Arriva ai quarti di finale l’Inghilterra superando anche la sua nemesi storica, i rigori. Gli stessi rigori che le sbarrarono la strada all’Europeo di casa nel 1996, ai mondiali francesi di due anni dopo, ancora agli Europei del 2008. Nemesi sotto forma di rigori, a interrompere sempre il sogno di rivincere un titolo internazionale dal 1966, l’anno dei baronetti campioni del mondo, dei Beatles, del Liverpool di Bill Shankly e dell’Inghilterra-Germania più controverso della storia non solo calcistica.
Quando si battono anche le paure più invalicabili e costantemente presenti, in modo ciclico e rituale, nella vita, allora si è un passo avanti verso l’obiettivo. Non è una legge matematica, ma nello sport costituisce un segnale chiaro e preciso. Al minuto ’94 gli inglesi erano avanti alla Colombia di un gol, un solo gol ma sufficiente a vincere e a qualificarsi ai quarti. Un gol segnato, guarda il caso della vita sportiva, su rigore procurato da una grossa ingenuità dell’ex-Fiorentina Carlos Sanchez, capace di affossare anche un gigante d’acciaio come Kane. Un gol, il sesto in questo mondiale, del centravanti del Tottenham in grado di spostare l’ago della bilancia a favore dell’Inghilterra in una partita spigolosa, arcigna, tattica, ruvida e dura a tratti durissima negli scontri di gioco.
Ma il calcio si sa è imprevedibile e in questi mondiali ancora di più, visto gli “scalpi” raccolti da squadre indiane sulle classiche formazioni da West americano, quelle imbattibili per nome, blasone e storia. E nella sua imprevedibilità il calcio ha consegnato su calcio d’angolo, la pietra miliare di una prestazione colombiana altrimenti opaca e al di sotto della sua qualità di gioco, un pietra simboleggiata da un colpo di testa di Mina. Sull’1-1 le certezze inglesi per un attimo hanno vacillato, ecco qua si saranno detti i giocatori di Soutgate ci risiamo con la solita minestra, col solito “pudding”, col solito thè delle cinque. Insomma con la solita storia dell’Inghilterra grigia, nuvolosa e assente al mondiale quando il momento conta e si decide.
Al gol colombiano il pensiero non è andato ai supplementari, ma ai rigori. Ce la giochiamo, inconsciamente, ai rigori per superare l’ostacolo e dimostrare a se stessi che le vecchie paure sono appunto vecchie. E vecchie si sono, alla fine, rivelate.
Vince l’Inghilterra 4-3 dagli undici metri e vola ai quarti dove troverà la Svezia da tutti derisa, noi compresi, da tutti sbeffeggiata per il gioco utilitaristico e muscolare, ma capace di essere lì tra le prime otto del mondo. Per batterla gli inglesi dovranno giocare meglio di ieri sera, perché la dea bendata non concede due volte i favori ai suoi sudditi pagani.
L’Inghilterra di ieri è mancata nella costruzione d’attacco, negli inserimenti con Allì e Lingard, nella fluidità della manovra. In quest’assenza di gioco offensivo ha però fornito la prestazione difensiva che le si chiedeva nel pre-gara e ha ribadito la sua micidiale forza sulle palle inattive, quando è Trippier a sventagliare la palla nell’area avversaria. Troppo poco però e il gol subito alla fine rappresenta una sorta di buco nero a certificare come tutta la costruzione precedente sia stata sufficientemente buona, ma non perfetta.
Contro una Colombia priva di James Rodriguez e quindi priva del suo regista nel gioco offensivo e con un Cuadrado schierato seconda punta anziché largo a destra, il gioco dei meccanismi difensivi che si dovevano aprire e chiudere con i tempi giusti a seconda della giocata corta o lunga della Colombia, è stato più facile da attuare e anche più comodo da fronteggiare per gli inglesi.
Per questo Soutgate ha lasciato il 3-5-2 di partenza accantonando il 3-4-3 ipotizzato alla vigilia: Lingard è sempre la chiave di tutta l’impalcatura di centrocampo nel ruolo di mezzala, gli esterni con Cuadrado in mezzo non devono fronteggiare correndo velocemente all’indietro un velocista, basta stringersi con i tempi conosciuti a cinque e il gioco è fatto.
Il gioco basso su Falcao è stato assente e allora i tre centrali hanno mantenuto la superiorità. Insomma una Colombia incapace di cambiare per novanta minuti ha quasi paradossalmente adagiato i Tre Leoni sulla loro tattica conosciuta, il gol ha completato l’opera 1-0 e siamo ai quarti. Mai pensare così nel football. Le cinque punte finali dei sudamericani hanno risvegliato l’Inghilterra che incredibilmente, però, ha perso lo scontro nel gioco aereo seppur Mina sia bravissimo in questo fondamentale.
Allora la difesa come emblema di vittoria è venuta meno, in un sol colpo. Ci sono voluti undici metri di volontà, forza, precisione e deviazioni per battere la Colombia e tornare nelle prime otto del mondo pur mantenendo ancora l’incapacità di vincere un’eliminatoria diretta. D’altronde anche Hontario Nelson a Trafalgar o Wellington a Waterloo, a un certo punto delle rispettive battaglie, hanno dovuto tirare di cannone dopo aver “difeso” per ore la posizione minima, per vincere.