di Giandomenico Tiseo
Buffon torna in Nazionale. E’ il tema di quest’ultime ore che tiene banco sul futuro ancora nebuloso della selezione italiana di calcio. Luigi Di Biagio, ct “a tempo” della compagine nostrana, lo ha detto piuttosto chiaramente che la presenza di un calciatore dell’esperienza e della classe del portierone della Juventus serve. Dunque dalle lacrime di quel maledetto 13 novembre a San Siro, match di ritorno del playoff mondiale contro la Svezia, al ritorno in atteso?
Gigi, dopo una chiusura iniziale, sembrerebbe essere pronto a vestire l’azzurro nelle prossime amichevoli che vedranno gli azzurri impegnati contro l’Argentina, il 23 marzo, e contro l’Inghilterra il 27 marzo. Un ripensamento? Sembrerebbe di sì. Di Biagio dunque preferisce affidarsi ad una figura di riferimento storica piuttosto che partire da zero e ricostruire un gruppo in cui siano solo i rappresentanti della nuova generazione a prendersi delle responsabilità. Una decisione condivisibile?
La risposa non è semplice. Da un lato il partito del “Nuovo che avanza” non pensa che il ritorno di Buffon possa essere di grande beneficio per le sorti dell’Italia. La necessità di ricostruire una squadra, dopo il disastro del biennio di Gian Piero Ventura, richiede una rivoluzione. La scelta sembrerebbe una manifestazione, quasi, di sottomissione nei confronti di un calciatore glorioso sul finire di carriera e di sfiducia nei confronti di calciatori, come Lorenzo Insigne, Gianluigi “Gigio” Donnarumma e Federico Bernardeschi, a cui va data priorità.
L’altra faccia della medaglia però riguarda la qualità e lo status internazionale di alcuni calciatori. Insigne è un classe ’91 e, nel rapporto con importanti calciatori italiani del passato, lo sviluppo di carriera del n.10 del Napoli è ben diverso da quello di un Francesco Totti o un Alex Del Piero per intenderci. Una criticità dettata da un campionato non più “allenante” per il contesto europeo, soprattutto dal punto di vista dell’intensità. Spesso, infatti, alcuni dei giocatori menzionati non riescono ad essere determinanti nelle competizioni continentali come in quelle nazionali.
Il problema di Buffon è dunque solo la punta dell’iceberg? Probabilmente sì e la ricostruzione di un movimento valido parte da un investimento diverso dei club nel vivaio tricolore e nel contempo riforme più adeguate della Figc (ora commissariata): squadre b e regole in cui il mercato nazionale abbia meno svantaggi economici rispetto a quelli internazionali. Ma saranno mai attuate?