Da Vigo a Bari, l’Italia contro i leoni indomabili

Posted By on Ago 11, 2019 | 0 comments


 

 

Di Matteo Quaglini

 

Ieri sera al Pala Florio di Bari l’Italia della pallavolo ha giocato la prima delle tre partite di qualificazione all’Olimpiade di Tokio dell’estate 2020. L’avversario è stato il Camerun. Uno scontro inedito nella pallavolo, una partita che nel calcio invece ha avuto una sua storia. Era il 1982 una calda estate mondiale nella Spagna non più franchista, ma di nuovo aperta al mondo con la sua paella, la sua Madrid capitale storica, i suoi sogni mondiali.

L’Italia di Enzo Bearzot incontrò il Camerun nella terza partita del girone di qualificazione di un raggruppamento che dopo i pareggi con Polonia e Perù si era fatto complicato. Dovevamo almeno non perdere per passare alla fase successiva. In partenza non era facile come invece sembrava ieri quando divisi dalla rete l’Italia di Blengini si schierava davanti al Camerun della palla in aria. Perché questa prima differenza? La risposta è nei giocatori. Il Camerun che gioca a pallavolo non ha nella sua formazione i tre mostri sacri del calcio africano degli anni ’80 e ’90: Roger Milla, il portiere N’Kono che la leggenda delle storie sugli estremi difensori ribattezzeranno “Le Chat Noir” e Emmanuel Kundé il difensore rigorista di Italia ’90 capace di trafiggere Peter Shilton e la Perfida Albione in uno storico quarto di finale.

Senza questi tre totem del gioco e senza i loro rispettivi altereghi il Camerun della pallavolo non poteva impensierire la nazionale italiana. Il solo Boyomo, centrale dalle lunghe leve e buon salto, non è stato sufficiente a opporre la stessa resistenza che misero in campo i Leoni indomabili in quel caldo pomeriggio spagnolo.

La riedizione, sotto forma pallavolistica, di quello storico Italia-Camerun è stata di conseguenza meno emozionante, scontata, senza il pathos che al minuto ’62 della gara di calcio avvolse italiani e africani. Questa la differenza tra le due partite, il momento estatico. Ieri in un Pala Florio che ha sempre sospinto gli azzurri il 3-0 ( 25-18, 25-18, 25-15 ) non ha incrinato in nessun momento il destino della partita, il gol dei Leoni trentasei anni fa invece lo fece. Torniamo, con la macchina del tempo, al ’62 di Italia-Camerun mondiali 1982.

La squadra del Vecio sta, da un minuto, vincendo 1-0 Francesco Graziani detto “Ciccio” ha battuto di testa N’Kono che per una volta tanto è andato contro tempo. Lui che del volo a una mano per deviare fuori dai pali il pallone, è il re. Sulla palla al centro del Camerun è un attimo e la nostra difesa si ritrova a dover respingere una parabola alta e profonda su cui il Leone africano Milla si è gettato con la sua classe adamantina e le sue movenze sinuose. Facciamo per respingere ma il nostro muro difensivo è lo stesso del Camerun di ieri, scoordinato e flaccido. Il mito Zoff esce alla disperata, la difesa è larga con Collovati e Scirea subito in ritardo come ieri sera quando su una splendida parallela di Bitouna martello camerunense lo erano Juantorena e Colaci fermi e “aperti” guardando la palla cadere per uno dei migliori punti dei ragazzi d’Africa.

E’ il punto che vale il gol. Si perché in questo flash back continuo che è Italia-Camerun ci ha riportato sulla traiettoria della palla, dalla quale il grande Milla, ora, è tagliato fuori, ma arriva con velocità e possanza M’Bida ed è gol.

Il pericolo aleggia ora nella Vigo galiziana che ospita la spedizione italiana. Mezz’ora interminabile col pericolo che le nostre peggiori sconfitte, Corea ’66 e Irlanda 1958, si ripetano. L’Italia regge e pur soffrendo approda al girone successivo, quello di Barcellona e del Sarrià catino mitico di sfide italo-sudamericane. Un pathos necessario perché una partita sia completa, un’emozione che ieri Engohe e compagni non hanno saputo immettere negli 81 metri di campo.

