La nuova Inghilterra, non più Perfida Albione

Posted By on Giu 18, 2018 | 0 comments


Matteo Quaglini

Comincia stasera il 15° mondiale dell’Inghilterra. Un’Inghilterra nuova nell’idea tattica, nella filosofia del gioco, nella costruzione dell’intero sistema di squadra fondata su tre pilastri: la difesa a tre; il Tottenham e il Manchester City; il talento giovane. E’ il cuore più aperto ad un calcio progressista, moderno e internazionale, quello che pulsa nell’Inghilterra di Gareth Soutgate allenatore capace di introdurre un’idea di costruzione della squadra fondata sullo studio di soluzioni tattiche differenti dalle conosciute e stereotipate vecchie e conservative alchimie.

Il nuovo corso è interessante e suggestivo, affidato a un concetto preciso: il cambiamento. E’ questo l’aspetto, degli inglesi, più marcato al via del mondiale. Ed è anche il concetto che in una parola racchiude i tre pilastri rendendoli la base di una costruzione non più fondata suoi nomi altisonanti e spesso incompatibili tra di loro, ma impiantata su una struttura che ruota attorno all’organizzazione.

Due le idee, una che viene dalla Germania e l’altra dall’Olanda, che la Football Association ha mutuato per organizzare la nazionale come fosse un club: dai rivali di sempre è stata presa la struttura piramidale delle nazionali minori, tutti dall’Under 17 all’under 21 si allenano con gli stessi sistemi e principi. Una squadra nelle squadre quindi, non più un gruppo. Dagli anticonformisti e fascinosi olandesi, figli di Michels e Cruijff l’idea di giocare di là, nella metà campo avversaria.

Un concetto, quest’ultimo, che nasce e cresce nella Premier, il campionato più internazionale di tutti. Il campionato che con la sua Nba degli allenatori sperimenta, dal 2000 a oggi, l’alternanza delle tattiche, degli stili di gioco, il modernismo del calcio, contribuendo a formare l’Inghilterra che vedremo stasera contro gli orgogliosi tunisini.

E qui tutti gli elementi proposti dall’Inghilterra s’incontrano sintetizzati dall’unico punto che è rimasto a difesa della tradizione: l’allenatore. Orgogliosamente inglese. I tempi di Eriksson e Fabio Capello sono finiti, meglio uno di casa per guidare la rivoluzione, novello Olivier Cromwell. Gareth Soutgate, ai mondiali del 1998 in Francia, era giocatore, mentre oggi guida l’idea nuova di giocare non più da isolazionisti ma da continentali europei. Con la palla, le transizioni, il gioco largo di Trippier e Young, il cuneo offensivo Sterling-Allì-Kane.

La chiave più interessante di stasera sarà, appunto, l’espressione tattica dell’ex Perfida Albione, per dirla con Napoleone, il primo pilastro. La difesa a tre inglese è come quando il Brasile di Lazzaroni giocò con 5 difensori il mondiale italiano del 1990, o come quando l’Italia cercò di giocare all’europea con la zona pressing di Sacchi il mondiale americano quattro anni dopo, è un’eresia manifesta nell’ortodossia.

Una meravigliosa eresia, finalmente. Finalmente, perché l’Inghilterra ha abbandonato il classico concetto dei “Sir” Gerrard, Rooney, Beckham, Scholes, Lampard che avrebbero dovuto risolvere tutto come facevano nei loro club e che invece, pur grandissimi, in nazionale scomparivano. L’ha fatto per abbracciare lo schema della tavola rotonda di re Artù, tutti insieme si pensa, tutti insieme si gioca, tutti insieme si attacca l’avversario.

Questa mentalità è il frutto dell’impostazione tattica innovativa dei tre difensori che costruiscono dal basso. Ripresa da Guardiola e atta a chiamare il collegamento tattico con i quattro centrocampisti: i due centrali, Henderson e Dier, che mantengono l’equilibrio e i due laterali che stando già larghi in partenza, corrono e allargano la struttura difensiva avversaria per permettere, in un gioco di scambi interni, ai due trequartisti Allì e Sterling di giocare al centro del campo la palla in verticale per Kane.

Il gioco strutturato di Guardiola, la verticalità anche se approcciata in maniera differente del Liverpool di Klopp, se l’Inghilterra oltre a questi due aspetti, già da stasera, aggiunge anche il gioco difensivo senza palla di Mourinho, ha serie possibilità di essere protagonista al mondiale.

L’organizzazione tattica è l’aspetto che più occorrerà studiare contro la Tunisia, il focus di un’idea che deve da subito dare i suoi frutti, il cuore che deve pulsare forte dal primo all’ultimo minuto, perché potrebbe costituire una diversità con l’Argentina, il Brasile, la Germania, la Francia e la Spagna, tutte più forti degli inglesi, tutte maledettamente in difficoltà tattica contro avversari meno forti nella prima partita.

Il calcio però è anche talento. E allora l’Inghilterra del nuovo corso, quella che ha abbandonato la prudenza alla Wellington per sposare il coraggio della creatività, si è attrezzata al meglio. In difesa Stones, Ruben Loftus-Cheek a centrocampo, Allì e Sterling sulla trequarti, Kane e Rashford in attacco. C’è molto Manchester City e molto Tottenham non a caso. La squadra campione d’Inghilterra che ha dominato il campionato attaccando da una parte e quella che gioca un calcio propositivo fornendo i perni alla nazionale dall’altra, a conferma che anche l’anima è cambiata: poco Manchester United, poco Chelsea, poca Inghilterra “Old-Style”.

Ed è un bene. Perché chi fa sempre la stessa mossa ottiene sempre li stessi risultati. E se la mossa è sbagliata, i risultati sono fallimentari. Stasera contro una Tunisia che giocherà la sua partita a viso aperto l’Inghilterra dovrà mostrare movimento, coordinazione, ritmo, gioco offensivo e tiri in porta. Un campionario di tratti che indichino come le ”mosse” degli inglesi sono cambiate nella testa e nei piedi, con una possibilità grande al pronti via, dimostrare di essere più delle altre grandi una squadra vera sin dalla prima partita.

A Volgograd contro la Tunisia scende in campo un’Inghilterra tecnicamente meno affascinante di quella vincente del 1966, di quella spocchiosa del 70, di quella imbattuta dell’82, di quella dei numeri 10 Barnes, Gascoigne, Waddle del 1990, ma più squadra.

Una squadra più organizzata, più consapevole, più giovane, più dentro un progetto studiato. Seppur meno forte, in partenza, delle altre potenze, seppur meno abituata alla vittoria del Portogallo campione d’Europa, seppur con l’incognita portiere rispetto a un passato che nel presente non ha più prodotto gli Shilton e i Ray Clemence o i Gordon Banks, e che la mette in difetto rispetto alle grandi e al Belgio, l’Inghilterra di Soutgate è pronta. Pronta a dire che il mondiale si può vincere. Si vincere, nonostante abbia avuto squadre più grandi, vincere veramente stavolta come nel 1966.

Submit a Comment