“Vado via perchè non meritavo i fischi e non ho compattato l’ambiente”

Posted By on Mag 30, 2017 | 0 comments


Luigi Pellicone

Prima Totti. Poi Spalletti. In 48 ore la Roma perde due punti di riferimento. Il valore del tecnico toscano è indiscutibile: 87 punti, 133 in un campionato e mezzo, una qualificazione riacciuffata ai preliminari, poi una diretta in Champions. Numeri che testimoniano l’importanza del lavoro svolto. In mezzo, il Porto, la Lazio, il Lione. Tirando le somme, non ha vinto. Quanto basta per andarsene? La Roma ha provato a trattenerlo: Monchi lo stima come uomo e allenatore. Il tecnico, però, ha declinato l’offerta, ed è andato avanti, scegliendo altre strade. “Sebbene sia un rimpianto”.

Qualcosa non quadra: Monchi lo vuole trattenere. De Rossi, il capitano, gli ha suggerito di restare. Allora perchè Spalletti lascia? La risposta non lascia spazio a interpretazioni. “Non tutti hanno remato dalla stessa parte. Non sono riuscito a creare un gruppo. Quindi ho sbagliato qualcosa. In pariticolare non sono riuscito nella cosa più importante: compattare l’ambiente”. Ogni riferimento a quanto accaduto domenica non è casuale. “I fischi, che mi hanno ferito, sono figli di chi ha spaccato l’ambiente. C’è chi ha voluto anteporre una guerra fra me e Totti agli interessi della Roma. Quei fischi non me li meritavo. Nè per come sono fatto, né per come ho lavorato. Io spero che ciò non si riproponga. Me lo auguro per la Roma. Vorrei che quanto accaduto sia una linea di demarcazione con il passato. Sia chiaro. Totti non l’ho fatto smettere io. Ha smesso da solo. Io vado via. Se vuole può tornare. Io gli ho voluto strabene. E forse gli ho regalato un anno in più”. Un peccato che Spalletti sia ricordato come il “nemico” di Totti. Lecito domandarsi se, senza quei fischi, il tecnico sarebbe rimasto. L’unica certezza è che Spalletti lascia in eredità una Roma più forte: migliorata nei singoli e come collettivo. É altrettanto innegabile che ci sia risucito senza il giocatore più rappresentativo. Perchè rappresentativo non significa indispensabile. “Senza togliere nulla a Francesco: questa squadra ha fatto il record di punti giocando spesso senza di lui. Evidentemente, dunque, esistono anche altri modi di arrivare a risultati importanti. Però, qui a Roma, chi non utilizza Totti diventa un nemico della Roma. C’è chi ha resistito tre mesi chi due anni. E però il senso non cambia: gli allenatori a Roma non li mandate via. Se ne vanno”. Dove? Perchè se andasse all’Inter, come tutto sembra, i tifosi della Roma hanno davvero di che preoccuparsi. Se un allenatore preferisce una squadra arrivata anni luce dal secondo posto, qualcosa non va. Forse anche il mercato di gennaio ha influito? Forse l’Inter e la possibilità di investienti lo attira di più? “Sono libero di ricevere telefonate. Se il progetto mi piace lo sposo. Altrimenti ne valuto altri”.

Si chiude un capitolo. Lo Spalletti 2.0 inizia con una squadra senza gioco, né anima. E finisce con una Roma molto più forte. Sia nelle individualità, che come collettivo. Adesso tocca alla società. Impegnata su più fronti. Resistere alle offerte per i calciatori più appetiti, ritoccare ingaggi e accontentare i “musini”, operare sul mercato per renderla ancora più competitiva, trovare un allenatore che regga la pressione. I candidati? Di Francesco in pole. Il tecnico auspica lui. O Montella. Qualunque sia la scelta, non sarà facile. Migliorare ciò che ha realizzato Spalletti, significa vincere.

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