Ci sono però delle somiglianze tra le due partite. In quella partita Bearzot riproponeva ( per la terza volta su tre ) Paolo Rossi, un tempo Plabito d’Argentina, un tempo centravanti immaginifico del “Real” Vicenza come venne ribattezzata la Lanerossi nel 1978, l’anno del secondo posto in serie A. Un tempo perché Paolino mancava da due anni dalla nazionale un’assenza che oggi fa il palio con quelle di Zaytsev e Juantorena degli ultimi periodi di sfide internazionali.

Italia-Camerun è stata anche questo, la partita dei ritorni dei grandi attaccanti: il Paolo Rossi più famoso di tutti e capace di valicare la convenzionalità del nome e del cognome, il centravanti – opposto di Modena Ivan Zaytsev e l’italo-cubano Juantorena che ha dato all’Italia pallavolistica la stessa classe magistrale di altri stranieri italianizzati come Josè Altafini, Omar Sivori o Mumo Orsi e Enrico Guaita per tornare alle glorie degli anni ’30.

Anche le città in cui si è giocato si toccano. Sia Vigo che Bari hanno un porto, struttura che accoglie imbarcazioni che aprono al commercio. Una nel Nord-Occidentale della Spagna ad un passo dal Portogallo, l’altra nel Meridione d’Italia nono comune per abitanti del paese di Dante e capitale storica con Napoli e Palermo dell’Italia che guarda al Mediterraneo.

Due città cariche di storia. La battaglia di Vigo tra Italia e Camerun somigliò a quella che nelle feritoie del porto settecentesco della città si combatté nel 1702. Gli Anglo-olandesi avevano inseguito gli spagnoli fino agli attracchi del porto per sottrargli i tesori americani che gli ispanici avevano ammassato nella stiva della nave. Chissà chi tra Zoff e Gentile o tra N’ Kono e Onana, reciterebbe il ruolo di inglesi e spagnoli? E’ certo invece che tutti i protagonisti dei due Italia-Camerun di ieri e di oggi, nella pallavolo e nel calcio, siano stati leali, fedeli e valorosi come lo furono le città di Vigo nella lotta contro le truppe napoleoniche del 1808 e in quella al nazi-fascismo nella Bari degli anni ’40.

In Spagna trentasei anni fa il Camerun sfidò il meglio del calcio italiano che si vedeva brutto e che poi diventò campione del mondo. Quei ragazzi che forse Ernest Hemingway aveva raccontato ne il suo “Verdi Colline d’Africa”, combatterono con l’orgoglio che trasmetteva la Ciudad leal, fiel e valerosa di Vigo. E furono Leoni indomabili.

Quelli di ieri che hanno giocato nella Bari eletta Medaglia d’oro al merito civile, hanno tenuto il campo con dignità e onore di fronte a un’Italia che si vuole costruire forte per l’olimpiade. Meno indomabili però perché Woune l’opposto non ha la classe dei quattro tocchi di “Bastia” con cui Roger Milla fece gol col più tecnico dei destro-sinistro, al Saint-Etienne nella finale parigina di Coppa di Francia 1981. O, anche perché, il libero Kamto non vola sulla palla e non la devia con la forza e la personalità di N’ Kono il gatto che ha in carriera ipnotizzato gli attaccanti di Real e Barcellona, parato rigori e sfidato grandi giocatori da Lineker a Hagi, da Virdis e Antognoni a Gullit.

Questo Camerun è diverso da quello e la sua storia pallavolistica è troppo giovane al confronto con noi che siamo dal 1978 dei depositari del gioco inventato dagli americani. Alla fine però di tutto il racconto di Italia-Camerun, che sia calcistico o pallavolistico, è pur sempre da Vigo a Bari la partita della nostra nazionale contro dei leoni, non indomabili nella pallavolo come lo erano nel calcio, ma pur sempre leoni.

 

 

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