Matteo Quaglini
Per la prima volta contro, in Europa. O meglio nell’Europa che conta quella dei campioni. Giocano dopo 157 partite ufficiali contro, il loro primo derby europeo. Stasera Tottenham-Manchester City sarà il primo passo verso la semifinale, per far tornare a vincere una squadra inglese e cancellare il dominio spagnolo nella grande coppa.
Che sia derby d’Inghilterra, allora. Già derby la parola che nel football inglese ha tratteggiato, dall’800, tutta la storia del calcio made in England. Un continuo, lungo, affascinante duello tra contee ripreso dal dio pallone.
Stasera da una parte ci sarà la contea dei bianchi del Tottenham, dall’altra quella dei nuovi padroni del trono d’Inghilterra, gli sky-blues che vengono da Manchester con la bandiera citizen ben esposta. Scontro tra aggressivi del gioco.
L’aggressività intesa come spirito di lotta, come azione incessante, come modo di interpretare il gioco e di condurlo sono le caratteristiche richieste in un derby per giocarlo al meglio, e sono anche le caratteristiche del Tottenham e del Manchester City. Due della squadre moderne figlie della zona pressing anni ’70 e ’80, traslate ad oggi nella modernità fluida del modo di giocare contemporaneo.
Due squadre aggressive, ma diverse nella sostanza. Diversità che già il modulo iniziale rimarca, e stavolta non è solo una questione di numeri. Più propriamente è una questione di assemblaggio degli uomini, di catene di gioco, di movimenti che nel 4-2-3-1 di Pochettino hanno uno sviluppo e nel 4-3-3 di Peppino Guardiola ne hanno un altro.
Quattro i punti cardine per entrambe per andare a vincere questo derby d’Inghilterra: la costruzione del centrocampo, i movimenti aperti di Eriksen e Bernardo Silva, le rifiniture per i due centravanti, i tempi e i settori del campo in cui verrà portato il pressing difensivo. Il calcio del Tottenham e quello del City è tempo e spazio, chi si muove nel modo migliore vince la partita.
Per questo motivo la costruzione del centrocampo è decisiva. Le due squadre in avvio sembrano ragionare all’unisono. Anche se i sistemi sono diversi, gli uomini nel settore più importante sono cinque. Il Tottenham ha: Sissoko, Allì, Son, Eriksen e Rose. Il Manchester City punta su: Fernandinho, Gundogan, De Bruyne, Bernardo Silva e Sterling. Data la struttura, ci vuole l’idea: i movimenti dunque. Per capirli, occorre individuare lo spazio in cui ciascuno giocherà.
Il Tottenham mette i suoi nel seguente spazio: Sissoko e Allì mediani davanti la difesa, Eriksen centrale dietro Kane, ma con movimenti aperti a tutto campo. Mentre Son viaggia a destra e Rose a sinistra, entrambi larghi. Ecco dunque l’occupazione dello spazio da parte di Pochettino, stretta e larga al tempo stesso.
Stretta con Sissoko e Allì per non far arrivare in verticale il pallone ad Aguero, troppo rapido nel girarsi affinché Alderweireld e Vertonghen possano fermarlo in tempo ad un passo dal gol. Larga perché tutti gli altri, in un grande moto di coraggio, sono aperti. Lo è Allì che non avrà compiti di marcatura, ma dovrà giocare in verticale per far correre all’indietro Gundogan e De Bruyne. Lo è Eriksen per collocazione naturale, interpretazione del gioco tra le linee, lo sono Son e Rose che dovranno alternare, partendo da lontano, movimenti in verticale e in ampiezza sia per vincere i duelli esterni con Walker e Mendy, sia per farli trovare distanti dai centrali sulle imbucate centrali dei centrocampisti. Un doppio movimento per aprire, o allargando o togliendo i tempi delle chiusure centrali, la difesa del Manchester City.
Per il City il ruolo chiave di questa sfida a scacchi fatta di mossa e contro mossa sarà Bernardo Silva anche lui come il suo dirimpettaio alla corte del centrocampo Eriksen, giocherà aperto cioè a tutto campo e con più di un movimento da fare. Il più importante sarà quello verso i suoi compagni di centrocampo Gundogan, De Bruyne e Fernandinho. Lì in un ruolo che alcune volte Guardiola ha ritagliato per il grande manchego Iniesta, Bernardo Silva dovrà costruire il gioco aprendo il campo e togliendo lo spazio a quelli del Tottenham, attraverso passaggi di qualità alta.
Lo stesso che farà Eriksen curando però la posizione centrale e l’assistenza a Kane, il danese passerà la palla in verticale, il portoghese in orizzontale. Due modi diversi per far arrivare il pallone pulito
ai due centravanti, uscendo dalla morsa del centrocampo e trovando nella tecnica, nel controllo, nella visione di gioco, la possibilità di guadagnare lo spazio risolutivo e vincente. Quando nella Roma di metà anni ’70 Niels Liedholm e Pierino Prati discutevano sull’efficacia o meno della ragnatela, del gioco ossessivo dei passaggi cioè, il Pierino nazionale si lamentava e il grande barone gli rispondeva: che alla fine avrebbe sempre avuto, dopo quella infinita sequenza di passaggi, il pallone buono, pulito per fare gol.
Eriksen e Bernardo Silva saranno in questa partita i giocatori deputati a pulire il gioco e trovare il filtrante giusto per aprire lo spazio nel quale i giocatori offensivi si fionderanno, come quando negli assedi si apre la breccia e l’esercito entra deciso nello spazio un tempo presidiato dal nemico.
Sui tempi del pressing difensivo esistono alcune perplessità. Il Tottenham lo sta studiando e ancora non lo attua come i calvinisti e gli ortodossi di questo concetto tattico vorrebbero. Le caratteristiche della sua formazione di stasera d’altronde non contemplano molto questo principio difensivo, tutti aperti e volutamente distanti per aggredire gli spazi non la palla.
Il City è più strutturato perché ha tre centrocampisti sulla stessa linea, perché la squadra sa per caratteristiche fisiche, tecniche e tattiche portare il pressing con più giocatori sulla palla anche nelle zone laterali dove spesso il Tottenham aprirà il gioco per arrivare ai cross dal fondo per Kane. Però, anche Guardiola ha cambiato e il pressing non sarà ossessivo come ai tempi del Barcellona ma mirato in certi momenti della partita per mandare poi Aguero e Sterling nell’uno contro uno con i difensori centrali.
Derby alla fine di spazi e tempi, di centrocampo e passaggi. Il primo derby europeo per le due nuove grandi squadre d’Inghilterra. E ancora uno per il calcio inglese, a rinverdire le gesta delle parrocchie di All Saints e Saint Peter nel primo derby del XVIII secolo tra giovani parrocchiani che cercavano di portare la palla da una parrocchia ad un’altra. Erano i giochi di Shrove Tuesday, un martedì guarda caso. Un martedì di Derby come stasera