Un cambio all’antica da la vittoria al Tottenham, è il segno del grande allenatore

Posted By on Nov 7, 2018 | 0 comments


Matteo Quaglini  La chiave era nei cambi, nelle strategie impreviste dagli olandesi. E così è stato quando Pochettino ha chiamato in causa Llorente, l’ex centravanti della Juventus redivivo Joe Jordan squalo del Leeds United anni ’70. Joe Jordan era un centravanti fortissimo di testa, sdentato, cattivo nel gioco delle spallate, in aerea sul gioco aereo rappresentava il pericolo massimo per le difese inglesi ed europee. Fernando Llorente è più elegante di Jordan, lungagnone come lo scozzese è però più agile, ma come il vecchio squalo dei mari britannici del decennio post Beatles la sua arma migliore è il colpo di testa.

Lo sapeva Mauricio Pochettino, allenatore della “new generation” del gioco palla a terra tutto trame e fraseggio, di avere questa soluzione in panchina e di poter cambiare in caso di emergenze le sorti della sua squadra con un cambio vecchia maniera, la classica punta di arrembaggio e forza fisica.

I cambi dunque, il mantra che l’allenatore argentino aveva ripetuto silentemente e tra le righe per esorcizzare il pericolo di un’eliminazione anticipata. Così l’allenatore che ama House of Cards aveva preparato l’assalto alla porta di Zoet sull’impresentabile terreno di Wembley, con l’idea di attingere dalla panchina le giuste soluzioni con il giusto tempo d’ingresso che avrebbero disorientato la linea difensiva olandese e che avrebbero fatto vincere i suoi ancora immaturi giocatori.

Che il cambio giusto sia stato Llorente potrebbe sembrare un caso, il vezzo del destino pallonaro. Invece si lega a due elementi della partita. Uno l’abbiamo già individuato: l’allenatore Pochettino del Tottenham. L’altro è il campo, Wembley lontano anni luce dalla sua fama e dal suo passato. Un campo fastidioso e indecente per la coppa più glamour del pianeta, un campo che con la sua zollatura ai limiti del praticabile si erge ad avversario tanto dei padroni di casa che degli “orange” e che nulla ha a che vedere col concetto di prato all’inglese magnificato nel tennis d’autore da Wimbledon. Un campo di gara però che condiziona e incide sul risultato della partita. Non un caso infatti che tra due squadre votate al gioco rasoterra il gol decisivo dell’incontro sia arrivato di testa, su gioco aereo.

E qui si ritrova il collegamento con Llorente che nei venti minuti finali, quelli che separavano il Tottenham da un’eliminazione precoce e polemica, va a giocare da secondo centravanti al fianco di Kane, fin lì “Uragano” domato dalla difesa di Van Bommel. Duetta, raddoppiando la necessità al Psv di marcare il centro dell’area e il suo limite, con Kane e nell’attirare su di se il pallone permette all’altro centravanti di rientrare in partita e tirare in porta il pareggio che ridà la speranza di farcela.

La strategia dei cambi, un pragmatismo fondamentale che si è sublimato al minuto ’89 della partita quando un cross di Davies dalla sinistra ha trovato, in un’area preoccupata dai due colpitori classici, la testa di Kane per il 2-1 che riaccende le speranze e fa vincere il Tottenham in rimonta riequilibrando il girone e la partita persa, sempre di testa, contro l’Inter all’esordio Champions. I cambi di giocatori e di sistema col 4-2-4 finale e il doppio centravanti hanno tenuto in piedi la squadra londinese.

Mauricio Pochettino ha aiutato la sua squadra con la sua maturità. E il tutto ha confermato come la squadra nel suo collettivo sia ancora un passo indietro a un allenatore che inizia a esser ricercato dai grandi club. Sì perché i grandi club sanno vedere tra le righe di una conferenza stampa quale sarà la strategia che l’allenatore adotterà e riconoscendola, riconoscono anche il grande generale. Se il Tottenham è ancora in corsa e deciderà il suo destino contro l’Inter il 28 novembre, lo deve all’argentino di Murphy: stratega maturo dei cambi che valgono una partita.

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