Vola un’Aquila nel cielo

Posted By on Lug 29, 2019 | 0 comments


 

 

Di Matteo Quaglini

 

La coppa Italia è l’ambiente naturale della Lazio. Il luogo dove l’aquila vola sicura. L’universo nel quale i suoi giocatori trovano il tempo e lo spazio giusto per esprimersi. E, come nella storia, sanno conquistarlo e difenderlo. Nell’ultima stagione calcistica la Lazio ha vinto la sua settima coppa Italia raggiungendo nell’albo d’oro l’Inter ferma alla vittoria del 2011.

Il gol di testa a raccogliere lo spiovente da calcio d’angolo di Milinkovic-Savic in mezzo ad un nuvolo di atalantini, la fuga in campo aperto palla al piede del classico e fisico Correa, hanno ricordato le schiacciate potenti e precise di Andrea Giani e di Andrea Zorzi i giovani assi della Maxicono Parma che nei ruggenti anni ’90 vinceva la coppa Italia di pallavolo contro avversari più grandi e più forti.

Ecco l’alterego pallavolistico della Lazio versione coppa: la mitica Parma, prima Ferrovieri, poi Cus, quindi Santal fino al nome delle ultime memorabili vittorie, Maxicono. Un nome scritto in calce fin dal 1946, l’anno di inizio della pallavolo nella nostra penisola. Una squadra che con Modena e Ravenna rappresenta il triangolo sportivo storico del gioco della palla in aria. L’equivalente, sulla via Emilia, di Torino, Genova e Milano il famoso triangolo industriale italiano. E come quel trittico capace di produrre vittorie ( anziché industriali, sportive) non solo nella Modena dei re della pallavolo o nella Ravenna città della formazione di futuri campioni, ma anche nella piccola Parma che fino al 2003 (l’anno della scomparsa pallavolistica) è stata una delle culle del gioco.

Scorrendo l’albo d’oro delle rispettive coppe e studiandolo l’accostamento più calzante sembra essere proprio quello tra la Lazio, squadra e polisportiva storica del nostro calcio, e il Parma pallavolo anch’esso rappresentante di una storia grande. Questo accostamento avviene un po’ per esclusione visto che l’Inter con la sua pazzia dell’intelligenza è più vicina alla Sisley Treviso di Montali e la Lube Macerata con le cinque coppe vinte tutte tra il 2001 e il 2017 calza perfettamente per l’assemblaggio di successi in un’unica epoca con il Milan di Rocco e Rivera che vinse quattro delle sue cinque coppe nel decennio 1967-1977. E ancora, continuando sul gioco delle associazioni, perché Torino e Cuneo vanno per logica geografica insieme, mentre Juventus e Modena essendo le squadre con più vittorie (rispettivamente 13 e 12 coppe) viaggiano sui binari di un racconto differente.

Ma questa parabola congiunta tra Lazio e Parma sta insieme anche per le molte similitudini che le dodici vittorie di coppa ( 7 della Lazio e 5 del Parma) portano con se. Entrambe infatti hanno avuto un giocatore brasiliano simbolo del successo: Humberto Tozzi attaccante della Lazio campione nel 1958 contro la Fiorentina con Fulvio Bernardini condottiero alla rovescia e Renan Dal Zotto splendido martello della Maxicono Parma, l’equivalente pallavolistico di Zico, che vinse a Milano nel 1990 la quarta coppa contro gli eterni rivali della Panini Modena grazie ad un memorabile 3-2 al cardiopalma che avviò il grande slam ancora oggi pietra miliare della Parma sotto rete e di cui Montali va fiero come Napoleone andava fiero di Austerlitz.

