di Gianni Massaro
We Are Who We Are, tra piccoli diavoli e gioielli, tra ciak e numeri. Chioggia sfondo ricorrente, non aspettatevi una visione divertente sulla scia del Foggia Zemanlandia. Una serie che si guadagna i galloni di un reale specchio, tra USA ed usi, costumi ed Italia. Nel pieno, colpisce nelle strambe manie umane, normali limiti, follie e delusioni, alti e bassi, uguaglianza.
A prendere la scena è anche Fraser, Grazer il nome dell’attore, un enfant prodige generato, e prestato alla macchina da presa, classe 2003.
Nuova generazione che avanza, intrepida, in una serie firmata Luca Guadagnino-Francesca Manieri capace di ricalcare scie umane in più accezioni, tra ‘Joya’ e ‘Petit Diable’, un misto completo, tra fisico e fisionomico, il personaggio Fraser Wilson ricorda il francese e l’argentino.
Siamo chi siamo, riflessi, flessioni, alti e bassi, all’altezza pur non facendo prevalere i centimetri.
Nel limbo, in un aulico limbo, ma tale permane, è restato così finora.
Sul castano, moro, sono passati entrambi, Griezmann e Dybala, anche alla tonalità bionda, da dorato talento anelito al platino.
Questione di mode e look, da divi, o meno.
Cambiamenti, lampanti, ‘Grizou’ un po’ sulla traccia dello Sheva da Pallone d’Oro, Paulo con acconciatura passata alla Justin Bieber, tra pop e dance.
Giocatori apprezzati da molti, tanti fan sparsi nel globo, accendono la luce, qualità tecnica ingente.
Dominatore d’Italia il 10 della Juve, poco incisivo in tenuta albiceleste, alla Messi in miniatura, dal sangue un po’ troppo europeizzato. La grande notte di Paulo sempre in confini nostrani, nel catino infernale dello Stadium, ma in Champions, nel 2017 contro la sontuosa Pulga di Rosario, nell’occasione perentorio 3-0 ai quarti di finali.
Squarci, disarcionati, di gloria. Antoine Griezmann è invece colui che si è arenato al Barça, non proseguendo nella scalata alle elevate cime del moderno parnaso pallonaro. È re di coppe perlopiù. Il gallico giocatore di Mâcon ha toccato l’apogeo nel 2018, con Supercoppa UEFA a concludere da perfetto dessert un ricco banchetto, Europa League (in Colchoneros), e Mondiale in Blues, da eccelso protagonista alzati al cielo.
Sangue ibrido, misto, in armoniose composizioni.
Immergendoci nei rami familiari possiamo scorgere un vario zibaldone per Paulo Bruno Exequiel Dybala, il quale vanta origini polacche tramite nonno, nonché scorie ematiche italiche attinte dalla nonna materna, con estrazione napoletana.
Antoine è prodotto di stampo gall-iberico, Alsazia e Portogallo gli forniscono connotati identificativi. Doti di spessore su cui sono riversate immani aspettative, chiedendo sempre loro la giocata di magistrale contorno, in un pasto da infarcire.
Remoti passi, hanno scritto già tantissime pagine di storia recente del football, Griezmann con meno cimeli ma toccando zone celesti, celestiali ubicate in più alta quota. Taglienti, sinuosi e serpenti. Non velenosi siluri, ricorrono prettamente alla leggiadria, ma non disdegnano un maggior uso di potenza in sporadici casi.
In fantasia, Griebala, Dybmann, spazio, sfogo alla fusione.
Ne usce un forte suono nominale, Grazer, in un copione “americanizzato”, biondo ossigenato, giovane fuoriclasse, in altro campo;
monofono nome, Grazer in WAWWA diviene Fraser, affiancato da un’altra adolescente nelle scene, Jordan Kristine Seamón, sguardo iconico, da contemporanea Gioconda filmica.
We are who we are, siamo chi siamo. Grandi, specie coi piedi, piuttosto che in centimetri e peso, grandi calciatori, uno insediatosi in Penisola l’altra nella Liga spagnola.
Campioni. Grandi, ma non grandissimi.
Non ancora. Almeno finora.