Genoa tanto tuonò…

Posted By on Mag 17, 2022 | 0 comments


di Daniele Craviotto

 

Che piovve. Dopo 15 anni il Grifone torna ad assaggiare l’amaro calice della B. Bisogna, però, tornare indietro di ben 27 per trovare la sua ultima sul campo. In quel caso fu lo spareggio con il Padova. Per risalire alla sua ultima retrocessione diretta e anticipata, si deve arrivare addirittura alla stagione ‘83-‘84. Era un altro campionato, le vittorie valevano 2 punti e le partecipanti erano solo 16. Quello avvenuto a Napoli, quindi, è stato comunque un momento storico, anche se negativo. In più il più amaro dei verdetti arriva, forse, nella stagione meno attesa come premesse. Riavvolgiamo il nastro di questo orribile sceneggiato per capire. Nel campionato scorso i rossoblu vengono da un buon girone di ritorno chiuso con l’undicesimo posto. Il rammarico è di non aver avuto fin da subito Davide Ballardini, altrimenti il Genoa poteva ambire serenamente alla parte destra. In estate cambia tutto. Via Preziosi e dentro 777 Partners. L’acquisto dalla Lazio di Caicedo aveva fatto intuire a tutti che qualcosa stava cambiando. Si capisce che la società è solida e i tifosi iniziano a sognare due cose: una stagione tranquilla di costruzione e l’agognato primato cittadino nei confronti di un’immobile Sampdoria. L’inizio è così così. Poi la vittoria sul Cagliari, dove, però, tutto si spezza portando all’inevitabile esonero di Ballardini. Il sostituto è un nome da sogno: Andriy Shevchenko. Problema: deve allenare e non giocare. La sua inesperienza, in fin dei conti, risulterà fatale per il Vecchio Balordo. Solo sconfitte (tra cui il derby) e (s)profondo rosso(blu). Tutti attendono i botti di gennaio, ma continuano le botte. Clamorosa quella di Firenze, dove il Grifone riceve un set di scarto dalla Viola di chi poteva esserci su quella panchina. Arriva il quasi sconosciuto Blessin e compare un nuovo sintomo del malato. La pareggite. Estremamente utile con le grandi, ma deleteria con Venezia, Salernitana, Empoli e Udinese. La classifica si muove, ma non decolla. Vittoria contro il Torino e, come con Ballardini, da lì di nuovo si scende. La sconfitta con il Verona sembra un intoppo. Invece il Gegenpressing caro all’allenatore teutonico si inceppa. Le contromisure le trovano gli avversari. Vittoria ancora con il Cagliari e possibile nuovo punto di svolta. Arriva il derby di ritorno e contro una Samp ancora più fragile psicologicamente e in classifica rispetto all’andata. Cosa accade in quei 97 minuti è storia a Genova e di certo non sorride alla sponda genoana. Incredibilmente cade la Juve a Marassi, ma il Maradona fa la festa non solo a Insigne. Un epilogo atteso e per alcuni versi desiderato dai genoani stanchi di un’agonia che si trascinava dal 2012, con pochi sussulti grazie alla seconda era gasperiniana. Parafrasando Dante, da quel momento, il Grifone si è ritrovato nella sua selva oscura. Questi cambiamenti sembravano aver tracciato la diritta via e invece hanno reso tutto ancora più labirintico. Menzione d’onore va fatta ai tifosi e alla Nord che sempre hanno accompagnato la squadra, nonostante i due derby persi e le amare prestazioni. Come ha detto il presidente Zangrillo meriterebbero ben altri epiloghi e partite. Ora sta a lui, con i proprietari, capire come ripartire. Perché prima di cercar la via della stella, servirà scoprire quella per tornar <a riveder le stelle>. Per ora l’unica luce vista, dai rossoblu, è quella dei lampi seguenti i tuoni che hanno portato la tempesta della non amata serie B. 

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