Germania, la caduta degli dei

Posted By on Giu 28, 2018 | 0 comments


Giorgio Dusi

Aveva ragione Oliver Bierhoff. L’unico uomo a vedere delle crepe in un sistema che sembrava apparentemente perfetto, il famoso “modello tedesco”, il progetto a lungo termine che doveva portare la Mannschaft in cima al mondo, come effettivamente è avvenuto, e farcela rimanere per più anni. E sognare un repeat che manca dal 1962, quando il Brasile si prese la seconda Coppa del Mondo consecutiva.

Oggi quel repeat più che un sogno è diventato un incubo. La Germania non usciva ai gironi dal 1938, basterebbe questo dato per renderci conto di quanto sia clamorosa l’eliminazione prematura da Russia 2018. Arrivata meritatamente, dopo tre partite pessime, ma comunque strana anche soltanto da concepire: come ha fatto quella squadra che sembrava perfetta ad arrivare così in basso? Come ha fatto Löw, dopo anni di gestione magistrale, a sbagliare tutto in questo modo?

Contro la Corea in campo si sono rivisti i problemi della Germania delle prime due uscite, ma elevati all’ennesima potenza da una frenesia che non è mai appartenuta negli ultimi anni alla squadra. Mancava la calma di palleggiare, di cercare di costruirsi degli spazi. Si è preferito troppo spesso buttare una palla in avanti e sperare andasse sui piedi del giocatore giusto, da fermo. Situazioni reiterate che non hanno portato a nulla, né nel corso dei 90 minuti, né nel finale. L’unico elemento di rottura è stato un difensore con i suoi inserimenti, Mats Hummels, il quale ha però mancato più volte il possibile gol qualificazione.

Si fa comunque fatica a trovare note positive nella partita della Germania, così come nel Mondiale. Il primo tempo sembrava promettere bene, se si escludono gli ultimi 20 metri, in cui Timo Werner ha fatto estrema fatica a giocare. Nella ripresa l’inserimento di Gomez ha portato un riferimento, ma più lentezza. E tanti gol divorati che potevano scrivere una storia diversa.

Nella valigia verso casa la Germania si porta dietro ovviamente i rimpianti per non aver mai disputato una partita all’altezza del proprio nome. E non solo per una questione di gamba, palesemente mancata dopo i carichi nel ritiro pre-Mondiale, accusati eccessivamente dalla squadra. Anche di testa è mancato qualcosa, quel quid che poteva far fare il salto di qualità a una squadra che sembrava essersi presa delle pause, ma mai nessuno avrebbe immaginato così lunghe.

L’epilogo si fa fatica anche a crederlo, nonostante lo si abbia visto. Eliminazione ai gironi. Da campioni in carica. Nonostante il cambiamento, il nuovo corso, la voglia di ripartire dai giovani. E ora il sistema tedesco è chiamato a un’altra impresa: far rialzare la testa a questa squadra per due anni e aggredire Euro2020. Perché, per quanto grossa, l’eliminazione non è una delusione che può e deve fermare la Germania.

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