29 anni fa, un lungo giorno d’amore…

Posted By on Mag 23, 2020 | 0 comments


 (di Gianluca Guarnieri) 23 maggio 1991. Soltanto 24 ore la Roma aveva perduto la Coppa Uefa, non riuscendo nella rimonta contro l’Inter di Giovanni Trapattoni, vincendo si per 1-0 con il goal di Ruggiero Rizzitelli, ma senza ribaltare il 2-0 dell’andata. Era stata un’annata a luci ed ombre con la morte dell’amatissimo Presidente Dino Viola e lo scandalo “Lipopil” che avrebbero privato nella stagione di due pedine importanti quali Angelo Peruzzi ed Andrea Carnevale. Nonostante tutto ciò la Roma era riuscita a qualificarsi anche per la finale di Coppa Italia, da disputarsi contro la Sampdoria di Mancini e Vialli, appena scudettata. La testa però dei tifosi era però ad un altro avvenimento: quel 23 maggio si celebrava un avvenimento speciale, un saluto doveroso e caloroso per un simbolo del club giallorosso che salutava il calcio giocato e l’amata maglia giallorossa. Quell’uomo era (ed è ovviamente) Bruno Conti. La piccola ala di Nettuno smetteva con il calcio giocato, dopo la sua ultima stagione romanista, passata praticamente in panchina per via dell’assurdo ostracismo di Ottavio Bianchi, all’epoca allenatore del club Oro e Porpora. Un saluto che sarebbe restato fisso nella memoria dei tifosi, che affollarono lo Stadio Olimpico con 80.000 presenze , molti di più della sera prima nel match europeo contro l’Inter. Fu una notte di sogno con tutta la squadra campione d’Italia 1983 a festeggiare il suo fantasista, in una amichevole contro una selezione brasiliana composta da campioni come Dunga, Junior e tanti altri, con Liedholm ed Enzo Bearzot a fare da allenatori in panchina. “Brunetto” visse una serata storica, organizzata perfettamente da Gilberto Viti, storico dirigente romanista, che la volle intitolare “Gran Finale”, e mai titolo fu più azzeccato. Conti fece il giro di campo varie volte, ricevendo fiori, sciarpe, bandiere, baci ed abbracci, andando a lanciare la sua scarpa sinistra alla Curva Sud. Una scelta simbolica, visto il piede preferito, che aveva mostrato mirabilie per tanti anni , tra dribbling, tiri, cross e tante “finte” che avevano mandato in bambola tanti avversari. Non fu un “ammaina Bandiera” ma un dolce saluto. Conti salutava il suo pubblico, diventando poi dirigente giallorosso, e in futuro avrebbe fatto proprio in quell’ambito. Un’era si concludeva, nel miglior modo possibile però, con la riconoscenza dei propri tifosi per un simbolo assoluto del calcio italiano, campione del Mondo 1982 e Campione d’Italia 1983. Il saluto migliore senza dubbi.

nuovo-logo-roma

Submit a Comment