28 anni dalle Notti Magiche

Posted By on Giu 8, 2018 | 0 comments


Giacomo Spadoni

Quasi mai la Nazionale è partita favorita in un Mondiale. Non lo era nell’82, figuriamoci nel 2006, con Calciopoli che imperversava. Però è sempre stata accompagnata da quel brivido, da quell’attesa e dalla speranza che sì, potevamo farcela.

Mai ci saremmo immaginati, a pochi giorni dall’inizio della Coppa del Mondo, di trovarci a parlare del nuovo governo invece che discutere se giocare a una o due punte, con la difesa a 3 o a 4.

Eppure quest’estate è tutto così surreale. Fingiamo quasi che non si stia per giocare la più grande manifestazione calcistica del mondo, che non è vero che siamo stati eliminati prima ancora di poter partecipare; ci stiamo convincendo che in realtà è solo una casualità il fatto che i migliori giocatori del mondo si trovino in Russia tutti nello stesso periodo (avranno prenotato tutti le vacanze a Mosca?), mica c’è un mondiale da giocare.

Lo facciamo perché non siamo abituati.
28 anni fa iniziava il Mondiale di casa nostra. Eravamo il campionato più bello e ambito, le nostre squadre dominavano in Europa e avevamo una Nazionale fortissima, forse l’unica in tutta la nostra storia che alla partenza era la favorita.

Quel mondiale fu l’ultimo mondiale prima del Calcio moderno. Fu l’ultimo mondiale dove i giocatori dietro la maglia non avevano il cognome, solo il numero. Fu l’ultimo della Jugoslavia e dell’Unione Sovietica. Fu l’ultimo prima che il torneo diventasse a tutti gli effetti uno strumento commerciale e di business, aprendo le sue porte a Paesi privi di alcuna tradizione calcistica come gli USA, la Corea e il Sudafrica.

Quel mondiale l’Italia non lo vinse, uscì in semifinale contro l’Argentina di Maradona. Però fu una cavalcata magnifica, scandita dai colpi di Totò Schillaci, il classico eroe per caso. Ci fermarono solo i rigori, gli stessi che ci fecero piangere nel ‘94 e nel ’98. Ma quelle furono lacrime di cui il destino tenne conto: nel 2006 ci ripagò con la vittoria, proprio ai rigori, con la Francia a Berlino.

Così come Italia 90 fu il primo passo verso il trionfo del 2006, allo stesso modo, quello che adesso pensiamo essere l’abisso più profondo della nostra storia, un giorno lo guarderemo con occhi diversi. Capiremo come da quella partita con la Svezia siamo caduti in basso solo per poterci rialzare di nuovo. Perché il calcio, come la vita, riserva sempre una seconda possibilità.

Submit a Comment