di Gianni Massaro
Involuto, evoluto. Si fa presto a dire.
Strepitoso, docile. Si fa tardi a giudicare.
Il talento di Leão non è in discussione, l’atteggiamento maggiormente. Ancora un ragazzo, ma non tra i più giovani in un gruppo di freschi maggiorenni.
Una tendenza all’incostanza, a far male a sprazzi, capelli spruzzati di qualche tinta, finta flebile alternata a flessuosa, abile sterzata.
Una punta fantasista, di libera creatività, tra centravanti e esterno d’attacco, numero nove ed undici, probabilmente la non bugia risiede nel mezzo.
Seconda punta, si è saputo esaltare con un altro pedatore di pura propensione offendente.
Può risolverla con un guizzo, una giocata cristallina, può sonnecchiare per novanta minuti. La testa, nel concepimento produttivo, è il limite del giovane portoghese.
Fatica a carburare, subentrando talvolta pare sappia incidere meglio, può diventare un campione, ma nelle grandi piazze il tempo scorre più veloce, scotta, brucia.
Essere diesel nel segnare, però, va leggermente controcorrente;
tutti i gol infatti di Leão in maglia rossonera sono arrivati nella seconda frazione.
Un poeta della pelota, moderno, un po’ svalvolato, apparentemente maledetto, staremo a vedere.
Certo nel campionato italiano può annoiare come non tanti in alcune partite, ed in altre sfide sa divertire, ad intermittenza, come pochi.
Sarà una pedina fondamentale nel prosieguo della stagione milanista, nel bene o nel male, buone percentuali di felice stagione passeranno dai piedi del gioiellino altalenante dalla cornetta telefonica esultante.