Belgio, vittoria a metà in stile Januzaj

Posted By on Giu 29, 2018 | 0 comments


Giovanni Rosati

È stata una delle migliori squadre della fase a gironi di questo Mondiale per il gioco espresso, una delle tre a punteggio pieno assieme ad Uruguay e Croazia nonché la più prolifica della competizione, con 9 reti all’attivo. Ciononostante, il successo del Belgio sembra lo stesso avere il sapore di un successo a metà.

Pro e contro del primato – Se da una parte il primato nel Gruppo G permetterà alla selezione di Martínez di affrontare il Giappone anziché la Colombia agli ottavi di finale, dall’altra lo ha inserito nella metà sinistra del tabellone delle fasi eliminatorie, di gran lunga più complicata rispetto alla metà destra. Nel caso in cui il Belgio superasse il primo ostacolo si troverebbe di fronte la vincente di Brasile-Messico, e anche in caso di semifinale incontrerebbe la migliore tra Uruguay, Portogallo, Francia e Argentina prima di potersi qualificare alla finale del 15 luglio.

La “sconfitta” Inghilterra avrà dal canto suo un avversario ben più ostico rispetto ai nipponici agli ottavi, la Colombia di James Rodriguez e Falcao. Eppure prima delle semifinali, in cui eventualmente affronterebbe con tutta probabilità una tra Croazia e Spagna, avrebbe vita piuttosto facile ai quarti, dove troverebbe la vincente di Svezia-Svizzera. E si sa, vincere aiuta a vincere, a far nascere una cultura della vittoria da cui trarre poi forza anche in sfide proibitive come quella che l’attenderebbe più tardi.

La vittoria delle seconde linee – Con le due Nazionali già qualificate al turno successivo, era indubbiamente logico ipotizzare che i ct ricorressero al turnover per avere nella miglior condizione i propri calciatori nelle sfide ad eliminazione diretta. Certo, forse ciò che non ci si aspettava era uno stravolgimento totale dei due schieramenti, in cui sono stati utilizzati dal primo minuto soltanto tre titolari su venti (escludendo i portieri).

Il Belgio ha riproposto rispetto agli altri due starting XI il solo Boyata, probabilmente il meno titolare tra i titolari, l’Inghilterra solo Loftus-Cheek (dal 1’ solo contro Panama) e Stones, che si è avvicendato nell’intervallo con Maguire. Vedere così tante riserve in campo contemporaneamente può aver indotto gli spettatori a pensare che nessuno dei commissari tecnici volesse realmente vincere quella partita, e non si può effettivamente escludere che sia andata proprio così. Però il gol vittoria alla fine è arrivato e ha portato in dote, se non la sana gioia del primato, quantomeno quella personale di Adnan Januzaj, talento fragile e promessa mai mantenuta.

Promessa di marinaio – Se ne sta parlando molto dopo la rete che ha deciso il Gruppo G perché effettivamente ha una storia da raccontare. Januzaj è innanzitutto l’emblema della contemporanea fluidità assunta dalla parola “nazionalità”. Suo padre Abedin è nato in Kosovo, stato che non possiede però una selezione calcistica riconosciuta dalla FIFA, i suoi genitori sono etnicamente albanesi, i suoi nonni serbo-turchi e lui è nato a Bruxelles, in Belgio. Avrebbe potuto scegliere di giocare per tutte queste Nazionali, da cittadino di un mondo in cui le culture si incontrano e uniscono in armonia.

Il secondo punto di interesse riguardo Januzaj è la parabola di un predestinato che non riesce mai a trovare compimento. Arrivato a 16 anni al Manchester United come potenziale craque del calcio mondiale, il talentino è stato promosso appena maggiorenne in prima squadra per poi girovagare senza meta per l’Europa, frenato dal fisico cagionevole e da una continuità di prestazioni che non gli hanno mai permesso di sbocciare per davvero. Trovato il gol e riabbracciate per qualche giorno le luci della ribalta, Januzaj tornerà in panchina già dalla prossima e con tutta probabilità di lui si ricomincerà a parlar poco, in un’altalena mediatica che tanto si lega al saliscendi della sua evoluzione calcistica.

La soddisfazione di aver chiuso il girone a punteggio pieno ha lasciato ora il posto alle riflessioni riguardo il cammino poco fortunato che attenderà il Belgio d’ora in avanti, ma la Nazionale di Martínez ha fatto vedere che col talento che ha nulla può esserle precluso. E qualche spina può anche esser sopportata se si vuol cogliere la rosa più bella.

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