di Gianni Massaro
Nel traffico dell’assembramento con la mansione dell’assemblaggio: il centrocampista. Ecco servito il forbito ruolo, quella vago e vagone della bilancia sempre presente come lo deve essere il portiere. Il ruolo un po’ spacciato un po’ spicciato, seminato per il campo è quello che in alcuni viene privilegiato e rimpolpato davanti alla difesa, allenatori preoccupati dal duolo di subir gol. Ci son poi più animi sbarazzini e vivaci amanti di attaccanti in vasto stuolo, pensieri e diktat calcistici.
Or mezzo ora fine, il centrocampista dove funge da aiutante del gol e in altri contesti è più facilmente reso tiratore assiduo.
Alcuni ne sminuiscono l’essenza e altri ne tessono grandiose lodi. Del resto basta un portiere capacissimo a lanciare o un difensore sapientemente a calibrare, terzini che strappano o ali sgroppano.
Lì nel mezzo ampio traffico e maggiormente complicato far nascere una rete scorrevolmente.
L’attaccante deve pur segnare sia centravanti o punta esterna di regime, CR7, Mbappé o ad esempio Eto’o che dopo aver servito la causa di Mourinho a tutta fascia segnò più del doppio nel 2010-11 (oltre 30 timbri), Salah e Mané, lo Sterling dei tempi migliori, copioso numero di gol.
Il calcio muta e rimuta, torna e ritorna, esonda ed esorna adorabile gioco.
Il centrocampista serve ma è quasi servo del gioco, prostrato e con la virtù in grado di assolvere alla richiesta ‘Sposato con lo spossato’. È probabilmente il compenso ad un’intasata impalcatura che parte sempre più da dietro, tocchi e gestione nei piedi di portieri e centrali pienamente coinvolti, nei molteplici movimenti per tutto il manto degli offensivi, a riparare lacune e riposo delle punte talvolta.
La composizione in mezzo delle ultime squadre di gran livello risulta abbastanza mutevole, dai raffinati pensieri del Barcellona magnifico all’amalgama della Juve allegriana due volte finalista della Champions. Aberrazione, producendo meno nel punto focale negli ultimi anni si va a propagare nelle varie zone, si assiste alla fuga dal “cuore” sul terreno di gioco oltre a quella di grandi piedi e delle teste superlativamente pensanti, che scarseggiano.
Un impero più dell’ottimo e preminentemente dell’intensità quello che riguarda i calciatori di oggi.
E lì i ‘rudi e sudi’ possono creare la loro fama facendo fortune. Il centrocampo è diventato rebus. Il Liverpool sulla cima europea nel 2019 aveva Henderson, Wijnaldum, Fabinho… Più che buoni, sicuramente no fuoriclasse. L’impronta dell’allenatore funziona e il calciatore può andare soprattutto più di prima, più di rima nei meccanismi corali.
La materia prima però è sempre quella di prima: rimane immutata. Elementi con cui ha vinto Champions, e Premier l’anno seguente Klopp;
nel City il centrocampo è forse il miglior reparto ma i guardioliani stentano a decollare in tappe europee.
Il City si è riformato al meglio però con Rodri nell’estate 2019, lo spagnolo compatto e intelligente davanti alla difesa iniziava a vincere nel 2018 la Supercoppa Europea con l’Atletico nel derby coi Colchoneros che vietarono il terzo successo di fila nella competizione ai Blancos e di conseguenza d’avere un ulteriore record.
C’è De Bruyne con Pep, e negli ultimi mesi specialmente un Bernardo Silva rigenerato, si combatte dunque e si illumina, ritmo e giocate, il portoghese ex Monaco è la dimostrazione palese del centrocampista di questi anni. Rendimento sfavillante di intensità e contrasti, Bernardo dispensa gol, grinta, intuizioni degne di nota e corse a non finire.