiva di Pedro Rocha, che poco dopo sarebbe sbarcato allo Spartak Mosca; poi è toccato ai connazionali del Botafogo, cancellati con forza dalla testata furibonda del panteron Lucas Barrios. in semifinale viene spezzato il Barcelona SC in un’ora di gioco, grazie alla doppietta di Luan, alla punizione di Edilson, e soprattutto al miracolo irripetibile di Marcelo Grohe. E poi c’è la doppia finale, contro il Lanùs.
Questo doppio incrocio è la rappresentazione ideale del cammino del Gremio. L’andata è stata una sfida nervosa, nella quale il Lanùs ha attivato tutti i possibili meccanismi di autodifesa, chiudendosi a riccio per l’intera durata del match. Il muro sembrava poter resistere fino alla fine, ma i brutti anatroccoli di Portaluppi hanno spiccato il volo. 1-0 di Cicero, assist di Jael: non esattamente gli eroi che ti aspetteresti. Una settimana dopo si gioca il ritorno alla Fortaleza, dove però il Lanus non può più nascondersi. Negli spazi lasciati da un granate volenteroso ma disordinato, forse schiacciato dalla portata – non abituale – dell’evento, si esaltano gli artisti tricolor. Fernandinho, Luan: 2-0 alla mezzora e Copa sotto il braccio. Il dominio messo in scena dal Gremio sul Lanùs è davvero eloquente, questa squadra era semplicemente più pronta per vincere.
Vi mentirei se dicessi che, per un momento, ho pensato che il Lanùs sarebbe potuto tornare in sella. Dopo il rientro dagli spogliatoi, il Gremio ha palesemente abbassato i giri del motore per gestire il triplo vantaggio; il granate invece, caricando a testa bassa, quasi alimentato da una furia incontrollata, prova a ricucire la ferita. Al 72’ Acosta conquista un rigore, ottimamente trasformato da Sand. Mancherebbero una ventina di minuti, e ci sarebbero da fare due gol, con tutta l’inerzia della gara a favore: qui ho pensato che i ragazzi di Almiròn l’avrebbero rimandata ai supplementari, sulla scia delle rimonte contro San Lorenzo e River Plate. Ma la realtà era un’altra, perché anche se in inferiorità numerica (espulso Ramiro all’83’), il Gremio non ha avuto troppe difficoltà a schivare il toro impazzito. È bastato mantenere la calma giusta.
È festa porto-alegrense dopo 22 anni dall’ultima volta, quando Jardel decideva di vincerla essenzialmente da solo, siglando addirittura 12 reti in una singola edizione. È la quinta Copa per la città brasiliana, che raggiunge quindi San Paolo per numero di trofei continentali in bacheca (5: 3 Gremio, 2 International). Il continente ha rispolverato un gigante dimenticato, il Gremio di Porto Alegre, vincitore con grande merito di questa edizione della Copa Libertadores.