Jules Rimet: una storia di luci ed ombre

Posted By on Ott 19, 2019 | 0 comments


di Andrea Tocchio

 

Ci sono certi uomini che passano alla storia e, in alcuni casi, diventano immortali con le proprie imprese in campo o in panchina. Con giocate incisive o idee rivoluzionarie ci fanno sognare. Ma ci sono uomini altrettanto illustri ed importanti che, lontano dal rettangolo di gioco, dietro ad una scrivania, decidono e dirigono le sorti di questo sport.

Nel Gotha di questi personaggi, uno spazio considerevole se lo ritaglia Jules Rimet. Francese, nato a Theuley (Alta Saona) il 14 Ottobre 1873, Rimet studia e si forma a Parigi, dove si trasferisce ad 11 anni, per seguire l’attività di droghiere del padre. Studente modello, sin da giovane si impegna attivamente nel cattolicesimo sociale e aderisce in un secondo momento alla Democrazia Cristiana transalpina. Elabora, quindi, durante gli anni accademici che lo portano alla Laurea in Giurisprudenza, una visione riformista, che attinge da alcuni ideali di sinistra. Nella sua concezione lo sport è volano fondamentale per l’abbattimento delle pesanti differenze sociali dell’epoca. L’attività  fisica per Rimet, oltre ad aggregare e fornire vantaggi sotto profili morali e fisici, lima i contrasti sociali, favorendo la connessione e la conoscenza tra le diverse classi.

Mosso da questi principi, nel 1897 col fratello ed un gruppo di amici istituisce la società polisportiva Red Star. Ovviamente prevede anche una sezione calcistica, che viene inserita nel Campionato di Terza Serie gestito dall’Union des Societes Françaises de Sports Athletiques (o USFSA). Da qui inizia la sua scalata ai vertici delle organizzazioni calcistiche, prima nazionali, poi internazionali. Nel giro di breve tempo comincia a partecipare alla gestione dell’USFSA e delle sue competizioni, in qualità di dirigente. Come ente calcistico nazionale riconosciuto, l’USFSA prende parte alla creazione della Federation Internationale de Football Association, detta comunemente FIFA, nel 1904.

Nonostante riconosca il futuro di questo sport nel professionismo, capace di fornire più autonomia a quei giocatori provenienti da situazioni di disagio, Rimet spinge per l’approvazione di un Torneo di Calcio per calciatori dilettanti alle Olimpiadi del 1908. Torna però sui suoi passi con una brusca inversione ad U. Nel 1907 il professionismo viene introdotto nel calcio, ma l’USFSA non accetta tale novità, estromettendosi dalla FIFA. Rimet, innamorato dell’idea di una diffusione universale del calcio o, più semplicemente, del potere acquisito ed acquisibile, crea nel 1910 con altre tre società parigine la Ligue de Football Association, sotto la guida del CFI (il Comitato Nazionale dello Sport Francese). Con la nuova associazione sostituisce l’uscente USFSA nell’esecutivo della FIFA. Così, dopo essersi dimesso dalla direzione del Red Star, a seguito del trasloco da Parigi a Saint-Ouen, Rimet diviene il portavoce del CFI presso la FIFA.

La Grande Guerra, nella quale Rimet serve la propria Nazione da Capitano di Cavalleria (guadagnandosi una Croce di Guerra), sospende, ma non arresta la sua ascesa personale. Al tramonto del conflitto, la neonata Federation Française de Football Association (FFFA) lo nomina presidente. Assunta questa carica, si spende energicamente su due fronti. Continua la propria battaglia in difesa del professionismo, considerato essenziale per agevolare lo sport tra i ceti più umili. In campo internazionale, invece, contrasta fermamente la proposta della FA inglese di espellere dalla FIFA quei Paesi usciti sconfitti dalla Prima Guerra Mondiale. La vittoria della sua linea su ambo i versanti, gli frutta due anni più tardi la vetta del massimo organismo globale: l’1 Marzo 1921, Jules Rimet viene incaricato della presidenza della FIFA.

