Finale EL, vince il cuore: Atletico campione!

Posted By on Mag 17, 2018 | 0 comments


Giovanni Rosati

L’Atletico Madrid conquista l’Europa League 2017-18 sconfiggendo gli avversari del Marsiglia con un netto 0-3 tra le mura del Parc OL di Lione. I francesi sono stati in partita per i primi venti-trenta minuti del primo tempo, ma si sono poi arresi tra le lacrime a un destino avverso e alla chiara superiorità degli uomini di Diego Pablo Simeone, che hanno saputo conciliare i precetti base del Cholismo con le straordinarie abilità dei propri interpreti più estrosi.

PRESSING ALTO: LA DIFESA È IL MIGLIOR ATTACCO – Il tecnico argentino, perseguendo anche stasera i propri ideali calcistici, è riuscito a dare scacco a un Marsiglia inizialmente propositivo grazie a una pressione molto alta portata in perfetta sincronia da ogni giocatore della propria squadra. In più di un’occasione i Colchoneros sono riusciti a recuperare il possesso della sfera accerchiando e soffocando il portatore di palla avversario, alle volte persino imprigionato in un quattro contro uno che non gli consentiva alcuna via di fuga. Anche le reti dei Rojiblancos sono scaturite dall’aggressione in avanti portata dalla formazione spagnola contro la prima impostazione dei francesi. Il goal del vantaggio ad esempio, causato principalmente da un errore nel controllo di Anguissa che ha spianato la strada a Griezmann, non si sarebbe potuto verificare senza la fondamentale presenza di due giocatori, Gabi e lo stesso Petit Diable, nei pressi del giovane centrocampista camerunense, pronti ad approfittare in un solo attimo del suo infortunio tecnico.

La seconda rete di Grizou, arrivata al rientro dall’intervallo, ha spezzato definitivamente la resistenza dell’Olympique, che da quel momento non è parso più capace di impensierire in alcun modo l’annoiato Oblak. Così all’89’ è stato capitan Gabi, generale del centrocampo del Cholo ormai vicino alle 35 primavere, ad apporre il sigillo finale di questo incontro, con un destro ad incrociare che non ha lasciato scampo a Mandanda.

LA GARA DEL MARSIGLIA – Eppure, l’undici francese non aveva iniziato poi così male. Il giusto approccio psicologico alla sua gara era stato subito testimoniato dal peculiare calcio d’inizio (già sperimentato nelle ultime uscite di Ligue 1), con la sfera battuta con rabbia e di prima intenzione direttamente in fallo laterale nella trequarti offensiva, così da poter subito andare a pressare alto, comunicando dal primo istante agli spagnoli di avere cattive intenzione per la serata. Ma poi Germain, per scarsa freddezza e/o scarsa qualità, spreca già al quarto minuto la più grande occasione dell’intera partita e infine al trentesimo la sorte chiude i conti.

Infine… chiudere… dopo soli trenta minuti? Sì, perché è quello il momento in cui Payet esce dal campo, e con lui il miglior gioco e le migliori speranze del Marsiglia. Il diez aveva saltato precauzionalmente l’ultima uscita di campionato per via di alcuni problemi fisici che non aveva alcuna intenzione di acuire a qualche giorno di distanza dalla finale di EL, ma in campo subisce una ricaduta. E così, reo secondo qualcuno di essersi attirato una sfortuna inimmaginabile toccando il trofeo al momento dell’ingresso in campo delle due squadre, con l’uscita dai giochi del fantasista francese, anche l’Olympique scompare. Ocampos, che fin lì aveva ben impressionato, non riesce a tenersi sugli stessi ritmi nella seconda frazione; la difesa comincia a scricchiolare e commettere qualche fallo di troppo; Maxime Lopez, classe 1997 alto 1,67 metri che aveva sostituito il numero dieci marsigliese, soffre in maniera eccessiva il divario fisico coi centrocampisti avversari e non entra mai nel vivo del gioco.

