Gli zar di Bulgaria

Posted By on Feb 12, 2020 | 0 comments


Di Matteo Quaglini

Due grandi Zar di Bulgaria, con la “Z” maiuscola come si suole con i grandissimi di ogni genere e campo. Uno di Plovidiv dal nome sacro, Hristo e dal cognome dirompente Stoichkov. L’altro di Ruse con un nome animalesco Ljubo per tutti nella pallavolo italiana ed internazionale, il lupo. Questa senza dubbio è l’immagine iconica che meglio racconta cos’è stato Ljubomir Ganev per i bulgari: il grande lupo capace di essere solitario in battuta e aggregativo all’interno del branco al momento di schiacciare da tutte le posizioni il pallone a terra. Un giocatore individuale ed altruista al tempo stesso, un obice e un macchinista che assieme agli altri dava carbone alla “caldaia” della Bulgaria che schiaccia sotto rete.

In questo Hristo Stoichkov l’altro grande Zar di questa storia parallela di grandi figure dell’Est Europa, è stato in tutto e per tutto uguale al grande opposto. Anche lui lupo, benché più accilliato e iracondo di Ganev, capace però come il conterraneo di portare la storia sportiva bulgara fuori dai confini facendola conoscere agli spagnoli di Catalogna e agli italiani di tutta la penisola.

Tutti e due, sia Hristo che Ljubo, vengono dalla grande scuola del Cska Sofia fucina di talenti e squadra capace di giocare alla pari con le migliori formazioni europee degli anni ’70 e ’80. Anche Stoichkov e Ganev hanno scritto, uno con i suoi allunghi e il sinistro fulmineo, l’altro con le randellate di destro, l’epica cavalleresca di memorabili vittorie a Sofia sul Bayern Monaco, sul grande Liverpool, sul Barcellona di Cruijff.

In questa storia di campionissimi dallo stile western è importante, soprattutto, quest’ultimo nome: quello di Johan Cruijff, l’olandese volante. Quando un fuoriclasse ne incontra un altro lo riconosce subito, è una questione di riconoscersi tra lupi appunto. Con il numero otto sulle spalle Stoichkov semina come birilli i difensori del magnifico dittatore – come una parte dell’Ajax e dell’Olanda del 1974 lo definiva – e sono dolori, oltre che gol subiti. Il Barcellona resiste, in quella primavera del 1989 anno di cambiamenti epocali anche per l’Est europeo e vola fino alla finale di coppa coppe che poi vincerà contro la Sampdoria di Vialli e Mancini.

Ma negli occhi del divo Johan ci sono le accelerazioni di Hristo, il controllo palla al piede di Stoichkov, perché ogni giocatore a qualsiasi sport appartenga è prima col suo nome il bambino che sogna e poi con il cognome, il campione che diventa. Fu un colpo di fulmine e valse quattro campionati spagnoli vinti e la prima storica coppa dei campioni, sogno proibito e finalmente raggiunto dagli eredi degli Aragonesi anche grazie alle prodezze e alla personalità di Hristo Stoichkov.

Da un sinistro che sapeva dialogare con Romario e Bakero compagni di azioni corsare nelle aree di rigore avversarie, a un destro di rara potenza: quello che ha saputo frantumare e passare sui muri delle più grandi squadre italiane di pallavolo. Lujbo Ganev schiacciava per Agrigento, Spoleto, Schio, Cuneo, Fano e Napoli, le sue sei squadre italiane. Non erano formazioni in lotta per lo scudetto, ma guidate dal lupo di Bulgaria giocavano con l’impeto delle migliori cavallerie della storia militare, slanciando il cuore oltre l’ostacolo.

Si il cuore. Quello che Ganev col suo sorriso pieno e furbastro ha sempre messo, anche quando si arrabbiava trasmettendo la grinta dei giusti, in ogni partita, con ogni compagno, nel rispetto di ogni avversario, senza però paura di nessuno. Un episodio racconta bene il giocatore Ganev e di conseguenza il suo carattere. Siamo nei primi anni ’90 quelli della pallavolo italiana campione del mondo e del campionato più bello del mondo, a guidare il gruppo è il Messaggero Ravenna del patron Raoul Gardini, del direttore sportivo Brusi, di Vullo e degli americani Kiraly e Timmons, una squadra mitica capace di trapiantare il modello americano della ricezione a due e della difesa ad oltranza nel campionato italiano, proprio come il Milan di Sacchi trapiantò l’Olanda della zona pressing nella patria del catenaccio.

Al Pala De André arriva l’Olio Venturi Agrigento, l’opposto il centravanti della squadra cioè è lui

Ljubomir Ganev. Nel turno di rotazione in battuta arriva il suo momento, dall’altra parte della rete c’è, a ricevere, il campione dei campioni di questo fondamentale che è l’orologio che regola una squadra di pallavolo per la costruzione del gioco. E li, nella foga del momento, con l’adrenalina a mille e tutto il palazzetto che lo guarda il lupo tira a tutto braccio: per una volta anche re Karch Kiraly il migliore ricettore del mondo deve arrendersi al vento dell’Est. E’ ace con Ganev che urla dall’altra parte della rete la sua ferocia belluina al dioscuro americano.

Nella pallavolo “l’urlo in faccia” come si dice in gergo è un atto di sfida considerato altamente antisportivo; forse per Kiraly quell’urlo gli ha ricordato bizze alla Dennis Rodman: una mancanza di rispetto da ricucire nel cuore ferito. Gli scambi successivi ridanno al grande fuoriclasse californiano il riscatto. Piove una palla sulla seconda linea di Spoleto, Ganev parte con la sua rincorsa poderosa e mulina il braccio mentre dall’altra parte della rete c’è ad attenderlo a muro l’amico-nemico Karch.

