di Marco Bea
La strada per il paradiso è ricca di ostacoli e la Lazio per raggiungerlo deve superare prima di tutto quelli dentro sé stessa. La trasferta del Celtic Park di Glasgow, maestosa arena calcistica meglio nota tra i tifosi locali come The Paradise, ha rappresentato una metafora perfetta del percorso attuale degli uomini di Inzaghi, ancora una volta troppo timidi quando “il gioco si fa duro”. Al di là dei meriti della compagine scozzese, brava a rimanere aggrappata al match anche nei momenti di difficoltà e a lottare all’unisono insieme al proprio pubblico, non può che prevalere una sensazione di forte amarezza per i biancocelesti, specie per la portata di una sconfitta che mette in serio pericolo il prosieguo del cammino europeo.
Il 2-1 finale è infatti bugiardo rispetto a quanto emerso sul campo, specie a livello di produzione offensiva. Dopo un avvio privo di grandi sussulti ed impiegato in primis a decifrare il gioco del Celtic, di pura scuola britannica per intensità e fisicità, la Lazio ha saputo imporre la propria superiorità tecnica, colpendo gli avversari grazie anche alla capacità di distendersi in transizione. Il gol del vantaggio è arrivato con un contropiede rapido e pulito, rifinito dal tandem Caicedo-Correa e finalizzato dalla botta dal vertice destro dell’area di Lazzari, autore della sua miglior partita in maglia biancoceleste. Nella ripresa i capitolini hanno tuttavia rivitalizzato in pochi minuti gli avversari e tutto l’ambiente, prima con il palo al 64’ del Tucu, imbeccato in profondità da uno dei pochi lampi della serata di Milinkovic, poi al 66’ con una pessima lettura difensiva di squadra, troppo passiva nel concedere a Christie il mancino dell’1-1 dal cuore dell’area, anche su complicità di uno Strakosha poco reattivo nell’occasione. Nonostante lo schiaffo rimediato l’11 di Inzaghi, modificato nel frattempo negli uomini ma non nell’assetto dagli ingressi di Immobile e Lulic per Correa e per un inconsistente Jony, ha avuto comunque la forza di reagire e di produrre almeno tre situazioni per tornare avanti nel punteggio, di cui una clamorosa con Parolo, murato da Forster su una conclusione ravvicinata dal primo palo. Nel momento del massimo sforzo la Lazio ha tuttavia pagato caro i propri errori, nello specifico lasciando Jullien completamente libero di ribadire in rete una bella inzuccata da corner, guadagnato dal Celtic all’88’ a seguito di un svarione in uscita dei biancocelesti.
Il miracolo di Forster a tempo scaduto sulla staffilata da fuori di Cataldi ha soltanto aggiunto un ulteriore sapore di beffa ad una sconfitta che suona, più delle precedenti 3 in stagione, come campanello d’allarme. Al netto dei suoi ottimi sprazzi di gioco la squadra, tra distrazioni, discontinuità nei 90 minuti e scarsa verve realizzativa rispetto alle occasioni create, sta infatti vivendo un preoccupante periodo di stallo e lo stesso Inzaghi non sembra in grado di invertire in maniera netta la rotta. Il rischio diventa quindi quello di adagiarsi sui propri limiti e di andare così a radicalizzarli, specie contro rivali, come il Celtic, di caratura internazionale e molto difficili da abbattere anche sul piano morale. Un cambiamento sarà tuttavia oltremodo necessario nel gironcino di ritorno di Europa League, dove i biancocelesti non potranno più permettersi inciampi. Con 3 punti in classifica ed altrettanti di distacco dalla 2° posizione, occupata dal Cluj, la Lazio è già con le spalle al muro in ottica qualificazione, per la quale ci sarà bisogno di almeno una vittoria nelle prossime due sfide casalinghe. La rivincita del 7 novembre contro il Celtic sarà quindi fondamentale per scongiurare una prematura uscita dall’Europa League, che fornirebbe una tangibile prova di involuzione tecnica di tutto il progetto.