L’uomo che cammina sui pezzi di Var

Posted By on Mag 3, 2018 | 0 comments


di Rodolfo Arcudi

 

Sabato sera a S.Siro il Var alla fine è esploso, non per un corto circuito tecnico ma minato dalle sue contraddittorie applicazioni.
Sul prato verde circuiti elettronici e pezzi di vetro scricchiolavano sotto gli scarpini del Sig. Orsato, lui sì vittima di un corto circuito tra richiami dalla regia arbitrale, fumosi protocolli applicativi e sensibile interpretazione personale della gara.
In una stagione di Var, quest’arbitro ha cominciato favorendo i nerazzurri in Roma-Inter, quando da addetto al Var non segnala un rigore, e finisce con Inter-Juventus, dove a lamentarsi sono i nerazzurri.
Scorrendo il resto della stagione, durante la quale la Lazio è stata protagonista dei maggiori lamenti, si può dire che, almeno riguardo la lotta Champions, questa grandiosa innovazione ci porta a rispolverare il più vetusto dei luoghi comuni e cioè che alla fine torti e favori arbitrali si compensano.
Inoltre dopo anni di campionati finiti senza particolari polemiche, certamente anche per il dominio netto juventino, è comunque paradossale che al primo anno di Var si finisca una stagione avvelenati da accuse sguaiate, che coinvolgono anche alte istituzioni politiche oltre ai dirigenti delle società calcistiche.
Anche i calciatori, che all’inizio dell’esperimento, sentendosi tutelati dall’occhio elettronico, erano misurati negli atteggiamenti di protesta, adesso hanno ricominciato con le scene isteriche di chi evidentemente non confida più in un equo giudizio.
Infine, da amanti di questo sport, la sensazione che il calcio al tempo del Var imponga inevitabilmente al tifoso un’incertezza nell’esultare, un ritardo nell’esplosione di gioia, un’edulcorazione del sentimento istintivo, tutto ciò sta diventando esasperante;
come un Florentino Ariza, solo dopo un’interminabile attesa l’amante della sua squadra potrà coronare la sua unione con la gioia del gol.
Forse il Var non sarà il colera, ma applicato in questo modo sta mostrando la sua perniciosa invasivitá, speriamo che ci vorranno meno di cinquantatré anni, sette mesi ed undici giorni per stabilire un protocollo di utilizzo che concili lo sport più genuinamente umano che esista con le esigenze del progresso tecnico.

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