Mondiale, presentazione girone F

Posted By on Giu 11, 2018 | 0 comments


Giorgio Dusi

Germania

Il punto di forza – Il percorso tecnico intrapreso sotto la gestione di Joachim Löw ha portato la Nazionale Tedesca a poter contare su una solidità che forse nessun’altra realtà a livello internazionale può vantare. Non si parla solo di tattica, di meccanismi difensivi perfettamente oliati e poche occasioni concesse in campo, ma anche certezze tecniche che difficilmente possono essere scalfite da una serie di risultati negativi (come è peraltro accaduto nel pre-mondiale, cinque partite di fila senza vittorie). La squadra è maturata psicologicamente anno dopo anno fino ad arrivare alla vittoria in Brasile quattro anni fa, e anche quest’anno si presenta ai nastri di partenza con una base esperta di veterani campioni del mondo con il giusto mix di giovani da inserire gradualmente. L’undici titolare – che prevede ancora un dubbio da risolvere sulla fascia sinistra d’attacco tra Reus e Draxler – è una macchina da vittorie, forse il migliore tra quelli che scenderanno in campo in Russia.

Il punto debole – L’unico problema che deve fronteggiare la Germania è al momento quello delle seconde linee, le quali non sono sembrate all’altezza dei titolari soprattutto tra difesa e centrocampo. Dopo aver brillato nella Confederations Cup dell’estate scorsa, le “nuove leve” della Nazionale hanno fatto fatica ad integrarsi insieme ai veterani. La differenza di esperienza è emersa soprattutto nelle ultime due amichevoli contro Austria e Arabia Saudita. Con i titolari in campo nel primo tempo, la Germania ha dominato il gioco e ha gestito il pallone in maniera nettamente migliore rispetto alla ripresa. La differenza maggiore si è notata in fase di non possesso: la squadra è apparsa sbilanciata e ha finito per perdere con l’Austria e quasi per pareggiare contro l’Arabia. Segnali negativi che Löw ha accolto come nuovi stimoli per migliorare, ma la sua squadra dovrà stare particolarmente attenta a non scherzare con il fuoco.

La stella – L’invidiabile quantità di giocatori di altissimo livello all’interno della rosa di Joachim Löw rende la scelta della “stella” un’impresa ardua. Almeno cinque elementi dell’undici titolare potrebbero essere considerati per svariate ragioni gli uomini più importanti della Nazionale. Eppure Mats Hummels sembra avere una marcia in più rispetto a Müller, Özil, Kroos e Neuer. L’idea di calcio della Germania passa per la maggiore dai suoi piedi e dalla sua visione fuori dall’ordinario per un difensore centrale. Il classe 1988 del Bayern Monaco è probabilmente il migliore al mondo nel suo ruolo nel recupero palla alto: la sua capacità di anticipare e leggere le situazioni prima degli altri lo rendono il primo regista della squadra, colui che verticalizza immediatamente per sorprendere le difese avversarie. E in situazioni dinamiche questo permette di avere una fonte di gioco in più, oltre che maggior fluidità senza passare dal centrocampo.

L’obiettivo – Alla vittoria del 1954 seguì un deludente quarto posto in Svezia quattro anni dopo. Peggio andò nel 1978: da campione in carica, in Argentina, Die Mannschaft chiuse il girone di secondo turno al terzo posto dietro Italia e Olanda. A chiudere il cerchio, una dura eliminazione ai quarti di finale negli Stati Uniti nel 1994 per mano della Bulgaria, dopo aver festeggiato in Italia nel 1990. Questi sono i precedenti della Germania quando si è presentata al Mondiale da campione in carica. L’obiettivo è non dare seguito a questo trend negativo, ma provare a confermarsi diventando la terza squadra a vincere due Mondiali in fila. Finora ci sono riuscite soltanto Italia (1934 e 1938) e Brasile (1958 e 1962). A livello di organico e potenza di fuoco della squadra, l’impresa è tutt’altro che impossibile, ma la concorrenza è agguerrita.

