Francesco Rocca, travolgente come il vento…

Posted By on Ago 3, 2021 | 0 comments


(di Gianluca Guarnieri) Forte. Fortissimo. Veloce. Il più veloce. D’altronde lui era “Kawasaki”, travolgente come una mareggiata, impetuoso come il vento di tramontana d’inverno. Francesco Rocca resta sempre nel cuore dei tifosi romanisti, amato oltre il tempo, oltre la malasorte. La sua forza, la sua impavida sfida al maestrale della vita, alla velocità pura ha resistito alle epoche, all’alternanza delle stagioni, alla sfortuna che ha sempre perseguitato questo atleta di incredibili mezzi fisici, adatto al calcio ma sicuramente anche all’atletica leggera. Rocca ha segnato un’era: lanciato in serie A da Helenio Herrera che vide subito in lui un mediano di forza e potenza, fu spostato dal Barone Nils Liedholm sulla fascia per poter sfruttare la sua progressione sbalorditiva. Sembrava una Ferrari lanciata in corsa, ed annichiliva i suoi avversari. Il formidabile Lato, l’ala della Polonia capocannoniere del Mondiale 1974 fu letteralmente surclassato dal ragazzo di San Vito Romano che non gli fece toccare palla in un match dell’aprile 1975 all’Olimpico tra gli azzurri e i polacchi. Lo stesso Liedholm gli diceva che avrebbe potuto andare alle Olimpiadi di Montreal tanto era grande la sua potenza atletica (sarebbe stato perfetto per il mezzofondo veloce) e basti rivedere le immagini in quel nostalgico bianco e nero per rendersene conto. Rocca sembrava un Jet lanciato sulla fascia, un vero e proprio super eroe più veloce della luce, come Superman o Flash, con il quale condivideva i colori giallorossi e il fulmine giallo sul petto. Era veloce il doppio di compagni e avversari e Ciccio Cordova suo Capitano gli urlava sempre di rallentare quando giungeva a fondo campo per non perdere la chance del cross. Raccomandazione inutile, perché Kawasaki riusciva sempre a sterzare e a mettere la palla in mezzo per Pierino Prati, in agguato come un falco, pronto a metterla in rete. Un propulsore degno di un F 14 Tomcat, con scatti, sprint ed accelerazioni sulla fascia con gli avversari ad arrancare dietro di lui (in un derby mezza Lazio lo inseguì senza riuscirlo a prendere), facendo spesso figure barbine. Un prodigio di campione al quale il destino rispose in maniera crudele. Un infortunio in un Roma-Cesena in campionato, seguito da un recupero affrettato per poter giocare in Nazionale, fino al terribile crack durante l’allenamento al Tre Fontane. Dopo di che, l’odissea degli interventi chirurgici, il viaggio a Lione, i luminari Perugia e Trilliat, ritorni in campo insoddisfacenti e un calvario durato fino all’agosto 1981 e allo stop con l’addio al calcio, contro l’Internacional di Porto Alegre del “divino” Falcao. Poi la panchina e il lavoro in Federazione con generazioni di campioncini addestrati o addirittura scoperti, ragazzi intimiditi davanti a questo eroe sfortunato, ma granitico, simbolo di forza e di lealtà. La Roma è però rimasta dentro di lui, come un sentimento incapace di scemare ed inaridirsi. Nel 2012 la nascita della “Hall Of Fame” e un posto nella Top 11, la formazione dei sogni. Rocca ovviamente c’era e non poteva essere altrimenti, con quel giro tra le lacrime sotto la “sua” Curva Sud. Quella Sud che mise il suo volto nella scenografia del derby dell’11 gennaio 2015, tra i capitani e le bandiere.  Auguri, insuperabile “Kawasaki”!

Rocca

 

 

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