Sia l’una che l’altra hanno saputo vincere il derby con il rivale di sempre. La Lazio conquistò il 26 maggio di sei anni fa la coppa che più è nel suo cuore contro la Roma, mentre Parma batté, nel ’82 a Battipaglia e nel 1987 alla nona edizione della coppa, altre due volte il grande drago chiamato Modena. Anche il grande Velasco poteva perdere quando incontrava Parma sul suo splendido cammino da conducator. Come hanno perso allenatori quali Capello e Lippi quando hanno affrontato l’aquila laziale formato coppa.

Queste tre coppe in particolare hanno fatto innamorare i tifosi. Quelle di Parma perché battere Modena nell’Italia dei mille ducati e stati regionali voleva dire supremazia e anche realizzazione di un’idea di gioco opposta. Quella Parma infatti era l’esaltazione della gioventù al potere contro i bucanieri Vullo, Lucchetta, Cantagalli e Quiroga già navigati in molti mari tumultuosi del grande oceano chiamato finali.

C’erano infatti giocatori giovani che sarebbero diventati campioni e fuoriclasse dal fiorentino ventunenne Marco Bracci, a Claudio Galli ventidue anni milanese, ad Andrea Zorzi che già allora con i suoi 201 centimetri d’altezza e l’irruenza della gioventù martellava forte da posto due. Anche Modena dei marescialli caddé colpita, di tanto in tanto, dai colpi di un altro giovane (17 anni allora) che sarebbe diventato un campionissimo alla Coppi, alla Bartali, alla Foreman, alla Jordan, Andrea Giani napoletano scoperto sulle spiagge di Sabaudia che destabilizzò non poco la difesa dei due volte campioni d’Italia fino a farla crollare.

La coppa della Lazio 2013 si fondò su basi diverse ma che per l’idea, di alcuni intellettuali, della storia circolare, quasi magicamente si congiungono con il Parma dei giovani. E’ proprio la diversità dell’età il trait d’union. Quello il Parma dei giovani, questa la Lazio dei vecchi rapaci del centrocampo e dell’area di rigore: Ledesma e Miroslav Klose.

Giocatori in grado, come quelli di Parma, di superare le difficoltà di quella coppa dalla lotteria dei rigori vinta col Siena al primo turno, alla semifinale con la Juventus cannibale di Conte vinta all’ultimo minuto di gioco.

Vinse con merito la Lazio quel derby che destabilizzò l’intera città di Roma, abituata da millenni a tutto ma stravolta anch’essa da una partita da Colosseo. L’argentino e il tedesco furono i protagonisti anche se il gol partita arrivò da un bosniaco come Lulic al ’71 minuto. Eccolo il trait d’union della diversità: i Klose e Ledesma del Parma giovane 1987 furono l’americano Douglas Dvorak detto Dusty campione del mondo 1986 e palleggiatore nella mitica finale con l’U.R.R.S a Parigi e Bengt Gustafson attaccante svedese biondo come Klose e l’altro astro laziale dalle tinte quasi albine Selmonsson, famoso raggio di luna degli anni ’50.

Per capire quanto la Lazio e il Parma si assomiglino quando è la coppa ad animare la loro azione, basti pensare agli allenatori campioni. Il Montali del 1987 era un giovane ragazzo ai primi passi come capo allenatore esattamente come Mancini che vinceva la coccarda tricolore nel 2004. Tutti e due poco tempo prima erano stati, sulle panchine biancocelesti, secondi di Skiba e Sven Goran Eriksson. Tutti e due divennero poco dopo allenatori in prima e tutti e due in quelle finali batterono un coach più esperto di loro.

Sulla scia degli allenatori a difesa di una coppa come i templari difendevano quella del Graal, troviamo Claudio Piazza il Bob Lovati di Parma perché come l’ex portiere degli anni ’50 è stato dedito ad una sola bandiera. Quella che accomuna Lazio e Parma negli stessi colori della fede.

Nel 1992 la Maxicono vinse la sua ultima coppa Italia e in panchina c’era Bebeto il Maestrelli di Parma, presidente era Carlo Magri il Lenzini della Lazio. Anche se Lenzini era il papa buono e Magri il cardinale che arriverà a governare la Fipav per 22 anni ( 1995-2017).