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Messico

Il punto di forza – La Nazionale Messicana non può contare su un fuoriclasse di livello mondiale, ma ha una base di talento dei singoli interpreti che può dare speranza per tornare dalla Russia con qualche soddisfazione. Già lo scorso anno la Tri viaggiò verso l’Europa per la Confederations Cup, chiusa con un quarto posto dopo le sconfitte con la Germania in semifinale e il Portogallo nella finale di consolazione, mettendo in mostra ottimi elementi che quest’anno torneranno d’attualità. Soprattutto in fase offensiva, gli spunti dei vari Vela, dei fratelli dos Santos, di Lozano e di Corona o Fabián saranno determinanti per permettere al Messico di essere una credibile candidata al secondo posto nel girone.

Il punto debole – Tutto questo talento offensivo sembra però convogliato male in un gioco offensivo non organizzato nel migliore dei modi. Già in Confederations Cup, unico vero test probante della squadra del CT Osorio negli ultimi tre anni, erano state spesso le palle inattive a salvare il Messico dai pareggi contro la Russia e la Nuova Zelanda (entrambe vittorie per 2-1). Le fasi di gioco un po’ improvvisate non permettono all’attacco di sprigionare il miglior potenziale e la discontinuità degli interpreti stessi complica ancora di più i piani. Stesso discorso in fase difensiva. Il Messico non ha forse davvero capito cosa vuol essere e cosa può essere, ma ha comunque il talento giusto per provare a emergere.

La stella – Il giocatore da tenere maggiormente d’occhio è Hirving Lozano, ala classe 1995 di proprietà del PSV Eindhoven e fresco vincitore dell’Eredivisie da protagonista, con 17 gol e 11 assist all’attivo. Arrivato in Europa l’estate scorsa con gli occhi delle big puntati addosso, può essere il crack del Mondiale, come fu James quattro anni fa in Brasile. Sa unire velocità e tecnica e nei momenti decisivi della partita sarà chiamato a salire in cattedra e guidare il Messico. Nonostante la giovane età, conta già 26 presenze e 7 gol in Nazionale, e punta a diventare un leader tecnico. Dovrà battere una folta concorrenza, ma all’interno della rosa della Tri Lozano è quello che più di tutti dà l’impressione di poter esplodere.

L’obiettivo – Nelle ultime sei edizioni il percorso del Messico è sempre stato lo stesso: qualificazione nella fase a gironi ed eliminazione agli ottavi di finale. Il CT Osorio avrà il difficile compito di provare a portare la sua squadra tra le migliori otto, eguagliando il miglior risultato assoluto a livello storico della Nazionale, ottenuto nelle due edizioni casalinghe del Mondiale (1970 e 1986). Il sorteggio ha sorriso alla Tri, gli accoppiamenti rischiano però di essere complicati. L’obiettivo quarti è alla portata, ma tanto dipenderà dall’avversaria degli ottavi.

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Svezia

Il punto di forza – Come già sperimentato dalla Francia in tempi non sospetti e in seguito dall’Italia al play-off, battere la Svezia e le due linee di difesa e centrocampo organizzate da Andersson è tutt’altro che banale. Il 4-4-2 del tecnico è sicuramente il punto di forza di una squadra che ha un tasso tecnico mediocre, ma si fonda su solidissime certezze costruite in due anni contro avversarie diverse. Soprattutto, però, la possibilità di sfidare attacchi importanti ha permesso al CT di compiere aggiustamenti sempre diversi: fare gol alla Svezia sarà difficile per tutti. E attenzione alle palle inattive: la fisicità della squadra è alta e può fare la differenza. L’Italia, per l’appunto, ne sa qualcosa.

Il punto debole – Da un lato la solidità difensiva, dall’altro la mancanza di talento offensivo. Soltanto Forsberg ha la fantasia per accendere la luce e generare occasioni da gol. Per il resto l’attacco della Svezia sembra sempre brancolare nel buio, alla ricerca di una buona occasione per ribadire una palla in rete. Sono soltanto 4 i gol segnati nelle ultime 8 partite – diverse giocate senza Forsberg peraltro – un numero davvero troppo esiguo e che rende l’idea di come la squadra fatichi a concretizzare la fase offensiva. In più anche la difesa ha alcuni limiti, soprattutto di attenzione per quanto riguarda i terzini e di lentezza per i centrali. A meno che salga di tono Lindelof, unico appiglio per provare a inseguire i centravanti guizzanti che gli scandinavi si troveranno di fronte.

