Roma, cosa ci resta di queste prime tre uscite

Posted By on Lug 25, 2019 | 0 comments


Giovanni Rosati

La prima Roma senza De Rossi in campo, la prima senza Totti in assoluto, dentro o fuori dal rettangolo di gioco. Ci sono Florenzi e Pellegrini, sì, ma ancora non è la stessa cosa. La prima di Petrachi, senza El Shaarawy e Manolas ma con Pau Lopez, Mancini, Spinazzola, Diawara, Veretout e chissà quanti ancora entreranno e usciranno attraverso i cancelli di Trigoria. La prima di Fonseca, col 4-2-3-1, il baricentro altissimo, il palleggio, i terzini da attaccanti aggiunti. La prima di un nuovo progetto, un termine che nella sua traduzione spagnola nella Roma giallorossa è vietato anche solo sussurrare, per evitare di riaprire ferite di un passato non così recente, ma in effetti neanche abbastanza lontano.

Allora ci si concentra sul presente: la nuova Roma ne ha vinte tre su tre in questo pre-campionato, e ci mancherebbe altro. A Trigoria sono state invitate Tor Sapienza, Trastevere e Gubbio, ovvero due squadre di Serie D e una di C, e per poter valutare meglio il lavoro svolto da Fonseca in queste prime settimane bisognerà ovviamente attendere sfide un po’ più probanti. Eppure, diverse indicazioni sono arrivate già da queste prime tre sgambate.

ESPERIMENTI – Quando una rosa deve adattarsi a nuove linee guida tecniche, c’è sempre curiosità riguardo l’aderenza dei singoli a tali precetti e il possibile utilizzo di alcuni giocatori in posizioni differenti rispetto a quelle che si erano abituati a occupare. L’impiego di Pellegrini in mediana o sulla trequarti è per esempio un nodo che non abbiamo ancora potuto sciogliere. Qualcosa, invece, lo abbiamo visto coi nostri occhi.

Il cambiamento più lampante è sicuramente quello occorso a Pastore, il quale ha preso parte a due delle tre amichevoli giocando non da trequartista come ci saremmo potuti aspettare, ma da mediano. Ha aiutato la linea difensiva in fase di costruzione, ha palleggiato nella trequarti avversaria sfruttando la sua indiscutibile raffinatezza tecnica e si è appellato a volte anche al proprio genio creativo, mandando in porta i propri compagni con assist di pregevole fattura (e andando egli stessi in gol contro il Gubbio). Esperimento riuscito? Per ora. Perché se in generale l’aver affrontato avversarie non all’altezza ci suggerisce di non credere sia oro tutto quel che ha luccicato, con il Flaco questo processo diventa obbligatorio. Per un calciatore tutto estro e poco atletismo, non sarà semplice ripetere contro squadre di Serie A – con i loro ritmi e gli spazi decisamente ridotti – quanto mostrato finora e non è detto neanche che Fonseca debba obbligatoriamente proseguire su questa strada. Certo, l’idea che un ragazzo come Pastore possa esser revitalizzato all’età di 30 anni da un cambio di ruolo suona romantica e soprattutto profittevole per la Roma. Per ora, piedi saldi in terra.

Nelle prime due uscite, il neo-tecnico capitolino non ha poi mai schierato Florenzi da terzino destro, posizione nella quale era stato relegato diversi anni fa e dalla quale gli era stata concessa solo qualche sporadica ora d’aria. In entrambi casi il capitano giallorosso aveva iniziato da esterno sinistro in appoggio al centravanti, trovando anche una doppietta contro il Tor Sapienza, mentre contro il Trastevere si era fatto anche un mezzo tempo in mediana. Quasi tutti hanno colto tale novità come una controprova del fatto che Fonseca vedesse il suo numero 24 in posizione più avanzata di quanto non facessero i suoi predecessori, ma forse il segnale andava colto in maniera differente, forse il tecnico voleva semplicemente vederlo con i suoi occhi nelle varie posizioni, per poi poter decidere una volta raccolto tutto il materiale. Tant’è che contro il Gubbio, nella più allenante delle tre uscite, Florenzi è tornato a fare il terzino dal primo minuto. Ora sarà interessante capire dove sarà piazzato nelle prossime amichevoli.

UNA SPINA NEL FIANCO – Una delle caratteristiche delle squadre di Fonseca sulla quale si è insistito nelle ultime settimane è senz’altro il ruolo dei laterali di difesa, chiamati ad alzarsi moltissimo restando sui pressi della linea laterale, garantendo così allo stesso tempo ampiezza e profondità in fase di possesso. L’aspettativa e la realtà si sono incontrate in queste prime apparizioni, coi terzini sempre molto propositivi e sempre tra i migliori in campo. Hanno fatto molto bene sulla destra per esempio Karsdorp e Bouah, ragazzo ancora per poco minorenne e già molto promettente, così come sulla sinistra Kolarov e Spinazzola. Anzi, questi ultimi due hanno fatto talmente bene da farci chiedere: ma davvero uno dei due dovrà stare in panchina?