Il duello western si risolve con una storica murata di Kiraly al gigante bulgaro che reincarna il mito dello Zar Simeone, stavolta l’urlo è dell’americano.

Alla fine fu pareggio tra i due grandi campioni, che seppero vincere ognuno nella specialità dell’altro perché certo Kiraly a muro non era forte come in ricezione e difesa. Questo grande duello iniziato con il grande punto diretto del lupo, ricorda nell’immaginazione i quattro gol di Stoichkov nel derby tra il Cska e il Levski Sofia, vinto dai rossi per 5-0 nella semifinale di coppa di Bulgaria del 1985. Quel giorno il più grande sinistro di Bulgaria segnò 4 gol e dopo fece un gesto alla Ganev, entrò in campo nella partita successiva contro gli eterni rivali, con la maglia n.4 come se fosse un ace alla Ljubomir. Seguirono tafferugli tra i tifosi. Lo squalificarono per sei mesi.

Irriverenti, rissosi, combattivi, campioni questo sono stati questi Zar di Bulgaria che hanno vissuto storie parallele e diverse, in Italia ad esempio: dove Ganev è ancora oggi un mito da ricordare ed abbracciare ogni qual volta torna nel paese del sole e dove all’opposto Stoichkov ha lasciato solo polemiche e cinque anonimi gol nel Parma degli anni d’oro. Succede anche ai più grandi quando non scatta la chimica, così come diverso è il percorso in nazionale a favore stavolta del trequartista di Plovdiv. Ljubomir Ganev ha giocato dal 1985 al 1998 in nazionale, più o meno lo stesso periodo di Hristo, senza cogliere una medaglia mentre Stoichkov è stato uno dei padri della patria della grande Bulgaria quarta al mondiale americano di U.S.A 1994.

Lì nel paese che ha sempre guardato il “soccer” con sospetto, perché nulla è superiore al basket e al baseball, i due gol alla Germania campione del mondo in carica ancora piena zeppa dei suoi cavalieri teutonici e quello all’Argentina orfana di Maradona, furono le perle anarchiche più grandi del capocannoniere di quel mondiale. Una cosa simile la fece Ganev nel play off contro Modena nel 1992. Il preambolo fu quello che fece la differenza, sacrilegio puro al concetto di ritiro e rigore atletico prima di una partita.

Nell’albergo che ospita la squadra del lupo tutti sono pronti per trasferirsi al palazzetto quando Ganev decide di mangiare 1kg e mezzo di tiramisù. Così per ammazzare il tempo: cosa vuoi che sia per un uomo di 210 cm e 100kg di peso, un po’ di genuino tiramisù? Con questa prodezza culinaria nello stomaco Ljubomir si presenta al campo e fa barbarie della grande squadra emiliana. A fine gara sono 75 i punti in una sola partita, nemmeno Zorzi e Despaigne i migliori opposti dell’epoca sono arrivati mai a tanto. Il mito di Ganev colpì ancora uguagliando in quei 75 punti parte del tutto dei suoi 5.603 nel campionato italiano, i 38 gol in campionato, nel 1990, di Hristo Stoichkov che valsero la scarpa d’oro nell’ultimo anno al Cska.

Oggi entrambi hanno 54 anni e raccontano se stessi in modo diverso: Stoichkov è stato, dopo aver concluso la carriera da ramingo tra Arabia Saudita, Giappone e Stati Uniti, per un periodo allenatore della nazionale dove il vecchio carattere iracondo è riemerso nella denuncia del presidente UEFA Lennart Johansson reo di aver combinato il risultato Svezia-Bulgaria 3-0 a favore dei suoi connazionali. E’ stato questo l’ultimo scatto perentorio come quelli che faceva sul campo. Un guizzo dove forse riemerse il maresciallo dell’esercito che fu da ragazzo.

La politica sportiva è, invece, la passione nuova di Ljubomir Ganev. A novembre del 2019 si è candidato alla presidenza della Federazione bulgara con un programma che vuole rilanciare lo sport bulgaro partendo dai giovanissimi. Un progressista il lupo, proprio lui che da giocatore pensava solo a randellare gli avversari. Il tempo cambia gli uomini e gli apre nuove visioni, d’altronde forse la

spiegazione è nei paesi natale dei due.

Il lupo Ganev non poteva che diventare un rivoluzionario una volta arrivato dentro la politica perché Ruse, la sua città distante 320 km da Sofia, fu agglomerato di rivoluzionari e partecipanti alla liberazione bulgara nel settentrione del paese. Quando Hristo Stoichkov appare sul proscenio calcistico è il simbolo del Rinascimento bulgaro ottocentesco e infatti Plovdiv significa rinascenza non a caso. La città venne distrutta nel 447 dagli Unni e riedificata da Giustiniano un secolo dopo, fu così dal 1018 bizantina. Il ritorno dei bulgari nel 1206 è il simbolismo storico che ricalca quello che per la città ha rappresentato Hristo Stoichkov, una riedificazione appunto sportiva del ritorno alla propria identità. Un giocatore in grado di ricostruire dopo l’avvento degli invasori come fecero i bulgari dopo Goffredo di Buglione, il re di Germania Corrado III di Hohenstaufen, Federico barbarossa e l’Impero Latino di Costantinopoli.

Il lupo Ganev e Hristo Stoichkov sono stati due grandi Zar di Bulgaria e ad ogni loro gol, ad ogni loro schiacciata, ad ogni loro affondo, ad ogni loro battuta al tritolo hanno sempre, segnando il punto, dato significato alla frase del loro cuore: “Oggi Dio ha confermato di essere bulgaro”.

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