Il CT delle “notti magiche”. Ricordo di Azeglio Vicini…

Posted By on Gen 31, 2018 | 0 comments


(di Gianluca Guarnieri) Uomo di altri tempi, allenatore mai catenacciaro e fautore di un gioco spumeggiante e divertente. Azeglio Vicini era così, un Commissario tecnico dal volto umano, sempre gentile ed alla mano, tipico delle genti della sua Romagna. Bravo calciatore da giovane, alla Sampdoria (insieme a Sergio Brighenti), al Vicenza e al Brescia, Vicini entrò presto nello staff della federazione collaborando con uomini come Ferruccio Valcareggi ed Enzo Berazot nel club Italia (si possono vedere le foto dei tre insieme, nel mondiale del 1974) ed assumendo l’incarico di guida dell’Under 21 nel 1976, lanciando fior di talenti che avrebbero lasciato il segno nel calcio italiano, come Rossi, Cabrini, Giordano, Di Bartolomei, Manfredonia. Un ruolo da “Chioccia”, prezioso e gratificante con una vera e propria escalation, che lo portò alla finale del campionato europeo di categoria nel 1986, perduta ai rigori contro la Spagna. Da lì il grande salto alla nazionale maggiore, sostituendo proprio Enzo Bearzot giubilato dopo il flop del mondiale messicano. Vicini impiantò nel corpo della nazionale il brio dei suoi giovani talenti (Zenga, Ferri, Maldini, Donadoni, Giannini, Rizzitelli, Ferrara) unendolo agli elementi di maggiore esperienza (Bergomi, Baresi, Mancini, Altobelli, Vialli, De Napoli) in un mix perfetto, fatto di entusiasmo, corsa e fantasia. Una nazionale che si qualificò in maniera perentoria agli Europei tedeschi del 1988, perdendo solo in semifinale contro l’Unione Sovietica del Colonnello Lobanowski, dopo un torneo pieno di soddisfazioni. Toccò proprio a Vicini guidare la spedizione azzurra al mondiale casalingo del 1990, creando il mito delle “notti magiche”, volando a gonfie vele verso la semifinale, grazie alle reti di Schillaci e Baggio fermati solo ai rigori dall’Argentina di Maradona, in una partita ricca di rimpianti e di amarezze. La mancata qualificazione agli Europei 1992 gli costò la panchina azzurra, con una Figc già orientata da tempo a sostituirlo con Arrigo Sacchi, che smontò piano piano l’ossatura del progetto Italia di Mister Azeglio. Era finita un’epoca. Quella nazionale fu probabilmente l’ultima amata in senso generale dall’intera platea italiana, poi con divisioni di fazione sempre più marcate. Un calcio “pane e salame”, semplice ma stuzzicante ed accattivante. Un ricordo splendente, di un azzurro vivo.

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