La stella – Come anticipato, la Svezia non può prescindere da Emil Forsberg. Con l’esclusione particolarmente discussa di Ibrahimovic, è l’esterno del Lipsia il giocatore più importante della rosa, oltre che quello più tecnico e talentuoso. Il classe 1991 gioca da esterno sinistro di centrocampo ma tende ad entrare spesso dentro al campo per creare gioco e imbucare per gli attaccanti. Nella stagione 2016/17 ha chiuso con un bilancio da brivido la Bundesliga: 8 gol e 22 assist. Non è riuscito a ripetersi quest’anno, anche a causa di problemi fisici che ne hanno limitato il minutaggio e il rendimento. Ma al Mondiale ci arriva nelle migliori condizioni possibili, con la voglia di dimostrare che l’approdo della Svezia tra le trentadue non è stato casuale.

L’obiettivo – Difficile pensare di andare oltre alla qualificazione agli ottavi di finale. Il primo passo da muovere è passare il girone, non proibitivo (o meglio, parzialmente, visto che la Germania è di tutt’altra caratura) ma nemmeno così scontato. La sensazione è che sarà un testa a testa con il Messico, con la Corea più dietro. Ma la differenza potrebbe farla la qualità, quella che manca alla Svezia. Nelle ultime tre edizioni in cui si è qualificata, la Svezia è sempre andata oltre il primo turno. Fare quattro su quattro è l’obiettivo minimo, oltre sembra invece tutto di guadagnato.

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Corea del Sud

Il punto di forza – Trovare elementi validi in una rosa comunque di basso livello come quella della Corea è complicato. Non è più la stessa squadra che si era presentata in Brasile, un mezzo miracolo di atletismo che poteva mettere in difficoltà chiunque. Ma qualcosa di quelle caratteristiche è rimasto anche a questa rosa: la velocità degli attaccanti e la loro capacità di dare profondità al gioco, oltre alla buona tecnica di base per saltare l’uomo in ogni situazione. Questa dote sembra anche l’unica che può contraddistinguere la Corea e renderla un avversario più o meno insidioso per le altre squadre.

Il punto debole – La mancanza di giocatori di qualità che conoscono il calcio ad alti livelli può pesare tantissimo. Soltanto in cinque militano in Europa, quattro in un top campionato e solo due hanno giocato almeno una coppa europea. Questa mancanza di esperienza in una competizione come il Mondiale rischia di essere pesantissima, anche solo per riuscire a strappare una vittoria in un girone comunque difficile per la caratura della Corea.

La stella – L’unico appiglio sembra essere Heung-Min Son, l’ala del Tottenham che si è messa in luce soprattutto negli ultimi due anni. Il classe 1992 è indubbiamente l’elemento di maggior interesse della squadra, oltre che il leader tecnico: la sua velocità deve essere decisiva per provare a far cambiare passo alla squadra e a garantire un minimo di imprevedibilità a un attacco che per il resto non può fare affidamento su star di primissimo piano.

L’obiettivo – Prima di tutto la Corea dovrà cercare di non sfigurare, essendo inserita in un girone relativamente difficile in cui rischia di diventare la squadra materasso. Saranno ovviamente determinanti le partite contro Messico e Svezia, le due avversarie alla portata che gli asiatici dovranno impensierire. Se dovesse arrivare poi un passaggio agli ottavi, potrebbe essere già considerata una grande vittoria.

실롱스키스타디움(Silesian Stadium, 호즈푸, 카토비체, 폴란드)/ 남자 축구 국가대표팀 친선경기/ 남자 A대표팀/ 폴란드 vs 한국/ 손흥민/ 사진 이연수

실롱스키스타디움(Silesian Stadium, 호즈푸, 카토비체, 폴란드)/ 남자 축구 국가대표팀 친선경기/ 남자 A대표팀/ 폴란드 vs 한국/ 손흥민/ 사진 이연수

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