Nella storia della Serie A

Posted By on Ago 25, 2020 | 0 comments


di Gianni Massaro

 

È anno di I, incredibili eventi..
Una Dea tonica rende la platea attonita, con calcio in seguito sempre più condensato in grattacieli, alberghi e condomini, causa forza maggiore.
Infrangibili record, dati avvenenti nel mondo del Football.
Una bravura esplosiva, potenza fragorosa, negli anni ‘50 un nordico attaccante lasciava un solco nella storia milanista, e non. Si chiamava Gunnar, ‘pompierone’ Nordahl, mastodontica struttura dal killer instinct notevolissimo. Un cratere in un eruttivo corpo, campione nell’intaccare certezze delle corazzate avversarie. Un’egemonia durata lungamente, sovvertita in terra napoletana. Il bomber svedese aveva ulteriormente segnato l’epoca nel 1950, al suo primo intero campionato in Italia.
35 timbri, in casa a San Siro aveva rimpinguato l’opera, ai danni della Roma, club in cui terminerà l’esperienza nel Paese, nonché la carriera scarpette e tacchetti al piede. Miglior marcatore nella storia rossonera; sessantasei anni di diabolico primato; cinque volte re dei capocannonieri, nessuno come lui nel Belpaese, tre volte consecutive migliore sentenza su campi nostrani, primato poi bissato dal 10 puro juventino: Le Roi Michel Platini.
Dopo oltre mezzo secolo è un altro straniero ad avere lo scettro dell’exploit maggiormente maestoso. Gonzalo Higuain varca quota trenta, spedito, sfondo San Paolo: dinnanzi al caro pubblico pennella la storia. Pioggia primaverile, altra squadra del Lazio affrontata.
È il più mansueto e meno blasonato Frosinone la vittima epica, una girata favolosa a comporre una sinfonia dal profumo storico. Nella mirabolante musica sarriana il Napoli si sublima, nonostante la voce trofei recita solenne un mesto zero. Eroica seconda, il Pipita Higuain trafigge i ciociari, per un record destinato a durare. Dura, ma poco. Il Napoli nel destino degli attaccanti spumeggianti moderni. Ciro Immobile, sfornato dalla provincia partenopea, ritenta la sorte.
Finalizzatore di una manovra a tratti copiosi ariosa, tanti rigori, calciati bene, e pure molto sacrificio ed assist. Ingobbito in alcune occasioni nelle movenze, un piede non da romantici, due piedi non da sommi poeti, arti inferiori non per sublimi esteti. Medesimo stadio, medesima porta, Napoli Calcio da “carnefice” a “vittima”. Immobile entra negli annali con una grande zampata, taglio repentino, prende e sorprende sul tempo, difensore e Ospina.
Carnefice mattatore, orefice da collane poco appariscenti ma di estremo impatto.
Un destro cinico, confeziona una rete non semplice, di quelle che non rubano l’occhio ma nelle corde di alcuni, forse pochissimi in Serie A. Nel mentre Higuain tornava al gol contro l’altra squadra capitolina, dove l’epopea in fragorosi exploit era iniziata. L’era del Milan pre-Rivera, il nobile trio svedese Gre-No-Li. Un dove mistico, tradotto in avversario.
Una serie di prestazioni altalenanti, unite ad acciacchi e suggestivi mal di pancia, l’attaccante argentino non entusiasma, Ciro apporta la costante zampata. Doppia sconfitta, doppio 3 a 1 subito, un finale di stagione un po’ amaro, sottotono. Ciro, però, non potrà mai dimenticare tale serata, una sconfitta che vale una porzione di eternità.
Fatti per esser battuti, i primati spesso non mentono, di rado smentiscono, questa anomala cavalcata non trionfale consacra Immobile ad un grado più alto, eminenza Ciro il Grande, conquistatore di aree di rigore, imperatore biancoceleste. Una spanna (spannina) sopra Gunnar Nordahl, in compagnia di Gonzalo, un duo arrivato a penetrare il tunnel della magnificenza dopo immemore tempo.

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