L’Inghilterra, ci crede

Posted By on Giu 19, 2018 | 0 comments


Matteo Quaglini

Vince l’Inghilterra, vince e convince anche se la Tunisia meritava il pareggio. Vince l’ex-perfida Albione e segna una piccola e importante differenza, assieme alla Francia, con le altre grandi del mondiale. Perchè è vero che a volte il risultato tende a forviare i giudizi, ma è anche vero che sono i piccoli dettagli a segnare i percorsi verso la vittoria.

La vecchia Inghilterra, quella dei “Sir” avrebbe pareggiato alla fine senza insistere, senza crederci, senza cambiare. E, al di là del punto, avrebbe lasciato un vuoto dentro se stessa che avrebbe, come sempre, creato un buco nero nella corteccia flemibile della sua impalcatura.

La nuova Inghilterra ha invece vinto all’ultimo tuffo in classico stile Germania. Ha attaccato frontalmente alla maniera della Spagna, pur non possedendone il palleggio ancora fluido e superbamente tecnico. Ha creduto nella sua idea come le grandi squadre di Guardiola. Ha, insomma, vinto i suoi difetti e le sue ataviche paure.

E’ questo l’aspetto più importante dell’esordio di ieri dell’Inghilterra: l’aver accettato di mettere in pratica, nelle difficoltà, la sua idea. Senza rinunce alle prime avversità, senza dubbi ai primi contrasti vinti dai tunisini, senza il timore che ti prende le gambe, ti circonda il cuore, ti batte nella mente, di non farcela più.

L’Inghilterra di Kane è stata, ieri, una squadra di mescolanze e forza. Mescolanze, perchè attaccando aggressiva all’inizio, portando molti uomini in area nel secondo tempo, battendo due calci d’angolo tesissimi, ha messo in mostra il suo modernismo tecnico, la fluidità finalmente trovata in sostituzione del suo storico gioco monocorde.

La forza invece si è manifestata nell’ultimo quarto d’ora del secondo tempo, quando è stato necessario per fronteggiare il 5-3-2 della Tunisia, attaccare frontalmente. Inizialmente questa scelta tattica è apparsa impropria e scorretta, meglio allargare sulle corsie esterne dove correvano Trippier e Young, meglio cambiare modulo passando magari ad un 4-3-3 più elastico, meglio lasciare in campo Sterling con Rashford anzichè sostituirli l’uno con l’altro. Sembrava sbagliato fermarsi all’immobilismo del 5-3-2 – 3-5-2 in fase di possesso, dell’inizio partita che pure aveva fruttato molte azioni, varie palle gol, e la rete di Kane.

Eppure. Eppure è stato giusto scegliere l’attacco frontale. Napoleone Bonaparte usava questa strategia di movimento offensivo contro gli avversari, nell’ultima parte della sua carriera militare. Uno contro uno, e vince il più forte nella forza d’urto. Può andare bene molte volte, male magari nel momento in cui ti serve davvero.

L’Inghilterra ha scelto questa tattica non perchè fosse l’unica possibile, ma perchè credeva con essa di battere la Tunisia. E’ importante questo aspetto filosofico-tattico degli inglesi, perchè spiega un grande principio dello sport di squadra: la grande squadra usa la tattica e la strategia che serve per vincere, in quel preciso momento. Non un’altra, non quella che suggerisce la fantasia, il guizzo, l’intuizione, no usa quella più adatta. E nell’usarla sa che la porterà al raggiungimento del risultato.

Allora pur con un Allì capace di un solo inserimento in tutta la partita, con un gioco offensivo che si acceso solo a tratti, con nessun tiro nello specchio nel secondo tempo, gli inglesi hanno dato l’idea, a stessi e agli altri, che il loro modo di venire avanti fosse quello opportuno alla situazione. Hanno stretto gli avversari nella loro metà campo, hanno portato uomini nell’ultimo perimetro veramente importante e decisivo del gioco del calcio, l’area di rigore. E hanno segnato.

Hanno segnato con kane proponendo la seconda diversità del mondiale: la risolutezza di un giocatore che finalizza un’idea. Ed anche in questo sono stati una mescolanza, ordinati come il gioco portoghese e risoluti con il loro “Uragano” come è stato re Cristiano contro i fratelli di Spagna. Due quindi, alla fine del primo round mondiale, i tratti dell’Inghilterra: la consapevolezza nella sua idea, la fede nel suo credo. E dall’altra, la capacità di sintesi con due colpi del suo miglior giocatore, Kane.

Un vantaggio già preso, di un passo, sulle altre grandi che per ora non credono nella loro tattica, non hanno fede nei loro bomber, come Sampaoli si è incaricato di confermare non mettendo Higuain nella partita con L’islanda, non hanno la continuità di un movimento offensivo se è vero che pure il Brasile si è spento sul muro dell’antico ma sempre efficacie catenaccio svizzero. E’ ancora la prima partita, è ancora presto, ma un vantaggio seppur minimo se ben difeso può portare al successo finale, magari all’ultimo minuto su calcio d’angolo.

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