Omaggio a “Roccia” Burgnich…

Posted By on Mag 27, 2021 | 0 comments


 (di Gianluca Guarnieri) C’era una volta un difensore forte e coraggioso. Questo difensore era temuto dagli attaccanti ed amato dai propri tifosi, per la sua grinta, forza ed implacabilità nella marcatura. Un “terzino” fatto di ferro, anzi di roccia. Un baluardo insormontabile per gli avversari: questo baluardo, come avrete capito, risponde al nome di Tarcisio Burgnich.
Nato in quel Friuli che da dato i natali ad altri grandi protagonisti del calcio italiano, come Enzo Bearzot, Dino Zoff e Fabio Capello, Tarcisio passò la sua infanzia ed adolescenza tra i campi agricoli e quelli di calcio (“ la casa con l’orto è stata la ricchezza della mia famiglia” dichiarò in seguito). A 19 anni arrivò la  chiamata dell’Udinese, che lo portò via dalla vita agreste, ingaggiandolo per 50.000 lire mensili. Le sue caratteristiche di grinta e di inusitata forza fisica, colpirono immediatamente gli emissari della Juventus, che con un “blitz”, lo sottrassero alla concorrenza, portandolo sotto la Mole Antonelliana. Burgnich, riuscì a vincere immediatamente lo scudetto, giocando per 13 gare in bianconero, ma nel campionato seguente fu destinato a “farsi le ossa” con la maglia rosanero del Palermo. La sua bella stagione in Trinacria non sfuggì all’occhio furbo ed attento del “mago” Herrera, che lo volle a tutti i costi, nell’Inter per fare compagnia ai vari Facchetti, Guarneri e al grande Capitano Armando Picchi, in un pacchetto difensivo destinato alla leggenda.
Fu l’inizio della favola. Tarcisione, formò con i già citati colleghi, un reparto da mille e una notte. Fu subito tricolore e nella stagione 1963/64, la corazzata di Angelo Moratti si laureò campione d’Europa, stendendo a Vienna  il super Real Madrid di Gento, Puskas e Alfredo di Stefano. Su quella magica notte del “Prater” si sono scritti oceani d’inchiostro ma è giusto ricordare la maiuscola prova di “Roccia”, insuperabile nel “tackles”, con i fenomeni madrilisti, costretti alla resa dai deliziosi e mortali colpi di Sandro Mazzola. Fu un periodo di trionfi, di vittorie e di successi. Scudetti, Coppe dei Campioni, Coppe Intercontinentali; tutte vittorie che portarono il valoroso contributo del tetragono Burgnich. Tra le prove del suo valore, occorre ricordare nei Mondiali d’Inghilterra del 1966, l’aver portato a termine la partita Urss-Italia, nonostante la distorsione al ginocchio, causatagli da un contrasto con Cislenko, che lo portò a non disputare, la ferale Corea del Nord-Italia, che tanta amarezza porto ai cuori dei tifosi italici. Chissà, forse con lui in campo, non sarebbe finita nello stesso modo…
 Campione d’Europa a Roma nel giugno del 1968, marcando da campione il temibile Dzajic, nella finale bis degli Europei, Tarcisio fu protagonista dell’indimenticabile  mondiale messicano, ribaltando la barca azzurra nella “partita delle partite” ovvero Italia-Germania 4-3 con uno dei suoi rari goals, mandando con le terga a terra il borioso Sepp Maier e tutta la “Cruccolandia dell’Ovest”, con una bella pedata di sinistro. In finale, ahimé, si sa come andò a finire, ma per tutta la partita Tarcisio rese il più possibile la vita dura a “Sua maestà” Pelé, che lo beffò con un goal incredibile, ma “O Rey” non era un calciatore comune: era il CALCIO!
 Burgnich negli anni seguenti cambiò ruolo, spostandosi nella posizione da “libero”, mettendo a frutto la sua esperienza e il suo profondo senso tattico, congedandosi dalla maglia azzurra il 23/6/1974 , in un “pomeriggio di un giorno da cani” contro la Polonia di Gorsky. “Roccia” dovette abbandonare il campo alla mezz’ora, poiché colpito alle spalle dal fellone Szarmach . Si era sullo 0-0. Il suo sostituto, il laziale Wilson lo fece rimpiangere parecchio. “Roccia” chiuse con il calcio a 38 anni suonati, giocando un dignitosissimo finale di carriera con il Napoli di Vinicio e di Beppe Savoldi. Tutta una serie di temibili “punte” sia d’Europa che del mondo fecero i conti con i suoi ruvidi tacchetti. Solo uno lo mise in difficoltà; un tipo introverso e taciturno come lui. Il suo nome è Riva, Gigi Riva. “Roccia” e “Rombo di Tuono”, due uomini veri, di poche parole e molti fatti. Nel “bailamme” del calcio moderno, ne avvertiamo profondamente la mancanza.
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