L’organizzazione di cui assume il controllo è fortemente rimaneggiata: gli inglesi, per le questioni prima elencate, ne sono usciti e pure Brasile ed Uruguay non ne fanno parte. Decide quindi di colmare i vuoti espandendo le attività della FIFA e consolidandone i poteri. In quest’ottica è da considerare la sua disapprovazione alla nascita di organismi continentali, che avrebbero rappresentato un pericolo per la diffusione mondiale della federazione e avrebbero decretato il tramonto di quel concetto di “famiglia allargata” (ed egemone) a lui molto caro. Lo scacco al re in questa direzione lo muove coltivando il progetto di una competizione mondiale tra Nazioni per professionisti.

Sul modello vincente delle Olimpiadi mondiali del 1924 e del 1928, presenta perciò alla riunione di Amsterdam del 1928, appoggiato dal segretario della FFF (Federation Française de Football) Henry Delaunay, il piano per la realizzazione di un Campionato Mondiale di Calcio. Approvato all’unanimità  l’anno seguente, durante una cena svoltasi il 18 Maggio a Barcellona, l’abilità diplomatica di Rimet gioca un ruolo fondamentale nella scelta dell’Uruguay come prima Nazione ospitante il neonato Campionato del Mondo del 1930. Infatti, sfrutta a proprio favore la ricorrenza del centenario di indipendenza e l’orgoglio del popolo sudamericano, tanto da ottenere la promessa di sostegno alle spese di viaggio delle Nazionali straniere. Sebbene partecipino solo 4 Nazioni europee (Francia, Belgio, Romania e Iugoslavia; le altre disertano per la “distanza”) e si verifichino situazioni di disagio nei Paesi delle due  finaliste (Uruguay ed Argentina), la competizione è un trionfo completo sotto ogni profilo.

Il dirigente francese, ora all’acme della propria carriera, si macchia di alcune scelte più che discutibili. Benché dichiari la totale apoliticità della FIFA, non esita ad affidare l’organizzazione della seconda rassegna iridata del 1934 all’Italia di Mussolini, che la utilizza come efficace propaganda del proprio regime. L’edizione è sì un nuovo ed entusiasmante successo, anche da un punto di vista mediatico (grazie all’avvento della radio), ma crea una pericolosa commistione tra politica e sport, tracciando un solco che verrà poi ripercorso in manifestazioni future. Difatti, già nel Mondiale di Francia del 1938 non mancheranno ulteriori critiche al suo operato. Gli stravolgimenti storici e sociali di quegli anni condizionano irrimediabilmente il Campionato. L’Austria, qualificatasi, per via dell’Anschluss alla Germania, non può partecipare (così come tutti i suoi campioni di origine ebraica, tra cui Sindelar) e gli stessi tedeschi si presentano all’esordio con la Svizzera esibendosi nel saluto nazista. Ovviamente, nessuna presa di posizione forte di Jules Rimet.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si riscatta parzialmente difendendo dalla cacciata dalla FIFA, caldeggiata dagli altri membri, le Nazioni uscite perdenti dal sanguinoso conflitto. Ma nel Congresso in Lussemburgo del 1946 vengono apportate modifiche agli statuti FIFA che paiono volte all’esaltazione e all’eccessiva celebrazione della sua individualità. Il Campionato Mondiale diventa Coppa del Mondo e, fin qui, nulla di straordinario. Il trofeo in palio, invece, viene rinominato Coppa Jules Rimet e si decide che diventerà proprietà definitiva della prima compagine nazionale in grado di cogliere la vittoria in 3 manifestazioni diverse.

Prima del ritiro dalla presidenza avvenuto nel 1954, sulla soglia del quinto Mondiale, riesce a centrare altri due importantissimi obiettivi. In primo luogo il ritorno della FA, l’associazione inglese, nella federazione, festeggiata con un match tra i migliori calciatori britannici ed europei il 10 Maggio 1947. Ma, soprattutto, il passaggio dai soli 12 membri del 1921 ad 85 associati.

La sua visione romantica ed innovativa di una federazione globale, atta a riunire sotto lo stesso tetto più Nazioni attraverso lo stesso sport, gli vale prima della sua morte (16 Ottobre) la candidatura al Nobel per la Pace del 1956. La giuria, tuttavia, nonostante i meriti riconosciuti, la respinge, molto probabilmente per le ingerenze politiche occorse ai Mondiali del 1934 e del 1938, che minano moralmente l’integrità del suo operato.

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