Inghilterra, i dettagli ti hanno tradito

Posted By on Lug 12, 2018 | 0 comments


Matteo Quaglini
Finisce il sogno di vincere il mondiale per l’Inghilterra. Finisce ai supplementari contro la Croazia che quando si tratta di venire fuori alla distanza è maestra di calcio e tattica. Finisce subendo una rimonta inattesa sull’1-0 a favore, ma meritata per la poca lucidità dimostrata nel gestire il vantaggio, per l’inconsistenza nella pressione a centrocampo nel momento in cui occorreva fermare le idee di Modric finalmente dentro la partita, per la mancanza nel finale a tre punte del gioco diretto. Tre errori tattici che sono costati cari alla squadra di Gareth Soutgate venuta a mancare nelle gestione della partita e nella lettura delle fasi cruciali del gioco.
All’inizio gli inglesi avevano interpretato bene la semifinale: aggressivi, diretti, frontali nell’attacco. L’azione di sfondamento centrale di Trippier, un esterno, nel cuore della metà campo croata aveva portato alla rottura dell’impianto tattico degli slavi e ad una punizione tirata alla Beckham. La traiettoria perfetta a scavalcare la barriera, la parabola del pallone tesa a impedire l’intervento di un portiere di qualità come Subasic, sancivano non solo il vantaggio inglese, non solo la riconfermata forza sul gioco da fermo, ma anche che l’idea di aggredire la struttura centrale dei croati fosse il piano tattico giusto per approdare alla finale.
Per mezz’ora, nel primo tempo, questa concezione tattica del gioco ha retto e bene. Poi pian piano ha perso forza, struttura, efficiacia. Quando Kane al trentesimo minuto ha sbagliato il gol del 2-0 e dell’accesso alla finale, l’Inghilterra si bloccata e non ha più saputo uscire dallo stallo in cui quell’errore l’ha messa. Questo è stato il suo limite più grande, non saper giocare una nuova partita seguendo un canovaccio tattico diverso che fosse in grado di togliere punti di riferimento ai croati. La squadra ha perso forza e struttura proprio le due caratteristiche che l’avevano accompagnata per tutto il percorso mondiale. Ha perso progressivamente identità facendola, al contempo, ritrovare ai maestri croati del passaggio. Da li è stato un attimo per Modric tornare in cattedra e scegliere un gioco semplice fatto di aperture sull’esterno destro dove Vrsaljko ha messo teso il cross che la difesa inglese con Maguire, Stones e soprattutto Walker non ha saputo leggere a dovere. Fuori posizione o in ritardo, tanto da far segnare Perisic in acrobazia. La partita li è girata e a nulla sono serviti i cambi di Soutgate.Tutti gli attaccanti dentro, alla sudamericana, alla “desesperada”, alla tutto o niente per agguantare la finale che Modric e Brozovic stavano portando via. Tre punte senza gioco diretto sono come tre pomeriggi senza il thè delle cinque, come Buckingam Palace senza il cambio delle guardie in giubba rossa, come Londra al mattino senza le notizie della Bbc, insomma sono niente d’inglese se nessuno dei tre, nel momento topico, tira in porta.
I supplementari hanno segnato il passaggio di consegne nel dominio del gioco. Dagli inglesi il pallino è passato ai croati che non l’hanno più riconsegnato ai Tre Leoni. Non solo con i loro signori della metà campo, ma anche con i Perisic e i Mandzukic, i difensori capaci di respingere la squadra più forte sul gioco da fermo del mondiale. Solidi e inattacabili i croati hanno ribaltato il fronte e sono scesi nell’area avversaria, come nel primo medioevo scesero sulle terre dell’Illirico e della Pannonia, per restarvi. La palla lunga in area respinta alla bene e meglio, ancora una volta da Walker, tornata sulla testa di Perisic e arrivata tra i piedi del cavaliere Mario centravanti lottatore dal passo forte ed è stato un attimo. Gol e finale.
Ma il gol croato è stato anche il manifesto di un punto debole di questa nuova e valida Inghilterra, la concentrazione nel momento in cui la partita va controllata e non subita. Un sintomo si era già palesato contro la Colombia, quando il vantaggio era stato mal controllato salvo poi recuperare battendo la nemesi chiamata rigori. Un altro sintomo era stato il mancato pareggio di Rashford, solo davanti al portiere belga, nel girone di qualificazione. Nei dettagli l’Inghilterra non è ancora forte. Nei cambi dalla panchina deve migliorare. L’impatto di Rashford è stato insufficiente e lontano dal suo rendimento nel Manchester United, non è stato mai pericoloso sotto porta, non è stato il dodicesimo uomo che serviva per arrivare in finale. Anche Vardy, pur se impegnato pochissimo, non è stato elettrico come nel Leicester.
In definitiva l’Inghilterra, che ha giocato il suo miglior mondiale dal 1990, ha mostrato notevoli qualità nel gioco complessivo, un’identità nuova e vincente, una struttura forte, un nuovo modulo nell’impianto e nella sua applicazione, ma se è cresciuta in base a tutti questi aspetti tecnici la squadra nel suo complesso è mancata invece: la crescita, durante le partite, dei dettagli.
Su questo dovrà lavorare Gareth Soutgate per Euro 2020 e Qatar 2022 la crescita tecnica delle parti “invisibili” di una squadra: i cambi, i loro tempi, il rendimento dei giocatori subentranti, la gestione e il controllo nelle situazioni di vantaggio. Ci vuole ancora tempo e qualche studio in più per cantare God Save The Queen e Football is Coming Home a squarciagola pensando ed essendo campioni del mondo.

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