di Daniele Craviotto
Continua l’astinenza casalinga dalle parti della Genova rossoblu. Contro la Salernitana arriva l’ennesimo pareggio che, in fin dei conti, a nessuno serve. Il bilancio presso il Luigi Ferraris recita questo impietoso tabellina: 7 sconfitte, 6 pareggi e 0 vittorie. Il Genoa rimane così ancora l’unica squadra con nessuna affermazione nel proprio stadio in serie A. La situazione è drammatica. Oltre al non vincere dal 24 aprile scorso (contro lo Spezia) a Marassi, i rossoblu non raccolgono 3 punti da settembre (unico successo, rocambolesco, in trasferta a Cagliari). Quindici punti in 25 giornate sono uno score che, mediamente, sancirebbe già la serie B. Per sua “fortuna” lì davanti il ritmo è tutt’altro che sostenuto. Dalla Sampdoria (quintultima) a scendere sono tutte sotto la media del punto a partita. Questa è forse l’unica speranza a cui ancora si possono aggrappare a Pegli. Il tema più preoccupante, però, sta nel fatto che il desiderato cambio di marcia non è ancora arrivato. O meglio molti sono stati i cambiamenti (giocatori e allenatori e stile di gioco), ma alla prova dei fatti hanno avuto il solo effetto di mantenere lo status quo. Come nella gestione Ballardini e in quella Shevchenko, il Vecchio Balordo fatica a trovare la via del gol. Inoltre se Mattia Destro non trova la rete, sembra sempre complesso togliere lo zero dalla casella realizzazioni. La tenuta atletica continua ad apparire monca. Buoni primi tempi e affanno nei secondi. In più non basta il Gegenpressing, che comunque richiede un enorme dispendio di energie, se poi non si finalizza. Udinese e Salernitana dovevano essere il colpo di coda del Grifone per risalire la china. Due punti e un gol fatto, alla resa dei conti, sono un misero bottino. La via della salvezza si è ulteriormente complicata. Da un monte Bianco si è trasformata in uno dei temibilissimi ottomila della Terra. Seguendo le parole dei grandi alpinisti, a quelle vette, due sono i segreti per sopravvivere. Il primo sta nella comprensione che oltre 8000 metri il nostro corpo inizia a morire; quindi l’obiettivo deve essere di dosare bene le energie per scamparne il prima possibile. Questa deve essere la spinta per gettare il cuore oltre l’ostacolo. Il secondo pensiero consiste nella consapevolezza che il raggiungimento della vetta è solo metà del percorso. Questa cima sta, qui, nel quartultimo posto, che poi bisognerebbe conservare nella discesa di fine stagione. Adesso arriva il probabile punto di non ritorno e ha nome Venezia. Vincere varrebbe doppio (tre punti fatti e ulteriori tolti a una diretta rivale). Perdere equivarrebbe a una quasi resa, come se si decidesse di scalare l’Everest senza ramponi, con una felpa e senza ossigeno. Un’eventualità da evitare. Insomma in montagna, nella vita o in campionato la regola è sempre la stessa: l’errore più grande è arrendersi, senza combattere, alle difficoltà che si presentano. Testa fredda e cuore caldo sono gli unici ingredienti che deve portarsi il Genoa per conquistare la sua tremenda montagna.