Tanto la Lazio quanto il Parma hanno vinto una coppa contro un avversario che la critica presentò come depositario del ruolo di favorito. Per la Lazio fu la Juventus di Marcello Lippi e dell’ex Pavelino Nedved nel 2004 battuta dai tre gol di Fiore, per Parma si trattò della Robe di Kappa Torino nella finale di Firenze del 1983. Uno scontro epico che vide i grandi Kim Ho Chul, Gianni Lanfranco, Marco Negri e Giovanni Errichiello, affrontare la squadra più volte campione d’Italia e campione d’Europa 1980 che voleva dire come giocare contro il Grande Torino di Valentino Mazzola e il Torino scudettato di Gigi Radice messi insieme.

Il Parma e la Lazio sono proprio due sorelle di coppa che vanno d’accordo e nel tè delle cinque si raccontano le loro partite di bridge chiamate finali. E sono partite bellissime, come quelle che incrociandosi ci raccontano l’ultimo parallelo tra le due squadre: le finali vinte contro il Milan.

Come in una pellicola di Tarantino prima si presentano i rivali. Sotto la stessa bandiera rossonera e figli dello stesso impero berlusconiano scesero a Roma nel ’98 il Milan di Fabio Capello e Weah e al Palaverde di Villorba in provincia di Treviso nel ’92 la Mediolanum di Doug Beal e dei tanti grandi ex di Parma.

Furono due finali tarantiniane. Profondamente Pulp fiction per Lazio e Parma che a metà partita le avevano perse e poi rimontarono come Bruce Willis alias Buch su tutti i suoi avversari. La Lazio perdeva davanti a 64.000 aficionados imbandierati con i colori della storia. Il liberiano Weah ( all’andata ) e Albertini su punizione al ritorno avevano portato il Milan sul 2-0, sembrava finita. E invece Gottardi, Jugovic e Nesta ribaltarono la partita portando in trionfo la Lazio per la seconda volta dopo il primo titolo di quarantanni prima.

La finale del 1992 tra Maxicono Parma e Mediolanum Milano fu invece un anticipo di Hateful Eight, un classico western del tutti contro tutti. Il Parma si ritrovava di fronte in un sol colpo tre assi che avevano contribuito al grande slam del ’90, l’obice Andrea Zorzi, il muratore Claudio Galli e la mente strategica l’americano Jeff Stork campione olimpico. Un grande Milan completato da Lucchetta e Franco Bertoli mano di pietra.

Pronti via e il Milan vola 2 set a 0, sembrano i gol di Weah e Albertini. Ma la Maxi rimonta sospinta da Blangè, Carlao i Gottardi e gli Jugovic di Parma. Quando la squadra vince il quarto set 16-14 è come se segnasse il rigore del 2-1 laziale, poi l’apoteosi al tie break e il quindicesimo punto sembra il gol di Nesta sotto porta.

In due finali con la stessa squadra avversaria sta tutta la similitudine tra Lazio e Parma, due formazioni fatte per navigare sicure in coppa Italia. Identiche nell’affrontare e battere grandi rivali nei turni preliminari, dal Napoli, al Torino, dall’Atalanta alla Tarantini Bologna o al Vianello Pescara. Identiche nel schierare giocatori di grinta e sostanza come Carlao e Passani, i Gottardi e i Leiva della Lazio tricolore. Identiche nel battere in finale un grande brasiliano, Ronaldo nel 2000 e Tande nel 1992. Simili nel vincere all’ultimo tuffo, i rigori di Lazio – Sampdoria del 2009 e i quinti set delle tante sfide Parma – Modena.

Il Parma pallavolo oggi non esiste più, mentre la Lazio continua il suo cammino sportivo con la vestigia di un’altra coppa nelle mani. Ancorata al suo mese delle vittorie storiche maggio, vola un’aquila nel cielo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Submit a Comment