75 anni da “Baffo”!

Posted By on Nov 8, 2017 | 0 comments


(di Gianluca Guarnieri) Berna, 17 ottobre 1970, correva il minuto 85 di Svizzera-Italia, amichevole post-mondiale, e la squadra azzurra vice Campione del Mondo, stava soccombendo di fronte alla compagine rosso-crociata a causa di una sfortunato autogol di Pierlugi Cera. La punta di diamante italica, ovvero il signor Luigi Riva da Leggiuno, inaspettatamente stava arrancando di fronte al suo marcatore, tale signor Boffi, modesto “travet” del calcio elvetico, di professione postino e ormai tutto lasciava presupporre che per i “boys” di “Zio Uccio” Valcareggi non ci fosse più nulla da fare, quando un baffuto numero 8, si lanciò in una serie di complicatissimi palleggi sul limite dell’area svizzera, saltando gli inebetiti avversari come birilli e concludendo il tutto con una sberla di destro rasoterra, che lasciò il portiere Kunz, impalato come un vittima di Vlad, principe di Valacchia, per gli amici Dracula. Il baffuto, era uno dei più grandi talenti che il calcio italiano abbia mai conosciuto, erede di un’altra leggenda e che oggi 8 novembre compie 75 anni: Sandro Mazzola. Figlio dell’immenso Valentino, Sandrino, nacque a Torino l e fu scoperto da Benito Lorenzi, il terribile “Veleno”, diventato talent scout dell’Inter. Il nome del padre avrebbe pesato moltissimo sulle spalle del giovane calciatore, a tal punto che il “baffo”, meditò di lasciare il calcio per il basket. L’insano proposito venne evitato e Mazzola trovò il suo posto nella fortissima Inter del “Mago” Herrera, e proprio “Don Helenio” si accorse delle grandi qualità del giovanotto, dotato di dribbling ubriacante, di scatto fulmineo e di grande facilità alla segnatura: Herrera lo preferì all’oriundo Maschio e Sandrino lo ricompensò con annate fantastiche , vincendo scudetti e mettendo in ginocchio la squadra più forte del mondo, ovvero il Real Madrid di Puskas, Di Stefano e Gento, in una indimenticabile finale di Coppa dei Campioni, disputata al “Prater” di Vienna. Mentre Burgnich, Facchetti, Guarneri e capitan Picchi elevavano al cielo un fortezza inespugnabile a protezione della porta di Sarti, Mazzola con due goal da “effetto speciale” spielberghiano mandava al tappeto le “merengues” matate e scornate senza pietà. Gli anni ’60 e i primi ’70 per l’erede del sommo Valentino, furono all’insegna del dualismo con l’altro campionissimo, ovvero “Golden Boy” Gianni Rivera, rivalità alimentata da penne efficacissime e di gran classe come Gianni Brera e il direttore della “Rosea” Gino Palumbo. Furono anni belli e perigliosi per il calcio italiano, in bilico tra euforia e depressione; anni di staffette, di notti messicane, di semifinali contro i tedeschi e di finali “impossibili” contro il Brasile di Pelé, Gerson, Jairzinho e Rivelino. Anni in cui il nerazzurro incrociò il ferro con il capitano rossonero, in un duello infinito, degno di Ridley Scott e di Alexandre Dumas, anni di vittorie, di reti al Vasas Budapest che neanche la più sofisticata “Playstation” potrebbe tuttora replicare. Il crepuscolo arrivò a Monaco, nel ferale 1974 e anche gli eroi azzurri dovettero ammainare bandiera. Tra il “Vaffa” di Chinaglia a Valcareggi, le infinite polemiche nel ritiro di Ludwisburg, quello che Giovanni Arpino definì “Azzurro Tenebra” e lo spauracchio Polonia, il tramonto arrivò. I connazionali del compianto Papa Woityla, furono spietati e, bisogna dirlo gli azzurri ebbero il fato contro. La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo. Sandrino non si risparmiò: fornì assist preziosi, lottò su tutti palloni e fu il migliore insieme a Zoff ed a Facchetti. Uscì dal campo di Stoccarda deluso e avvilito, come tutti nello “Stivale”. Fu il suo ultimo gettone di presenza, con la maglia azzurra. 70 presenze e 22 reti. Rivera si fermò a 60 presenze e 14 goal. Quel derby, Sandrino, lo aveva vinto.

 

Submit a Comment