Diego Perotti e quegli undici metri che sembrano cento

Posted By on Dic 19, 2017 | 0 comments


Giovanni Rosati

L’arbitro fischia. Io lo fisso, lo sfido con lo sguardo. S’incammina, quasi svogliatamente, e non perde il contatto visivo per un istante. Non lo faccio neanche io: questa la voglio vincere. Ogni suo passo è un rintocco, la sua rincorsa è musicale. Il ritmo è lento, ma costante. Oso dire funereo. E la mia determinazione allora vacilla già. Il suo sguardo è il più pesante che abbia mai cercato di sostenere. Gli occhi neri sembrano vuoti, ma la sua espressione comunica risolutezza. Vuole vincerla anche lui, mi chiedo se possa volerlo più di me. Avanza, sembra non arrivare mai a destinazione. Smanio, non riesco ad aspettare così a lungo. Sono nervoso. Manca un passo, e il ritmo non è mai cambiato. Lo stesso canto funebre dell’inizio. Ma ora abbassa lo sguardo verso la sfera. Ho vinto io! Brividi di adrenalina lungo tutto il mio corpo. Ho vinto, non ha speranze.

Lo rialza dopo un solo attimo, sta per colpire. Che lo abbia fatto apposta? Che io ci sia cascato in pieno? Manca troppo poco per queste domande, come trovo risposta ora? D’improvviso, sono più agitato di prima. Non mi trattengo. Come fa a non provare le mie stesse emozioni? Fremo, scalpito, devo agire. Prendo la mia scelta inconsciamente, non mi è rimasto tempo a sufficienza per una decisione razionale. Buffo come mi sia parso dilatato il tempo della rincorsa e quanto sia breve nel momento decisivo. Sta per calciare, reagisco. In realtà agisco, lui non ha ancora calciato. Ma non potevo più star fermo, non reggevo più la tensione e non potevo rischiare di rimanere lì, impalato. E lui continua a fissarmi, capisce e mi spiazza. Il suo sguardo non è cambiato per tutto il tempo. La stessa determinazione, la stessa profondità. Ho sbagliato io, avrei dovuto attendere ancora un po’. Ma mi ha portato lui a decidere in fretta, mi ha costretto lui a muovermi, per fermare quello strazio. Ha vinto lui, non mi resta che raccogliere la sfera alle mie spalle. Ho perso.

Kiko Casilla, Miroslav Vujadinović, Oliver Baumann, Etrit Berisha (x2), Federico Agliardi, Orestis Karnezis (x3), Marco Storari, Petr Bolek, Albano Bizzarri, Stefano Sorrentino, Samir Handanovic, Alex Cordaz e Thomas Strakosha non condividono solamente l’esser portieri professionisti di calcio. Ognuno di loro, infatti, ha vissuto l’esperienza descritta precedentemente sulla propria pelle. Ognuno di loro ha subito gol su calcio di rigore da Diego Perotti. Tredici portieri per sedici rigori totali realizzati.

Da quando è in Italia, e in modo particolare da quando è a Roma, Perotti è riuscito a farsi conoscere per il suo inconfondibile stile dagli undici metri. Una rincorsa lenta e costante, che logora le sicurezza del proprio avversario e permette all’argentino di anticipare il movimento del portiere e spiazzarlo.

Un suo omonimo, parlando dei tiri dagli undici metri, ha detto: “Quando dovevo tirare un rigore, aspettavo il portiere. L’esito dipende da chi dei due cede mentalmente per primo. Guardavo il portiere fino all’ultimo, e quindi non potevo imprimere molta potenza, essendo già sul pallone. Quindi tiravo piano, ma sapendo già dove stesse andando il portiere. E solitamente vincevo io”. Diego Armando Maradona ha calciato 45 rigori nel corso della sua esperienza europea tra Italia e Spagna, mettendone a segno ben 42. Il 93,3 periodico percentuale.

