History Moments, il primo magnifico Uruguay

Posted By on Nov 17, 2020 | 0 comments


Di Matteo Quaglini

Nel 1954 ci furono i primi mondiali televisivi in Svizzera, erano i mondiali di Schiaffino, El Diez che orchestrava il gioco d’attacco degli allora campioni del mondo in carica. Il fuoriclasse che insieme all’altro campione Ghiggia, aveva battuto il Brasile nella sua tana. Lì l’Uruguay, mescolanza eccelsa di grinta e classe, vinse il suo secondo campionato del mondo. E fu storia calcistica che ancora oggi scorre nelle vene dei campioni della contemporaneità, Cavani e Suarez i due “fuorilegge e campionissimi del gol”. E due giocatori di confine, capaci di riportare l’Uruguay a tempi gloriosi. Due come Cea e Castro i centravanti che vinsero il primo campionato del mondo della storia della Celeste nel 1930. Per capire il presente, dicono gli storici francesi, bisogna conoscere il passato e la storia passata dell’Uruguay è grande e suggestiva, una storia che narra di campioni del mondo.

La Fifa assegnò, nel congresso di Barcellona del 1929, l’organizzazione del primo mondiale all’Uruguay. E ci furono, da subito, polemiche forti e aspre. Ma come disse il grande calcio danubiano, noi siamo il faro della sapienza calcistica in Europa e non organizziamo il mondiale? Nazionalismo calcistico puro. Fermi e irremovibili sulle loro posizioni Austria, Cecoslovacchia e Ungheria non parteciparono al mondiale. Si chiamò fuori anche l’Italia, non per polemica e nemmeno per appoggiare diplomaticamente la miglior scuola calcistica del continente. L’astensione ebbe la natura di una preparazione sui migliori campi internazionali per costruire il talento che poi ci sarebbe tornato utile a Roma ’34 e Parigi ’38.

Rimasero lontano dalle terre sudamericane care agli uruguagi anche l’Inghilterra e le altre nazioni britanniche, l’isolazionismo sciovinista di chi aveva inventato il gioco continuava a negare senza sosta il confronto con tutti gli altri. Come potevano loro i dioscuri inglesi abbassarsi a giocare con chi non conosceva il gioco? Con chi aveva solo copiato? Forse nell’applicazione calcistica della loro idea di impero, i figli di sua maestà la regina hanno commesso il peccato originale che ancora oggi li perseguita. Senza gli altri, senza il confronto, senza lo scontro non c’è crescita, nemmeno nel calcio.

Il confronto, con le tredici nazionali presenti, lo cercò invece proprio l’Uruguay che ospitò il mondiale a Montevideo vincendo anche la concorrenza di Italia, Olanda e Spagna che si erano proposte come paesi organizzatori. Una sola sede dove giocare tutte le partite, lo stadio del Centenario, costruito per onorare i cento anni dall’indipendenza che ricorreva proprio nel 1930 e che il 13 luglio aprì i battenti alle prime due partite della storia del mondiale: Francia-Messico e Stati Uniti-Belgio.

Una sola sede ma un’organizzazione efficiente con tutte le squadre ospitate in ottimi alberghi e rimborsate del lungo viaggio, nel nuovo mondo. Un senso di responsabilità che la Fifa conferì all’Uruguay dall’alto anche del fatto che Andrade e compagni erano i due volte campioni olimpici in carica. Olimpia sempre altezzosa col primo calcio stava avvicinandosi al cuore del football. I due volte campioni ospitavano il primo mondiale di Jules Rimet, con il sogno di vincerlo. Era la congiunzione tra due universi magici.

Ma gli stessi sogni e gli stessi universi si sa sono condivisi da molti. L’altra grande squadra che sognava di vincere il mondiale era l’Argentina. La grande Argentina di Luisito Monti detto il “boia” e di Stabile El Filtrador, per gli ammiratori, primo super cannoniere del mondiale. Finale annunciata davanti agli 80.000 del Centenario. Il calcio già convogliava, come le antiche arene di Roma imperiale, folle di appassionati, tifosi, curiosi.

