Giorgio Dusi
Tre partite, due sconfitte, un pareggio. Zero soddisfazioni, poco da rammaricarsi. O forse, troppo da rammaricarsi. L’Australia dopo la sconfitta per 2-0 rimediata contro il Perù ha salutato il Mondiale, ha chiuso una pagina della propria storia in maniera piuttosto deludente. Senza vincere, senza riuscire a segnare un gol su azione in 270 minuti. Troppo poco per qualificarsi, per sopravanzare una Danimarca che è riuscita comunque a chiudere con un punto, quello della sicurezza, contro la Francia prima nel girone. Troppo poco per l’Australia, la quale ha riscoperto altri limiti tecnici. E non è riuscita a segnare nemmeno il gol della speranza, nonostante le possibilità.
Per la prima volta in questo Mondiale sembrava poter andare tutto bene, anche Tom Rogic, riferimento della squadra sulla trequarti, sembrava essersi svegliato dal torpore che lo aveva inspiegabilmente accompagnato nei giorni scorsi. Il fantasista del Celtic è apparso finalmente ispirato, così come Leckie e Kruse, ma non a sufficienza per riuscire a mettere un pallone alle spalle di Pedro Gallese. Soprattutto, è mancato qualcosa dietro, più a livello di singoli che di collettivo: lo testimonia lo sbandamento generale sul secondo gol del Perù. Limiti tecnici e tattici a cui nemmeno van Marwijk ha potuto ovviare, nonostante una squadra ordinata.
Il Ct non ha lesinato complimenti alla squadra: “Hanno fatto tutto quel che avevo chiesto”, a parte gol, si potrebbe aggiungere. Ci ha provato anche il classe 1999 Daniel Arzani, probabilmente la nota più lieta di questo Mondiale per i Socceroos: la sua personalità e il suo talento possono essere il futuro della squadra. Passerà il testimone Tim Cahill, che ha giocato quattro mondiali, un traguardo incredibile per un giocatore australiano, ovviamente il primo a centrare l’impresa. Lui che nelle qualificazioni era stato decisivo contro la Siria. Ha chiuso in campo, tra le lacrime per un’eliminazione amara, ma anch’egli conscio che probabilmente non si poteva fare davvero nulla di più.