Una conoscenza più recente del calcio italiano ha adottato una filosofia molto simile a quella del Pibe de Oro realizzando 34 dei 38 rigori avuti a disposizione. Mario Balotelli è stato a lungo famoso per essere uno dei migliori rigoristi in attività, freddo e imperscrutabile. Il ritmo delle sua rincorsa si spezza improvvisamente all’ultimo passo, lui guarda il portiere e non gli lascia scampo. Ha attualmente l’89,5% di realizzazione dagli undici metri in carriera.

Diego Perotti segue la stessa scuola di pensiero, ma da vero artista la interpreta secondo la propria visione. I rigori del Monito sono strazianti per l’estremo difensore avversario e per il tifosi dell’una e dell’altra fazione. Quei pochi metri di rincorsa vengono percorsi in tempi che risulterebbero utili a battere il record dei 100 metri piani appena di misura. I suoi occhi sono fissi sul portiere, per cogliere l’inizio del suo movimento e spiazzarlo con un tocco deciso e angolato.

Questi non trovano contromisure. Lo sguardo di ghiaccio di Perotti li segue istante per istante e li sentenzia ogni volta. Con una calma irritante e mostruosamente efficace. Sono completamente impotenti.

Al Siviglia, durante la sua prima esperienza europea, l’argentino calcia tre rigori. La rincorsa è rallentata rispetto ai tutti i suoi colleghi, ma non è quella definitiva. La preparazione è lenta, ma non ancora abbastanza. In ogni caso, nessuno dei tre portieri avversari neutralizza la sua conclusione. Non solo: nessuno dei tre indovina l’angolo giusto. Ognuno di loro viene immancabilmente spiazzato.

Arrivato in Italia, Diego perfeziona la sinfonia. Adesso cammina. Il ritmo dei passi cala, le percentuali no. Durante le tre stagioni trascorse al Genoa, calcia altrettanti penalty; non serve dire quanti vanno a segno.

Alla Roma, lo spartito non cambia. Dal febbraio 2016, quando viene acquistato dai giallorossi, alla stagione scorsa, il Monito continua sulla stessa rotta. Otto calci di rigore, otto gol. Che l’avversario sia uno sconosciuto o un pararigori non cambia nulla. A Maggio 2017, Diego ha segnato quattordici rigori su quattordici. Il 100% di quelli battuti. E l’ultimo tra questi è il più difficile. Samir Handanovic è il pararigori per eccellenza in Serie A. Ma all’argentino importa poco. Lo sguardo vuoto e gelido dello sloveno non scalfisce questa impressionante statistica. I tifosi della Roma esultano ormai per l’assegnazione di un rigore come se non ci fosse neanche il bisogno di formalizzare le cose. È una perdita di tempo, Perotti la mette sempre. Nessuno può fermarlo.

Il 23 settembre 2017 è una data importante, purtroppo per l’argentino al negativo: Diego Perotti, al quindicesimo tentativo, sbaglia un rigore. “Bizzarri mi conosce bene, per questo ho deciso di cambiare tecnica e andare più velocemente verso il dischetto”, aveva detto in occasione del penalty realizzato circa dieci mesi prima allo stesso avversario, che vestiva la maglia del Pescara. Ma stavolta torna alla sua filosofia, e parte con estenuante lentezza. La frequenza dei passi è forse ancora più bassa del consueto. La tensione è alle stelle, il tempo si dilata come sempre, più di sempre.

Albano Bizzarri è a undici metri di distanza da Diego. Si era già trovato nella stessa situazione un anno prima e si era dovuto piegare ai tamburi del Monito. Che un anno dopo fosse memore di quanto aveva già attraversato, che avesse studiato il suo avversario, non è dato saperlo. In ogni caso, Bizzarri è il primo portiere a non subire gol su rigore da quella macchina infallibile. E di sicuro non è un caso.

