La coscienza di Dzeko

Posted By on Lug 27, 2016 | 0 comments


LUIGI PELLICONE

 

L’onestà e i limiti di Dzeko sono riassunte nella sua intervista al Corriere dello Sport. Parole nude e crude. Oneste e assolute: il bosniaco ammette che se fosse un attaccante da 50 reti a stagione, non vestirebbe giallorosso. Vero. Cristiano Ronaldo, Messi, Lewandowski, indossano altre, e più prestigiose, maglie. Squadre lontane da questa Roma. Cosi come la caratura tecnica del bosniaco è a distanza siderale dai suddetti top players.

Dzeko è sincero: non è a Roma per scaldare la panchina. E però precisa: non si sente uno spaccaporte. Piuttosto un buon attaccante catapultato in un universo di cui fatica a delineare i contorni. E, sempre dalle sue parole, gli è evidentemente mancato anche un allenatore: sino a gennaio, nessuno gli ha spiegato come muoversi. Anche in questo caso ha detto la verità: supportata dai numeri. Con Rudi Garcia Dzeko gioca 15 partite condite da 3 gol e due assist. Con Spalletti raddoppia: 5 reti e 4 assit in 16 partite partendo spesso dalla panchina. Un trend comunque in crescita. Sebbene faticosa.

E adesso? Da agosto in poi si potra vedere il “vero” Dzeko? Senza infortuni, con una preparazione fisica adeguata alle spalle, il bosniaco è utile alla causa giallorossa. É Dzeko stesso ad esserne convinto. Dalle sue parole traspare che l’arrivo di Spalletti lo abbia agevolato. E ritiene il tecnico toscano di un’altra pasta rispetto al predecessore, sopratutto dal punto di vista tattico. L’allenatore toscano lo “martella”, gli insegna i movimenti, lo aiuta. É convinto e lo ha convinto, che il centravanti abbia le qualità per rivalutarsi e convincere la piazza a fidarsi di lui. La “caccia a Dzeko” resta comunque legata a troppi condizionali: a tal punto da pensare che il problema non sia solo nei piedi e nel fisico, ma nella testa: nel momento stesso in cui Dzeko afferma di non essere un attaccante da 50 gol, il ragazzo compie un atto di grande onestà intellettuale che però lascia l’amaro in bocca. Comunica, urbi et orbi, che non è lui, quello che i 5000 a Fiumicino sognavano.

Possibile che Dzeko, anche inconsciamente,  abbia preso coscienza dei propri limiti? Si attende un miglioramento rispetto la scorsa stagione. E nel contempo avverte: non aspettatevi i miracoli. Non ne fa. Per quelli, rivolgersi altrove. Onesto. Limpido. Inequivocabile: Dzeko ha “avvisato”. La sua sincerità è apprezzabile, ma non incoraggiante. Le intenzioni sono buone, ma gli effetti, anche nel migliore dei casi, saranno comunque lontani da chi si aspetta un centravanti che vuole mangiarsi erba, spaccare porte e atterrire gli avversari. Questo è. Può andare comunque bene. Può bastare.

Submit a Comment