(di Giuseppe Porro)
Siamo nel bel mezzo della rassegna continentale itinerante che sta facendo da vaccino per il buon umore degli europei, e lo si vede nella voglia e negli occhi (rimasti scoperti) della gente.
Di Euro 2020 è rimasto solo il nome disgraziato, la competizione che è rimasta con la stessa denominazione per motivi di merchandising, si ritrova ad un anno esatto di distanza con rinnovate speranze.
La speranza è nella campagna vaccinale mondiale, che sta facendo sì che il mondo cominci a tornare alla normalità. Lo si vede nelle piazze, nei locali e sugli spalti che vanno gremendosi sempre di più, rispettando (a volte non sembra) le norme anti covid.
La gente che ancora è coperta dalla mascherina (anche se si discute la sua eliminazione all’aperto qui da noi, mentre in altri paesi europei già è bandita all’aria aperta) parla con gli occhi. Occhi che parlano, piangono, ridono, si alzano al cielo, si chiudono gioiscono o strabuzzano.
Insomma c’è una grande voglia di normalità, e l’europeo itinerante ci sta dando per l’appunto dei segnali di ritorno alla vita normale riportando la gente sugli spalti.
E sarà l’estate, il ricordo delle notti magiche, la voglia di tornare di nuovo ad abbracciarci e gioire, mangiare una pizza in compagnia, viaggiare o semplicemente uscire e condividere con gli altri, che questo europeo verrà ricordato.
Grazie al calcio, ricordato per la fame di normalità, per la fame di calcio, per il “foodball”. Se poi a trionfare sarà la nostra nazionale, il ricordo sara ancora più dolce, bello, e colorato. Colorato di azzurro, azzurro indelebile.