Jurij Sapega e Gigi Meroni, i poeti del pallone

Posted By on Mag 25, 2020 | 0 comments


Di Matteo Quaglini

Due campioni e due poeti. Jurij Sapega era nato il 1° gennaio 1965 a Hrodna in Bielorussia, cittadino dell’impero dei Soviet. In quella scuola di vita scelse la pallavolo. E di questo gioco affascinante, divenne un fuoriclasse. Lo chiamarono il “poeta del volley” per rimarcare il grande senso estetico nelle giocate.

Gigi Meroni in quel 1965 già calcava i campi e ogni dribbling era poesia. Era nato a Como il 24 febbraio del 1943. Gli piacque il calcio che negli anni dell’infanzia era un tutt’uno con il Grande Torino. Già il Torino, per Meroni la vita da uomo. Come Jurij anche Gigi è stato un anticonformista in una società con stili di vita rigidi, di qua nella penisola che fu di Dante e Lorenzo il Magnifico dalla società bigotta e borghese, di là nella terra di Pietro il Grande e Tolstoj dal regime. E in questo loro anticonformismo sono stati magnifici. Lo hanno interpretato con orgoglio e amore, senza pensare ai pregiudizi che sono mortali nella personalità degli uomini sensibili. E per ciascuna di queste oscurità hanno tirato fuori un colpo di classe, una pennellata di Raffaello.

Il colpo di Jurij fu nella finale del Campionato europeo del 1991 giocata contro la nazionale italiana di Julio Velasco campione del mondo. Quel giorno fu l’ultimo dell’Urss campione e Jurij Sapega giocò con tutta la sua poesia a muro e in veloce. Insieme a Kuznetsov, altro campione che trovò nella vita una tragica fine, e a Fomin demolì la grande squadra azzurra.

L’opera d’arte di Gigi Meroni è il gol a San Siro, che mise al tappeto la Grande Inter di Helenio Herrera. Era il 12 marzo del 1967, pochi mesi prima di trovare sorella morte senza nemmeno poterla combattere come fece Brancaleone, altro immaginifico alla Meroni.

Questi successi furono per Sapega di squadra, in ossequio al concetto di collettività e per Meroni furono individuali nel senso alto del termine. Jurij Sapega ha vinto sette campionati consecutivi e tre coppe nazionali, dal 1985 al 1991, giocando per il Cska Mosca la squadra più forte della storia. E di quella squadra, in cui entrò nel 1981 a sedici anni, è stato uno dei colonnelli più amati. Oltre i confini ha vinto cinque Coppe dei Campioni realizzando nello sport il sogno di Pietro il Grande, quello di un mondo russo aperto all’Occidente in una comunione fraterna di saperi e cultura.

Gigi Meroni non ha vinto i trofei di Jurij, la sua vittoria è stata la fantasia al potere. Ciascuna delle 170 partite tra Como, Genoa e Torino, e dei 32 gol hanno raccontato la metrica dell’uomo, è questo il successo più bello: essere se stesso, emozionare gli altri, amare la vita e il pallone, vivere al fianco di quel coraggio chiamato sentimento. Il fatto che Jurij Sapega abbia giocato e allenato in Italia, a Padova, lo avvicina all’Italia terra natia di Gigi. Così come la partita che la grande ala gioca contro l’Urss ai mondiali inglesi del 1966 fa incontrare Gigi con Jurij. Diverso è stato il ruolo: Sapega era un centrale, Gigi incarnava l’ala destra. Con gli allenatori hanno avuto un rapporto opposto: Nereo Rocco era un “Paron”, ma amava gli uomini alla Gigi perché come Rivera erano quelli che gli davano la fantasia. Vjaceslav Platonov non amava Jurij. Troppo ingombrante perché troppo raffinato, per essere amato da un uomo grandissimo e pragmatico come lo Zar di Leningrado. La nazionale deluse entrambi. Jurij perse due finali, una mondiale (86) e una olimpica (88), contro gli Usa in uno scontro anche geopolitico. Gigi venne eliminato ai mondiali inglesi e giocò una partita su tre nella terra dei Beatles.

Gigi Meroni morì in ospedale alle 22.40 del 15 ottobre 1967 dopo essere stato, in Corso Re Umberto, investito da una auto che lo colpì in pieno trascinandolo per cinquanta metri sull’asfalto. Lo salutarono in 20.000. Nel 2007 in occasione del 40° anniversario venne eretto un monumento in onore de “La Farfalla”. Due anni prima, nel 2005, era venuto a mancare a quarant’anni, Jurij Sapega per un arresto cardiaco. Questi due poeti del pallone sono stati identici nel scrivere versi di emozione sportiva. Identici e magistrali.

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