Per niente Interiksen: il danese non è sensiazionale.

Posted By on Dic 1, 2020 | 0 comments


di Gianni Massaro

 

Una squadra forte, con ottima dose di freschezza, coriacea, imperniata sulla fisicità.
Un attacco che sta realizzando, trascinato in particolare dal fattore ‘Romaku’, imperiale arte di bruciare spazi per il bomber belga.
Una corazzata che si era ammirata nell’inizio contiano, fino alla fine del 2019, poi sorpassata da Lazio e Juventus.
Giocatori di ottima gamba, tandem prolifico dall’intesa cospicua, reparto difensivo abbastanza solido.
È certo, matematica parla, l’avvio stagionale è stato contraddistinto da precaria tenuta di retroguardia.
E pare lampante che la struttura totale non sia in fase embrionale, l’ossatura della squadra non è stata cambiata.
Basata su corsa, corsara ancor più, non grande numero di azioni concesse, ma folate forti le quali minano la rete difesa da Handanovic. È questione di caratteristiche dei giocatori, fanno fatica negli scatti all’indietro-meta, bisogno di essere aggressiva, tonica.
Ha cambiato sulla fascia, con un ritorno, quello di Perisic dopo una stagione trionfale in tenuta bavarese.
Ha diversi interpreti su ambedue le fasce, con il croato spesso protagonista in questi mesi, e Hakimi, prelevato dal Dortmund, (ex club pure di Perisic). Si vola sulle ali dell’entusiasmo, in formato Bundesliga, dominante il calcio tedesco nella scorsa edizione di Champions, anche con il movimento francese parso in evidente ascesa.
I frutti europei però non sono dei migliori, almeno finora.
Sugli esterni nuova e rispolverata linfa, il gol arriva facile, ma l’equilibrio dopo un anno non è stato costante.
Si vola con le ali, ma quelle della compagine interista sono dinamiche, incursori con velocità, attitudini ed atleticità in diverse sfumature: la materia sognante deve essere altrove.
Ed il danese ‘Erik’ rimane un uomo di panca: è certo, matematica parla, la tecnica è perla.
È carenza di chi trasforma patemi in temi di fertile luce, e Sensi era stato mirabile uomo in più per pochi mesi.
Non sarà lui l’elemento imprescindibile, ma stese veli d’efficace caratura: inserimenti, gestione, lanci, spazi stretti e larghi, assistenze e conclusioni, con piede ed un’intelligenza nei movimenti superiore alla media, velocità punto non di forza, ma l’Inter ha frecce, manca chi le inneschi al meglio.
E non è Eriksen, per incongruenza tattica, un’allergia prima di toccare i pollini erbosi; pallini pure forse eccessivi.
Bisogna saper trattare i palloni che giungono, è capacità di vedere oltre: un sesto senso.
È prosecuzione, duttilità, più abbondanti mansioni: Eriksen si sigilla in un involucro poco elettrico, non è Interiksen, senza grossa cifra tecnica in imprevedibilità, è parziale soluzione oltrepassare, forse Interiksensi, l’ex Sassuolo giocatore per poco tempo sensazionale, perno pure di nazionale.
È un calcio però nervoso, nevrotico, velocemente e variamente mutevole, spossato.
È verità: non si passa dall’inventiva all’invettiva frequentemente.
Dunque, è l’ex Spurs, vicino alla vittoria della Champions da protagonista, capro espiatorio o una grande delusione?

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