Nel periodo nel quale è stata intavolata la trattativa per portare nella capitale Spinazzola, pareva che Kolarov fosse destinato a lasciare la Roma per accasarsi in Turchia oppure nell’Inter di Conte. Forse è per questo motivo che Petrachi ha deciso di spendere quasi 30 milioni (gran parte dei quali rientrati attraverso la cessione di Luca Pellegrini) per assicurarsi l’ex-juventino. Ora, però, ci sono due potenziali titolari per una sola maglia ed è difficile immaginare che una persona con la personalità di Kolarov abbia deciso di cambiare idea, rimanendo, per non essere un elemento chiave della sua squadra. Eppure Spinazzola in conferenza stampa ha detto “Sono qui perché ho preferito essere protagonista invece di stare un altro anno dietro a un altro giocatore”. Prima delle amichevoli si fantasticava su un possibile slittamento del serbo come centrale difensivo, ma il calcio giocato ha smentito forte e chiaro. Due uomini stanno però stretti in una sola maglia.

INADEGUATEZZA CUBISTA – La pittura cubista soleva rappresentare un oggetto in tutte le proprie sfaccettature, per darne una visione completa e non limitata dunque al singolo punto d’osservazione. Nella Roma 2019/20 vista in queste prime tre uscite ci sono tre diversi lati dell’inadeguatezza: quello ironico, quello mentale e quello tecnico. Velocemente sul primo punto. Tra i pali giallorossi nelle tre partite si sono alternati Pau Lopez, Olsen e Mirante, con quest’ultimo che ha però giocato meno degli altri. In ogni caso, indovinate chi è stato l’unico portiere a subire un gol? Ovviamente quello che nella scorsa stagione l’inadeguatezza la ha già dimostrata a fondo. L’unico scenario nel quale lo svedese potrà rimanere a Roma è quello nel quale non arrivi neanche mezza offerta per il suo cartellino.

Parlare di Dzeko come di un giocatore inadeguato per giocare nella squadra capitolina a livello tecnico sarebbe sicuramente un errore. Il bosniaco si sente però arrivato al termine della propria esperienza in giallorosso e non sono solo voci di mercato. Proprio ieri il ct Prosinecki è tornato sull’argomento dicendo: “Parlo spessissimo dell’Inter con Dzeko, anche poco fa. Senza nulla togliere alla Roma, che pure è un grande club, lui ora ha la possibilità di andare dove potrà raggiungere obiettivi maggiori”. In campo finora ha alternato buoni spunti e gol segnati a momenti nei quali si è incaponito nella giocata personale o è parso un po’ rilassato, diciamo poco dedito alla causa. L’ipotesi migliore per la squadra di Fonseca sarebbe probabilmente anche l’unica difficilmente avverabile, ovvero una cessione all’estero. Darlo all’Inter significherebbe rinforzare una diretta avversaria con uno dei tuoi migliori giocatori, mentre se la trattativa dovesse andare in fumo bisognerebbe capire con quante motivazioni il centravanti rimarrebbe nella capitale. Un Dzeko carico al 100% varrebbe l’acquisto di un top player, un Dzeko scontento sarebbe a quel punto anche inadeguato.

Dal punto di vista tecnico-tattico, invece, c’è un calciatore che non sembrerebbe nato per giocare sotto gli ordini di Fonseca. Ricordate l’enorme differenza vista durante la passata stagione tra il primo e il secondo Fazio? Il 4 marzo scorso, Il Tempo attribuiva a errori individuali del difensore argentino ben undici delle reti subite dalla squadra giallorossa, poi da lì a giugno difficilmente si è sentito qualcuno lamentarsi dell’ex Tottenham. A decretare tale cambiamento, solo quattro giorni dopo il pezzo appena citato, era stato l’avvicendamento in panchina tra Di Francesco, con il quale la Roma aveva un baricentro alto, e Ranieri, che ha riportato la sua linea difensiva al limite della propria area di rigore. Alto e macchinoso com’era, Fazio aveva giovato moltissimo dell’inversione di tendenza ed era tornato Il Comandante delle sue prime stagioni italiane. Il nuovo tecnico della Roma, che predica una pronta riaggressione una volta persa palla, ha potuto certamente apprezzare la grinta e il carisma di Fazio in queste prime uscite, ma allo stesso tempo ha riportato la linea difensiva a centrocampo, costringendo i suoi centrali a coprire zolle di campo molto ampie, troppo per un giocatore come Fazio che, infatti, ha commesso il suo dodicesimo errore biennale concedendo al Trastevere con una sua svista l’unica rete subita finora dai giallorossi. Con lui nel reparto ci sono Juan Jesus e il nuovo arrivato Mancini, con Petrachi al lavoro per trovare un ulteriore difensore da mettere a disposizione di Fonseca. Con la cessione di Fazio si tornerebbe ad avere tre centrali e a dover fare ricorso al mercato per completare il reparto, scenario che a oggi sembrerebbe lontano dall’essere attuato. Eppure, l’incompatibilità tra Fazio e i nuovi dettami tecnici non parrebbe poi così sottile.

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