Con l’avvicinarsi del suo avversario alla sfera, il portiere saltella prima sul posto e, un momento prima dell’impatto col pallone si muove. Tutti gli altri avevano fatto lo stesso, senza ottenere i risultati sperati. Ma Bizzarri si muove con un piccolo balzo in avanti, non laterale. Guadagna qualche passo, ma non battezza un palo. Diego stavolta pecca. O manca della sua ben nota freddezza, oppure colpisce il pallone difettosamente. Ma non c’è tanto da rimuginarci su, Diego sbaglia. Colpisce il palo. Infrange il suo record. 15 rigori all’attivo, 14 realizzazioni.

La Roma vince lo stesso per 3-1 sull’Udinese. Ma al 44’ del secondo tempo l’Olimpico sobbalza: quel numero 8 non è più una sentenza. È la fine di una storia romantica di calcio. Non è certo la fine di un’epoca, non è certo nulla di imprevedibile. È solamente un’inevitabile ritorno alla realtà per Diego e tutti i suoi tifosi, che adoravano il fatto di poter sognare.

Un mese dopo, Diego si ripresenta dal dischetto, e col suo gol regala i tre punti alla sua squadra. È stata l’eccezione che conferma la regola: questo ragazzo i rigori non li sbaglia. E questa ipotesi trova conferma nella stracittadina contro la Lazio. Diego la sblocca, la Roma la vince.

Il 16 dicembre 2017 è la seconda data da ricordare: a Diego Perotti viene parato un calcio di rigore. La Roma è sullo 0-0. All’Olimpico il Cagliari fa densità e al minuto 52’ concede la battuta dagli undici metri all’argentino, che può regalare ancora i tre punti ai suoi.

Di fronte a lui c’è Alessio Cragno, 23enne portiere di Fiesole. Mentre Diego s’incammina, lui è fermo sui suoi piedi. Piegato in avanti, con le mani poggiate sulle ginocchia. Non è solo fermo, è piantato a terra. La testa, però, è alta. Lo sguardo è fisso sul Monito. I tifosi si chiedono come si possa esser così calmi nell’affrontare un rigorista come quello. Forse se lo sta chiedendo lo stesso rigorista.

“Ho studiato Perotti in settimana. Sapevo di dover star fermo e cercare di trovare il suo lato” ha detto il protagonista di giornata nel post-partita. Perotti rallenta e fissa il portiere che non si muove. Rallenta ancora, niente. Rallenta fino al massimo delle sue possibilità, ma a un certo punto arriva al momento del calcio. Non può più attendere. E come ricordava il suo più celebre omonimo, una volta sulla palla, non si riesce a dare potenza al colpo, bisogna che sia preciso e che spiazzi l’avversario. Diego può far qualcosa sul primo dei requisiti. Ma sul secondo Cragno può dire la sua, e lo fa. Sfida l’argentino sul suo punto di forza, resiste alla pressione e resta immobile fino all’ultimo. Parte il tiro, è angolato ma poco potente. Cragno è reattivo, si tuffa non appena intuisce la traiettoria e blocca in due tempi. Alessio Cragno è il primo portiere ad aver neutralizzato un penalty di Diego Perotti, un rivoluzionario dei tiri dagli undici metri.

Il tempo di reazione è ridotto al minimo; l’estremo difensore degli isolani ha compiuto un gesto istintivo di pregevole fattura e ha meritato il risultato. La strategia utilizzata non è infallibile, come non lo è quella di battuta dell’argentino, ma è senza dubbio la più indicata per questo tipo di situazioni. Sarà interessante capire se tutti i numeri uno del campionato italiano la utilizzeranno, se si proverà efficace in una discreta percentuale dei casi e se, ipotizzando che succeda, Diego possa scegliere di suonare una melodia diversa, cambiando ritmo e intensità dell’esecuzione.

La scorsa primavera, intanto, il portiere del ChievoVerona Stefano Sorrentino aveva rilasciato queste dichiarazioni sui calci di rigore dell’argentino della Roma: “Perotti non guarda la palla, ma i tuoi occhi, e poi decide all’ultimo. Al primo che gliene para uno bisognerebbe fare un monumento”. Chissà che a Cagliari non ci stiano facendo un pensierino…

Submit a Comment