Ventura quanti errori…Serve la rivoluzione sistemica

Posted By on Nov 15, 2017 | 0 comments


di Giandomenico Tiseo

 

Siamo all’indomani dell’Apocalisse calcistica nostrana. Il 1958 accoglie il 2018 tra le edizioni dei Mondiali che ci vedranno spettatori. Non ce l’ha fatta la nazionale di Gian Piero Ventura. La sconfitta 1-0 di Solna contro la Svezia non è stata ribaltata a San Siro nonostante la spinta dei 72.000 sugli spalti. Aveva ragione Andre Pirlo: “ll pubblico non fa gol”. Il pari 0-0 del Meazza è una condanna per il lavoro del ct, disastroso soprattutto negli ultimi due mesi, ai limiti del paradossale: giocatori schierati in posizioni non consone ed una gestione del gruppo e delle scelte discutibili. L’esordio di Jorginho, escluso di lusso per tutte le qualificazioni,  titolare nella partita decisiva è l’evidenza di un’impronta inesistente dell’ex tecnico del Torino. Tuttavia non bisogna commettere l’errore che basti mandar via Ventura o attendersi le dimissioni del presidente federale Carlo Tavecchio per aver risolto i problemi. Di fatto siamo alla terza eliminazione prematura del nostro calcio: le prime due (2010-2014) nei gironi della fase finale e questa ancor più pesante negli spareggi. C’è una criticità sistemica in cui anche la qualità dei giocatori non è all’altezza della situazione. Confrontarsi con la Spagna nei raggruppamenti di qualificazione aveva in sé i crismi dell’impresa per un’evidente sproporzione dal punto di vista del talento e della mentalità. Problematiche che affondano le proprie radici su mancanze importanti della Federazione a livello strutturale nel linking tra squadre di club e rappresentative nazionali. In buona sostanza il numero di italiani che arriva ai massimi livelli è assai esiguo e spesso l’allenatore dell’Italia è costretto a chiamare calciatori con un minutaggio scarso. Una situazione che va avanti da anni sia perché nei settori giovanili delle compagini del campionato si predilige acquistare lo straniero e sia per una formazione basata più sulla fisicità che sulla tecnica. La mancanza, in questo senso, di maestri di calcio appare evidente e la bramosia del risultato ad ogni costo fin dal vivaio non favorisce una crescita graduale degli atleti. I campioni non cadono da cielo e Gigi Buffon, l’ultimo di questa stirpe, ha dato l’addio alla maglia azzurra.  I fuoriclasse, al momento, nel Bel Paese non vi sono e questo percorso mondiale lo ha dimostrato. Qualora vi fossero stati forse avremmo visti gli spagnoli ai playoff . E’ necessaria una riflessione attenta: pensare ad un modello di gioco standard per la crescita delle nuove leve e la creazione delle squadre B per fare degli esempi. Reduci dalla “Caporetto” è bene dare un’accelerata anche perché gli altri non aspettano ed hanno già imparato dai loro errori: chiedere alla Francia non qualificata al Mondiale di Usa 94 o alla Germania pre-iridata 2006. La bacchetta magica non esiste ed è necessario rimboccarsi le maniche altrimenti continueremo a vivere di dolci ricordi.

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