Anna Ditta
È il 29 luglio 1986 quando l’imprenditore friulano Giampaolo Pozzo assume la guida dell’Udinese, appena retrocesso in serie B, con l’obiettivo di riportarlo in serie A e – possibilmente – di farcelo rimanere. Oggi, a 30 anni dall’inizio dell’avventura, il patron dell’Udinese è ancora al suo posto e la squadra festeggia con plusvalenze da record, pari a quasi 650 milioni di euro in 24 anni.
Dal 1992 ad oggi, infatti, l’Udinese è riuscito più volte ad acquistare giocatori a cifre contenute per poi rivenderli al doppio – o addirittura il triplo – dell’importo sborsato. Complessivamente, le plusvalenze hanno quasi pareggiato i ricavi, con un importo di 647,8 milioni di euro.
Solo nella stagione 2012/2013 i bianconeri sono riusciti a incassare 87 milioni di plusvalenze con la vendita tra gli altri di Alexis Sanches per un guadagno netto di 26 milioni, anche se il primato è di Marcio Amoroso, ceduto nel 1999 al Parma con un margine di 37 milioni. All’elenco si aggiungono Cuadrado (20 milioni), Handanovic (19,4 milioni), Inler (18 milioni), Asamoah (17 milioni), Quagliarella (14,3 milioni), Pereyra (13,7 milioni), Benatia (13,5 milioni) e Bierhoff (12,5 milioni).
Negli anni l’Udinese è divenuto un esempio di lungimirante gestione societaria, riuscendo a qualificarsi per 3 volte in Champions League e a possedere uno stadio di proprietà, come solo Juventus e Sassuolo possono vantare in Italia.
“L’Udinese è un bene morale della famiglia”, ha dichiarato Pozzo in un’intervista a Telefriuli, “Noi siamo nati e cresciuti a Udine, quindi è un bene morale della famiglia. Poi è anche un bene dei tifosi: è come una chiesa che si apre se ci sono i fedeli”.
A mollare il patron non ci pensa proprio, a meno che non si trovi un magnate che investa per rendere l’Udinese una megasquadra: “Non la cederei per qualcosa che sarà fatto uguale o peggio di quello che facciamo noi”, ha dichiarato.