Diario di una trasferta a Wembley

Posted By on Dic 13, 2017 | 0 comments


Giovanni Rosati

Appena prenotato l’aereo per Londra apro una nuova finestra nel motore di ricerca. Digito “calendario Premier League”, cerco quali match si terranno nel secondo weekend di dicembre nella capitale britannica. L’occhio cade su due sfide: Tottenham – Stoke City e West Ham – Chelsea.

Il calcio inglese ha sicuramente un’innumerevole quantità di pregi, parzialmente trattati in seguito, ma le partite riservate alla sola membership del club, dal punto di vista degli euforici appassionati di calcio saltuariamente nel Regno Unito come me, sono molto difficili da digerire. Ebbene, il derby che ha luogo all’Olympic Stadium è una di quelle partite: tiriamo una riga su West Ham – Chelsea.

A questo punto, lo Wembley Stadium non solo è una meta molto gradita, ma anche la sola che possa appagare la mia sete di buon calcio. L’acquisto dei biglietti è la prima meraviglia di questo processo. Il prezzo di un biglietto di terzo anello è piuttosto popolare. Ne compro online due con un amico, entrambi a nome suo. In pratica se mi fosse venuta la febbre, lui sarebbe potuto andare con qualcun altro, cosa non più possibile in Italia. Niente terzo grado durante la compilazione del form online, niente documenti, tessere o codici fiscali. Qualche dato e il gioco è serenamente fatto.

Biglietti

Per comodità li facciamo spedire a casa sua, dato che è residente a Londra, ma avremmo potuto anche stamparli gratuitamente da soli. Arrivano il giorno dopo, e anche qui qualche dubbio sulla eventuale tempistica italiana non può che sorgere. Probabilmente non sarebbero arrivati in tempo, e saremmo dovuti andare in biglietteria cercando di suscitare un sentimento di compassione nell’impiegato tale da portarlo a concederci alla fine di assistere allo spettacolo per cui, effettivamente, avevamo pagato.

Appuntamento alla stazione di Wembley Park, dove transitano due diverse linee della tube. Da un altro lato dello stadio c’è Wembley Central, tappa di altrettante linee. La stazione dei treni, poi, è a due passi da lì. Di autobus ce ne sono in quantità e, come se non bastasse, il parcheggio auto è capiente e non si riempie nemmeno completamente. La fruibilità dell’evento è la preoccupazione numero uno, la godibilità dello spettacolo. E di spettacolo si parla, visto che già nei vagoni della metropolitana i tifosi di casa e quelli ospiti intonano i cori a loro più cari.

La stazione è collegata allo stadio dall’Olympic Way, una profana via della Conciliazione che produce un effetto di esaltazione della grandezza dell’impianto, meta ultima del pellegrinaggio. Lo stadio di Wembley offre ben 90˙000 posti a sedere ed è secondo in Europa solo al Camp Nou di Barcellona in termini di capienza. Unite all’ora di anticipo, le dimensioni della strada fanno sì che non si crei alcun affollamento. Ai tornelli, saggiamente aperti addirittura mezz’ora prima del mio arrivo, non c’è alcuna fila. Seppur giustamente presenti, i controlli di sicurezza non sono estenuanti come quelli italiani. Si entra, rilassati e pronti a godere dell’evento.

Lo stupore continua: scale mobili per salire sino al terzo anello della tribuna, dove assisterò al match. Gli ampi corridoi interni permettono all’elevato numero di presenti di sostare nelle aree comuni a colloquiare senza scontrarsi coi passanti o soffrire di claustrofobia. Trovato il mio block, mi affaccio sul campo e ammiro la maestosità della struttura, praticamente ancora vuota.

I tifosi inglesi arrivano con calma, mentre sui tabelloni scorrono gli highlights delle più convincenti prestazioni degli Spurs contro i rivali odierni nelle ultime stagioni, inframezzati da auguri di compleanno e alle dediche american-style rivolti ai membri del club. Riscaldamento, inno della Premier League e finalmente si parte.

Il Tottenham, che viene da una striscia negativa di risultati che lo ha condotto dalla seconda fino alla sesta posizione in classifica nel giro di un mese, approccia all’incontro con la fame di chi vuole riscattarsi a tutti i costi. Sul cross dalla sinistra di un Son in condizione smagliante, il capitano ospite Shawcross devia maldestramente nella sua porta e sblocca il risultato a favore dei padroni di casa. Il primo tempo finisce 1-0, ma agli Spurs, che hanno creato molto e meritato qualcosa in più, il risultato sta ancora stretto.

Nell’intervallo scendiamo anche noi nel tunnel per prendere qualcosa da mangiare. La fila c’è, ma scorre veloce, e il panino che mangiamo è di qualità talmente superiore alle aspettative formatesi negli stadi nostrani che ci appare come il miglior burger mai preparato sulla faccia della terra.

A stomaco pieno torniamo ai nostri posti, inizia il secondo tempo. Stavolta gli Spurs concretizzano, eccome. Verticalizzazione d’esterno di Alli, inserimento di Son, in un periodo di grazia divina, e Butland battuto per la seconda volta. Un solo giro d’orologio, cross dalla sinistra di Davies e sul palo più lontano Kane sovrasta il suo avversario e di testa la infila tra le gambe del portiere ospite. È sempre l’attaccante inglese a marcare il 4-0 con un sinistro millimetrico, mentre chiude i giochi Eriksen, che lanciato dal solito Son sigla il gol del pokerissimo. Su calcio d’angolo poi Shawcross segna stavolta nella porta giusta il gol del definitivo 5-1.

La sola critica che lì per lì mi sento di rivolgere ai tifosi londinesi è l’aver svuotato metà stadio già dieci minuti prima del fischio finale. Mi sembra un doppio torto: innanzitutto non mi capacito di come si possa non voler vivere la partita dal vivo fino all’ultimo istante; inoltre la squadra è tornata alla vittoria dopo un mese di astinenza, mi sembra giusto dare ai giocatori l’ovazione finale che meritano e conferirgli la giusta carica emotiva per impiegare la stessa grinta nelle prossime sfide.

Triplice fischio, applausi, Oh When The Spurs Go Marching In e ci avviamo verso l’uscita. Una parte del rimprovero che avevo silenziosamente rivolto ai sostenitori degli Spurs mi rientra in gola. Uno stadio dal novantamila posti, anche se non completamente sold-out, si svuota in un colpo solo. Tutti si dirigono verso la metro; la gloriosa Olympic Way è più affollata delle vie di Nuova Delhi. Eppure riusciamo a raggiungere la meta in un tempo minore a quello previsto e prendiamo il secondo treno che arriva nel giro di 2 minuti. Anche quando sembra giunto il momento di sottolineare degli aspetti negativi, gli inglesi si dimostrano capaci di smentirmi. La partita è stata un’esperienza totale, svagante e piacevole, priva di quelle preoccupazioni e quella confusione che nel nostro paese hanno allontanato i tifosi più pacati dagli stadi, privandoli di un pomeriggio sereno e pieno di emozioni come è stato il mio.

Submit a Comment