Juventus e Panini Modena, la saga di squadre stellari

Posted By on Mar 27, 2019 | 0 comments


Matteo Quaglini

 

La genesi di una saga, si sa, sta in un’idea. Un’idea semplice e avventurosa, legata ad un viaggio che abbia il coraggio e la fortuna di durare nel tempo. Così sull’afflato romanzesco e spregiudicato di qualche visionario sono nate, nella storia dello sport, grandi squadre.

Un processo progressivo e incessante che ha trasformato l’idea in uomini, gli uomini in sodalizi, i sodalizi in vittorie grandi e imperiture. Un gruppo industriale – artigianale ha creato nella Modena degli anni ’60 la Panini, la squadra più famosa della pallavolo italiana. Un pugno di studenti liceali giocando a pallone in Piazza d’Armi a Torino, sognò la “gioventù” volgendola col nome che ancora oggi ne racconta la gloria, Juventus.

Due idee ardite, d’annunziane, lungimiranti e durature. Due idee nate in città diverse, l’aristocratica Torino che guarda alla Francia sorella d’oltralpe e l’ex Ducato della Via Emilia per dirla con una suggestiva definizione del grande Edmondo Berselli.

Raccontarle dalla loro genesi ad oggi è esercizio di ricerca e passione, la stessa che Benito e Giuseppe Panini industriali delle famose figurine e i ragazzi del Massimo D’Azelio misero nel perseguire il sogno di dare corpo e anima all’idea del loro cuore. Questo è il racconto, in quattordici appuntamenti dagli inizi ai giorni nostri, della saga delle due squadre più famose e vincenti in Italia nel calcio e nella pallavolo: La Juventus Football Club e la Panini Modena.

1897 e 1966, gli anni della nascita. Gli anni degli esordi assoluti. Gli anni dei primi passi e dei primi sogni. Alla fine del novecento nacque lo sport-club Juventus dall’idea di ragazzi liceali che salutando l’800 abbracciavano l’arrivo dello sconosciuto novecento credendo nel calcio, il nuovo lazo del popolo, il nuovo gioco di tutti.

Fu forse guardando a Genova, la città che aveva portato il football inglese in Italia, che i ragazzi risorgimentali di allora vollero dare una squadra a una nuova città, la Torino prima capitale del giovane Regno. Era l’idea di una diversità, di una contrapposizione , ma anche un modo di avviare una storia parallela nel nuovo gioco, con la città marinaia.

I fratelli Panini, invece, realizzarono la loro idea in modo diverso. Modena già aveva radici profonde nella pallavolo italiana che aveva mosso i suoi primi passi in Italia nel 1946, l’anno primo del dopoguerra e anche quello del primo campionato del gioco della palla in aria che inventarono gli americani col Professor Morgan.

Dieci campionati vinti consecutivamente dalla città con tre squadre diverse: la Crocetta Villa d’Oro, la Minelli dal nome di Luciano Minelli partigiano ucciso nel 1944 e l’Avia Pervia allenata dal mitico Professor Anderlini, il Trapattoni della pallavolo. Nomi e squadre mitiche, campioni dal 1953 al 1963 ininterrottamente vincitori delle grandi sfide con Parma, Ravenna, Firenze e Bologna. La diversità iniziale nella genesi con Torino e la Juventus sta tutta qui, in un retroterra sportivo nel quale la pallavolo era già pane quotidiano, companatico giornaliero, vino migliore dell’oste.

La Juventus nasce in un contesto acerbo mentre il calcio si va insidiando in tutta la penisola molto lentamente, la Panini invece è il frutto di tre culture diverse che non si fonderanno in un unico pensiero sportivo, ma daranno comunque a metà dei favolosi anni ’60 l’anima pallavolistica al nuovo sodalizio dei padroni delle figurine.

I primi passi sono quelli da padri costituenti di una comunità, sia per la Juventus che per la Panini c’è da pagare il debito col noviziato. Da prendere esperienze, da conoscere il territorio. La Juventus iniziò a muoversi in quelli che la letteratura calcistica ha definito, campionati pionieristici. Tornei che nascevano al mattino per finire a sera inoltrata. Quattro squadre, i moduli che erano una fotografia e non un assetto, le commistioni con il nobile rugby ancora presenti, i tanti stranieri importatori del gioco dal mare.

