Allenare a Parma

Posted By on Giu 21, 2018 | 0 comments


di Carlo Mezzadri

 

Quando si allenavano nel Parco della Cittadella, (fortezza del XVI secolo nel cuore di Parma) era meglio: lì, potevano tenerli  d’occhio tutti i momenti. E potevano discutere, anche. Direttamente col Mister, e comunque sempre con quella cordialità, arguta e magari un po’ burbera, che i Parmigiani hanno con la gente di famiglia.

E l’allenatore altro che se è di famiglia: come un parente importante, a cui si deve rispetto e discrezione: tutti gli allenatori hanno potuto camminare per il centro città, andare in bicicletta, frequentare teatro, cinema, ristoranti, Da Cochi, Don Alfonso, Dolce Vita, come persone di famiglia, senza essere assillati da tifosi invadenti.

“A Parma non è difficile vivere, a patto di saper dar ragione all’interlocutore in una discussione a carattere musicale o gastronomico” diceva Maria Luisa d’Asburgo-Lorena, di professione Duchessa Regnante di Parma, Piacenza e Guastalla. (D. Colombo, Maria Luigia, la Buona Duchessa). Non sappiamo se gli allenatori di professione si siano comportati in tal senso, fatto sta che molti si sono integrati perfettamente nel tessuto della città.          Perfino Ancelotti, guardato con sospetto all’inizio in quanto reggiano, che all’inizio non era visto con favore, e poi si ostinava a far giocare un certo Crespo, che allora non piaceva a tutti.

 

Altri allenatori, però, hanno avuto un rapporto  meno fortunato con la città: Malesani, ad esempio, seppur vincitore di 3 Coppe in 100 giorni, non abitava a Parma, faceva una spola quotidiana con Verona, non legò mai con la città, Così come Cagni, Cuper, Guidolin che divise i tifosi più che unirli.

 

Altri sorprendevano un po’ tutti: Ulivieri, estroso e sanguigno, apparve in un corteo pubblico durante una manifestazione del 25 aprile, Beretta che si fermò a Parma per salutare alcuni tifosi e così finì a fare uno spuntino, pane e salame, con loro, al bar del Tardini, Vitali che si fermava a giocare a carte con i tifosi e contribuì anche alla coreografia del tifo, Prandelli, ancor oggi di passaggio, si ferma a salutare i tifosi.

 

E D’Aversa? Piacciono di lui il suo intuito psicologico e la sua capacità motivazionali, chi non ricorda i suoi continui richiami ai giocatori a pensare e parlare solo della prossima partita, piacciono il suo abitare a Parma, il suo innato stakanovismo, le sua assunzione di responsabilità, in ogni occasione. Insomma, è uno che si suda la maglia. E questo, da queste parti, conta.

 

Parma, accoglie, sostiene, lascia lavorare,vigila,delira per la A, ma non fa sconti a nessuno. Qui i tifosi sono come i loggionisti: puoi essere un bravo tenore, ma se stecchi ti fischiano; ma sono anche i primi a riconoscere la personalità ed il talento, dell’allenatore,dell’uomo.

 

Un giorno ci fu chi disse di un allenatore che avrebbe fatto tanta strada, perchè capace di lavorare nella testa dei giocatori. Si parlava di Carlo Ancelotti. C’è chi dice che, quel giorno, da lassù, anche Maria Luigia annuì.

Submit a Comment