Il romanismo e la romanità, tra mito; leggenda e realtà

Posted By on Feb 1, 2020 | 0 comments


di Giuseppe Porro

 

Le chiacchiere le porta via il vento, e qui a Roma di chiacchiere se ne fanno tante, forse troppe. A volte basta una parola; una spruzzata di mito; un pizzico di pathos, si shakera il tutto, e la verità (o presunta tale) è servita. Il cocktail miscelato diventa leggenda, in una città che è pregna e vive di leggende, leggende vere. La comunicazione in una città imperiale deve essere all’altezza, ed infatti nessuna città al mondo vanta tante radio e tv calcistiche quante ne ha Roma, ma i comunicatori a volte non sono all’altezza, poi aggiungiamo che la gente spesso e volentieri sente quello che vuol sentire, dimenticandosi di ascoltare, e il gioco è fatto. Ora specialmente (ma ormai da qualche mese) c’è una parola che la fa da padrona, passa di bocca in bocca montando rabbia ed astio, facendo diventare una leggera brezza in un uragano che si abbatterà di nuovo sulla Roma, la parola in questione è deromanizzazione.

La leggenda della deromanizzazione

Il primo a parlare di deromanizzazione e stato il romanista forse più rappresentativo, ho almeno tra i più rappresentativi della storia giallorossa, ovvero il capitano per eccellenza Francesco Totti. Nella ormai famosa conferenza stampa di addio, parlò di un tentativo di disinnescare la Roma dalla romanità e dal romanismo da parte della dirigenza reggente, ma anche questo è un falso storico. La romanità è senso di appartenenza dei figli di Roma, e di figli di Roma a Trigoria ancora ce ne, il romanismo e senso di appartenenza ad una maglia; ad un gruppo; a una fede, e non bisogna essere nato per forza di cose sulle sponde del Tevere, anzi. La “cacciata” di Totti; De Rossi e Florenzi, se si guarda da un altra angolazione non è deromanizzazione ma crescita globale, restare legati solo al disegno “cittadino” e provinciale, e non per forza di cose vincente, anche perché figli di Roma a Trigoria ancora ce ne sono, a partire da Pellegrini. Anni fa la Roma di Mazzone, aveva tanti figli in rosa: da Maini a Muzzi; da Statuto a Cappioli; da Giannini a Petruzzi; da Totti a De Rossi, ma non è stata per forza di cose vincente, anzi.

La non deromanizzazione

Se facciamo un passo indietro, “all’allontanamento” dei figli prediletti troviamo incongruenze, Francesco Totti (l’accusatore) si è dimesso da dirigente perché non era ancora un dirigente (con la testa) ma un calciatore, dopo che la società lo ha “costretto” al ritiro (a 40 anni). Daniele De Rossi è andato via in scadenza perché la società non credeva più nelle sue prestazioni fisiche (alla lunga hanno avuto ragione), se c’è stato uno sbaglio (e uno sbaglio grossolano c’è stato) è stato nel trattamento, ci voleva più rispetto e tatto per De Rossi, ma comunque e stato un distacco rispettoso (si parla anche di un suo impiego nella nuova società). Alessandro Florenzi non giocava, e d’accordo con la società è andato via in prestito per sei mesi (con il beneplacito dei tifosi almeno fino a che non era sul mercato, ora e deromanizzazione) anche in vista dell’europeo, a giugno tornerà a Roma e li si deciderà il suo futuro. Ora il figliol prodigo; il figlio di Roma; il futuro capitano è Lorenzo Pellegrini sperando che ce ne saranno ancora altri, come è ormai una tradizione di Roma, tradizione di romanità e romanismo che vogliamo fortemente che continui.

 

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