Si era partiti con l’Europa rappresentata da Romania, Belgio, Jugoslavia e Francia, poi c’erano gli Stati Uniti pieni di giocatori di origine inglese e scozzese, quindi il Messico e il meglio del calcio sudamericano con una pecca: il Brasile. Si proprio loro, gli Dei del calcio incredibilmente inconcludenti, vanesi ed eliminati senza colpo ferire dalla Jugoslavia di Tirnanic e Vujadinovic.

Si giocarono diciotto partite e si segnarono 71 gol per stabilire e definire il campione. Sei di questi vennero segnati in finale a sancire il carattere di questo primo mondiale: universo pieno d’avventura. L’Uruguay, inserito nel girone 3, battendo Perù e Romania volò in semifinale dove fece sei gol alla Jugoslavia, arrivando così alla finale di Montevideo.

L’Argentina ebbe un cammino più tortuoso. Pur battendo nel girone Francia e Messico, dovette giocare lo spareggio con il Cile che a sua volta aveva vinto contro francesi e messicani. Venne fuori la partita più violenta e guerresca del mondiale, con la polizia a cavallo in campo per sedare la rissa tra i giocatori argentini e cileni nata da un fallo non fischiato al limite dell’area al Cile, sul 2-1 per l’Argentina. Alla ripresa del gioco gli argentini acciuffarono la vittoria e dopo aver battuto, in semifinale, gli Stati Uniti, scesero in campo a Montevideo contro l’Uruguay.

Il 30 luglio fu il giorno di Uruguay-Argentina, la prima finale del campionato del mondo. Due grandi squadre, due nazioni confinanti, due avversari che si guardano in faccia tutti i giorni, due che sognano la coppa schierando questi undici. Uruguay: Ballesteros; Nasazzi; Mascheroni; Andrade; Fernandez; Gestido; Dorado; Scarone; Castro; Cea; Iriarte. Assente la grande ala – per dirla con le parole del compagno di squadra Cea – Anselmo, che aveva segnato tre gol nelle partite della fase eliminatoria.

Dall’altra parte l’Argentina: Botasso; Della Torre; Paternoster; J.Evaristo; Monti; Suarez; Peucelle; Varallo; Stabile; Ferreira; M. Evaristo. Arbitra il belga Langenus, il quale chiede e ottiene una assicurazione sulla vita per sè e i familiari prima della finale.

Ore 14.10 inizia la prima finale della Coppa del mondo. Attacca forte l’Uruguay spinto dal pubblico, Dorado segna dopo 12 minuti il vantaggio e la festa impazza. Ma si sa la vittoria è qualcosa che conta alla fine, mai nel mentre. L’Argentina ribalta con Peucelle prima e poi con il suo fuoriclasse Stabile all’ottavo gol mondiale. Pensano, gli argentini, di essere ad un passo dal trionfo, il mantra falso già allora ripetuto a memoria che ancora perdura oggi e che solo in due hanno saputo invertire e trasformare in vittoria: il “caudillo” Passarella e il grande Diego Maradona.

Nel secondo tempo, infatti, Cea e Castro fanno come oggi fanno Cavani e Suarez e come fecero in Brasile Schiaffino e Ghiggia, i gol. E sono gol mondiali. Quando Iriarte segna il 3-2 del sorpasso l’Uruguay tutto capisce che è fatta. Il mondiale è vinto battendo un campione straordinario come Stabile. E in questa vittoria del passato c’è il presente, allora i grandi attaccanti erano Cea e Castro oggi, invece, sono in tre: Cavani, Suarez e Tabarez. Se l’Uruguay avesse avuto nell’ultimo mondiale  di Russia uno Schiaffino, un Francescoli, un Andrade degli anni trenta, un regista cioè che organizzasse il gioco, allora assieme a questi tre grandi “bomber” divisi tra campo e panchina, avrebbe avuto una possibilità di sorprendere il mondiale e l’altezzosa Francia e fare come nel 1930 quando lo vinse.

 

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