Vincenzo Boscaino
Walt Whitman diceva che le battaglie “sono perdute con lo stesso spirito con cui vengono vinte”. Da sempre, la parte romantica del mondo cerca di dare spiegazione e nobiltà alle sconfitte. Il tema della sconfitta che forgia lo spirito, il lottare anche se destinati a perdere, è un elemento centrale che ci spinge a vedere con occhi diversi chi non ce l’ha fatta. D’altronde, “il piacere dell’erudizione è riservato ai perdenti. Più cose uno sa, più le cose non gli sono andate per il verso giusto” sosteneva Umberto Eco, capovolgendo la dignità di vincitori e vinti.
Francia-Croazia ha posto la questione su un piano diverso, nuovo. La vittoria e la sconfitta passano in secondo piano, prima viene l’impresa, le gesta, la storia. La Croazia non doveva e non poteva arrivare dove è arrivata. Mettendo da parte le favole dei mondiali vinte dall’Uruguay, dove oggettivamente era un altro “calcio”, mai una nazione cosi piccola si era spinta così avanti. Quattro milioni di persone che ne valevano sessanta, una nazione giovane contro chi ha inventato il concetto di nazione. Il nuovo contro il passato che ritorna sempre e sempre più forte.
Il risultato è importante. Forse l’unica cosa che conta, sostengono alcuni. Ma se in fondo Itaca è il viaggio, la Croazia ci ha regalo un giro gratis sulle montagne russe delle emozioni. Abbiamo trattenuto il fiato quando per due volte è andata ai rigori, ci eravamo dispiaciuti quando ormai credevamo che l’Inghilterra l’aveva sopraffatta, siamo saltati sul divano quando Perisic ha dato linfa vitale al sogno “mondiale” in finale. Cosi piccola ma così grande, la Croazia ha creato una geografia nuova, in cui si ergeva grandissima su ciò che la circondava.
Negli occhi dei giocatori durante la premiazione si poteva vedere il dispiacere profondo e violento che provavano. Fieri, ma delusi. A parlare, prima di tutti gli altri, è il capitano Modric che ha vinto il pallone d’oro del torneo: “Bisogna aspettare che le emozioni si calmino. Siamo stati la squadra migliore per gran parte dell’incontro, ma ci hanno seppellito quei gol sfortunati. Così, i francesi festeggiano, ma noi siamo orgogliosi”. A testa alta il talento del Real: “Abbiamo lasciato il nostro cuore sul terreno di gioco. Abbiamo dato tutto quello che avevamo dentro. Purtroppo, abbiamo perso, ma in Russia abbiamo fatto qualcosa di cui ci si ricorderà molto a lungo”.
Dopotutto, le cose non sono andate per il verso giusto. Ma forse, il destino di certe squadre e di certe storie è quello di essere ricordate per quello che hanno generato e non per come sono finite. Certe favole vengono valutate per la somma di ciò che hanno raccolto durante il percorso e non per quello che hanno ottenuto alla fine. Alcune storie sono troppo belle e intense per finire bene.
Oggi, agli occhi del mondo, la Croazia ha un fascino diverso, unico, inarrivabile. Quel pezzo di terra adagiato sul Mediterraneo, da oggi, farà un po’ più rumore nel mondo. Prendendo a prestito le parole di Baricco, la Croazia oggi ha quella bellezza di cui solo i vinti sono capaci e la limpidezza delle cose deboli. E la solitudine, perfetta, di ciò che si è perduto.
È un arrivederci, non un addio.