Messi e Martino, non rompete l’incantesimo

Posted By on Giu 19, 2016 | 0 comments


di Massimo Fabi

Manifesta superiorità. Al Gillette Stadium di Foxborough, il Venezuela si inchina alla Selección come dimostra il saluto agli sgoccioli di gara tra Tata Martino e il tecnico Dudamel, uscente da questa buona avventura solo con il rammarico del rigore fallito che avrebbe potuto consentire di incrinare le certezze albicelesti rinvigorite dalla doppietta di Higuain. Dalla rovesciata contro il Frosinone alla rete altrettanto spettacolare in scivolata contro il Venezuela: si sblocca finalmente il Pipita, ripagando la fiducia del c.t. che lo ha battezzato e confermato centravanti titolare. Se il raddoppio è un regalo degli avversari, la perla che sblocca presto il risultato nasce da un geniale lancio di Messi, per la prima volta in campo dal primo minuto e protagonista di una prestazione eccellente. I compagni cercano in continuazione il capitano, la Pulce a sua volta cerca in continuazione il pallone, libero di svariare sull’intero fronte d’attacco e innescante aperture suscitanti emozioni. Con Messi in versione ‘blaugrana’, l’assenza di Di Maria non viene percepita. Pomeriggio esemplare sotto il profilo della personalità, andando quasi a mettere in secondo piano quel gol storico che consente di raggiungere Batistuta come primo marcatore di sempre della nazionale argentina: a poche ore di distanza dal flop di C.Ronaldo con il Portogallo, ‘el diez’ si mette al contrario un intero Paese ai suoi piedi. Il terzo giocatore da podio è infine Romero, poco impiegato a Manchester ma uno dei leader del gruppo albiceleste: qualche limite nelle uscite, vedi la rete subita con il Cile o il rigore causato ieri, ma prodigioso su Rondon, come contro Alexis Sanchez al debutto, e freddo nel non cadere in tranello dinanzi al cucchiaio infelice di Seijas dagli undici metri. Portiere sereno mentalmente e sicuro dei suoi mezzi, in linea con le consapevolezze dell’intero collettivo.
Al di là dei singoli, l’Argentina costruita da Tata Martino sta illuminando la scena per il gioco di squadra offerto, e le valanghe di gol ne sono la diretta conseguenza: con Mascherano, Augusto Fernandez e Banega maestri nel strappare il pallone e far ripartire l’azione, la manovra argentina risulta molto poco ‘spagnola’, dedita cioè al lento palleggio orizzontale, ma piuttosto dominata da frizzanti verticalizzazioni volte ad entrare il prima possibile nell’area avversaria. Il colpo del fuoriclasse viene dopo, alla base di tutto vige una solida organizzazione che sta facendo esprimere al meglio qualsiasi interprete chiamato in causa. Una organizzazione che privilegia l’equilibrio: ecco perché Agüero è fuori, ecco perché Nico Gaitan è considerato il vice Messi o il vice Di Maria per eccellenza. Insieme a una difesa che se messa sotto pressione dimostra di non essere all’altezza degli altri due reparti, l’altro neo è proprio il giallo rimediato dalla nuova ala dell’Atletico Madrid, poi comunque uscito per un problema muscolare, costandole la squalifica per la semifinale. Di Maria probabilmente non recupererà, si scaldano dunque Lavezzi e Lamela, il cui biglietto da visita è stata la rete del 4 a 1 finale di Foxborough facente seguito alla punizione fortunata con i boliviani: da verificare tuttavia se cambiamenti continui possano creare delle falle a un sistema pressoché perfetto specie in una gara da nervi tesi come quella in programma martedì prossimo. Ora infatti arriva il difficile per la Selección, dovendo sfidare a Houston i padroni di casa degli Stati Uniti con due giorni in meno di riposo: dopo le ‘passeggiate’ a spese di Panama’, Bolivia e Venezuela, inizia il momento della verità per l’Argentina, il cui stato d’incantesimo è stato finora più forte di qualsiasi defezione.  

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