Solo in una brevissima frazione di secondo i francesi sembrano poter riaprire i conti e donare nuova verve all’intera competizione. All’81’ Mitroglu, subentrato forse colpevolmente troppo tardi al deludente Germain, colpisce di testa su un cross dalla trequarti di Rami. Oblak si tuffa ma viene superato, la palla si infrange sul palo interno e si nasconde per un istante dietro le spalle del portiere sloveno. Goal? No, non è serata per il Marsiglia, e la sfera ricompare magicamente sul terreno di gioco senza aver varcato alcuna linea. Fosse successo, avremmo probabilmente assistito a dieci bellissimi minuti di calcio intenso e disperato, in cui la squadra di Garcia avrebbe sicuramente dato l’anima per riaprire le possibilità di conquistare la vittoria finale.

LE LACRIME – Il volto dei giocatori del club francese nel momento della premiazione con la medaglia d’argento è quello di chi sa di non aver rispecchiato le aspettative del gruppo e del suo pubblico. Qualcuno di loro non sopporta la presenza di quell’oggetto metallico tanto sadicamente considerato come un premio e se lo sfila dal collo il prima possibile. Altri esternano semplicemente senza filtri la propria delusione. Maxime Lopez, giovanissimo centrocampista dal viso di un bambino e dalla statura minuta, lotta strenuamente con la necessità di abbandonarsi a un pianto che sfogasse tutta la frustrazione che ha in cuor suo. Prima di lui, già Payet era scoppiato in lacrime nel momento in cui aveva realizzato di non poter proseguire un incontro tanto importante. Era stato consolato sulla sua strada verso il bordo campo da compagni ed avversari, primo su tutti proprio l’amico Griezmann, ma non c’era stato verso di fermare quelle lacrime o far distendere i muscoli di quel volto corrucciato. Payet, Lopez e tutti i loro compagni sono stati sopraffatti da una sensazione tremenda di impotenza, e nulla hanno potuto neanche per nasconderne gli effetti.

LA COPPA DEL NIÑO – Il novantesimo minuto ha visto i tifosi dell’Atletico protagonisti di un lungo e meritato applauso a due dei più importanti calciatori della storia del club madrileno. Il primo ad esser omaggiato è stato Griezmann, autore di una doppietta e di gran lunga il miglior giocatore passato per la Madrid rojiblanca negli ultimi anni. Il secondo è invece il giocatore che ne ha preso il posto in campo a 34 anni, ma che ha l’Atletico nel cuore e sulla pelle dalla nascita: Fernando El Niño Torres. E se è una serie di indizi a far pensare che quella di questa sera possa esser stata l’ultima partita europea con i Colchoneros del Piccolo Diavolo, non è un segreto che Torres lascerà invece la capitale spagnola questa estate. A 17 anni è stato il più giovane esordiente dell’Atletico Madrid, a 19 anni il suo più giovane capitano. Nonostante il più romantico dei matrimoni tra club e giocatore, però, El Niño non era mai riuscito ad alzare un trofeo con la sua squadra del cuore: lo ha fatto oggi per la prima volta, nella sua ultima partita con quella maglia. E non lo ha fatto solo metaforicamente. Per issare al cielo un trofeo tanto pesante, il capitano Gabi ha voluto farsi aiutare proprio dall’attaccante ex-Liverpool, donandogli forse la più grande e meritata soddisfazione della sua lunga a onorata carriera.

CUORE – C’è cuore di Lopez, quello di Torres, e quello messo in campo da tutto l’Atleti. Prima della partita, Simeone aveva rivolto alla sua squadra parole di incoraggiamento, che potessero guidarla verso la vittoria della competizione. Aveva parlato velocemente di tattica, ma non era quello l’argomento di cui voleva effettivamente discutere. Fissando i suoi giocatori negli occhi, aveva detto loro soltanto di metterci il cuore. Quel cuore che contraddistingue ormai da anni la squadra del Cholo, quel cuore che è ‘sentimiento, pasión y orgullo’ nel motto del club. Il cuore che Simeone ha messo a nudo a fine gara, quando ha celebrato la vittoria con un forte abbraccio ai suoi figli, scesi sul terreno di gioco per stargli accanto in questo momento di gioia dopo avergli dedicato uno striscione dagli spalti con su scritto ‘Ti vogliamo bene, pà!’.

Glielo ha detto, lo hanno accontentato, e hanno alzato la coppa. Perché, come recita una delle ormai sue più celebri frasi: “Quando il cuore e la mente sono uniti, tutto è possibile”.

Submit a Comment