La Panini, invece, annusando l’humus di una cattedrale così importante e competente iniziò il suo cammino con molta umiltà dalla serie C, era il 1966. L’anno dei mondiali d’Inghilterra dove la regina era Pelé come canterà poi Antonello Venditti, la stagione dell’ennesimo scudetto della Grande Inter, l’anno della Juventus operaia di Heriberto Herrera.

In due anni il Gruppo sportivo Panini arriva in serie A condotto dal vulcanico Prof. Anderlini, l’allenatore dei cinque scudetti dell’Avia Pervia, la squadra che aveva dentro di se l’anima di Alfonso II D’Este, Duca di Ferrara, Modena e Reggio nel furoreggiante cinquecento italiano. Con questi tratti e una storia alle spalle la giovane Panini approdò nel massimo campionato alla scoperta di quello che sarebbe successo.

E andò subito bene. Quarti nel 1969, campioni nel 1970 l’anno di GigiRivarombodituono tutto attaccato, dei mondiali messicani, della Juventus che si ricostruiva intorno al giovane presidente Boniperti.

La figura di Giuseppe Panini aveva fatto centro. Doppiamente. Prima investendo sulle figurine, gioco immaginifico dei ragazzi di allora. Il Cavalier Panini aveva rilevato, nel 1960, con suo fratello Benito le edizioni invendute delle figurine milanesi Nannina, le prime che a partire dal 2 aprile del 1947 immortalarono i volti di calciatori e ciclisti.

Poi investendo in uno sport di nicchia che il buio di palestre sconosciute ai più, non faceva conoscere per il suo fascino e la sua suggestione. Lo scudetto del 1970 orchestrato sul campo dal grande palleggiatore cecoslovacco Musil, fu il segno che l’idea avrebbe fatto strada e storia.

Come quella della Juventus. Nel 1900 da sport-Club divenne Football Club, la dicitura che ancora oggi la identifica. Nel 1903 indossò per la prima volta la maglia a strisce bianconere, i colori dell’identità come quelli giallo-blu del Ducato non più del re ma della regina pallavolo.

Nel 1905 quando ancora l’alba del nuovo secolo furoreggiava, la Juventus vinse il suo primo scudetto, ne seguiranno molti altri fino ad oggi dove ancora domina, incontrastata, il campionato.

I primi anni della Panini furono di ascesa verticale, quelli della Juventus di assestamento. La maglia venne scelta dagli eventi di un bagno andato a male, il primo fondatore Alfred Dick se ne andò via per beghe societarie fondando, di fatto, nella FC Torinese i cromosomi dei grandi rivali del Torino, il 1913 fu, invece, l’anno della crisi finanziaria simulacro pre avveniristico della grande crisi americano-mondiale del 1929, in chiave sportiva. Rischiò la retrocessione quella Juventus ma salvandosi si aprì la strada all’arrivo di un altro grande industriale Edoardo Agnelli, figlio del senatore del Regno Giovanni Agnelli.

Nascerà da questo incontro con i Kennedy italiani la Juventus industriale produttrice di scudetti e vittorie di stile, un tratto ancora in più da condividere con la Panini della genesi quella subito aristocratica guidata da due vulcanici con il Cavalier Giuseppe e il Prof per antonomasia della pallavolo italiana.

Le idee erano in moto. E avrebbe camminato a lungo. Ancora oggi che la Juventus sta per vincere il campionato e camminando forte in Europa, ancora oggi che il Modena Volley di Velasco si prepara ai quarti dei playoff contro la grande Milano di Giani, ancora oggi c’è in ogni gesto l’anima degli esordi: i calci ad un pallone dei ragazzi del liceo, le esultanze delle tre squadre della Modena che fu, la maglietta mutuata dal Notts County, il cuore ruggente dell’Avia Pervia. Una prima grande vittoria della Juventus e della Panini è stato questo lungo viaggio fino a noi, non c’è dubbio.

 

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