Nicola Ciacciarelli
L’Arabia Saudita esce dal mondiale, ma salva la faccia. La sconfitta di misura con l’Uruguay è il massimo a cui potevano aspirare i ragazzi di Pizzi, apparsi diversi dalla disfatta russa della settimana scorsa. Innanzitutto negli uomini, poi nell’approccio. Il tecnico argentino ha sacrificato l’unica punta Al Sahlawi per dar spazio ad Al Muwallad giocatore di fantasia e più guizzante, seppur non un vero centravanti. Pizzi capisce che l’Uruguay fa fatica in fase di costruzione e schiera una squadra capace di far gran densità in mezzo al campo. I sauditi trovano sbocco sulle fasce, grazie alla spinta di Al Sharani e Al Burayk. Il problema dei Figli del deserto è che la Celeste chiude bene i varchi, costringendo gli asiatici a cross dalla trequarti. Godin e Gimenez hanno vita facile contro il metro e 65 di Al Muwallad. Il giocatore, in forza al Levante da gennaio a giugno, crea qualche grattacapo alla retroguardia di Tabarez non dando punti di riferimento ai propri avversari. Si muove in continuazione e palla al piede dimostra di poter superare l’uomo.
È l’inserimento nell’undici iniziale di Hatan Bahbir,fuori con la Russia, a regalare un pizzico di vivacità ed imprevedibilità in più agli asiatici. Il giocatore di proprietà dell’Al Shabab gioca da esterno e non da trequartista puro come è solito fare nel club. Parte da destra per stringere al centro, sia quando in possesso di palla, sia quando attacca lo spazio su cross provenienti da sinistra. In generale l’atteggiamento dell’Arabia Saudita è meno rinunciatario e stavolta il gol subito non scoraggia la squadra, che prosegue la gara senza subire particolari contraccolpi psicologici. Le occasioni da rete non fioccano, ma l’undici di Juan Antonio Pizzi rimane in partita per 90 minuti. L’uscita maldestra di Ol Wais pesa e non poco sul risultato finale, ma non impedisce ai sauditi di uscire a testa alta dalla sfida con Suarez e compagni.