di Gianni Massaro
La sua storia in chiave fiabesca è nota agli appassionati di calcio.
Inflessione aspramente toscana, analcolici effetti sporadici, se prodotti dalla voce sarriana, comandante di una ciurma prossima all’impresa.
La più ardua contendente all’egemonico tricolore juventino, in un decennio di monopolio agnelliano.
Non per punti, quanto per connubio di edonismo ed efficacia, uno scudetto gettato al vento nella tempestosa, burrascosa Firenze.
Albergo indigesto, storica impresa evaporata, sfumata.
In un decennio a strisce, celebrazioni da condottieri toscani, apre le danze Allegri nell’unica intrusione milanista, conclude Sarri.
Capo e coda di discendenti danteschi, proiettati verso paradisiache vette.
Flessioni anticonvenzionali, crudo e duro, nicotinico.
Flessioni precisamente piegamenti, discesa ad hoc per definire il pettorale, salita seguita da una nuova caduta, il sarrismo si va affinando nelle proporzioni, in una chimerica tensione, in alchimie geometriche.
Melomane spartito, di ardua ed ostica replicazione alla corte di Madame d’Italia.
Limacciose acque, fango e campi impervi, la grande occasione per l’allenatore toscanaccio nato a Napoli tarda a giungere.
È arrivato infine, l’epicentro nazionale, dopo aver conquistato l’Europa minore in terra straniera; il successo in patria, nell’arcirivale passata, con la nemica di un tempo, in imperfetto per una sinfonia quasi compiuta.
Talea partenopea, magia infranta nella città principe del suo DNA straripante, DNA di estrazione dantesca, con un’eccezione in pulsazioni azzurre.
DNApoletano almeno in ambito pallonaro, romanticismo azzerato all’approdo in tenuta Vecchia Signora.
Ha vinto ma non ha convinto, non è stato comandante bensì atomo nella galassia magnetica bianconera.
Ne sono nati scorci vincenti, ma non una storia degna di epica narrazione, nonostante l’ex sarrismo divenuto vecchia gestione nel limbo abbia superato la prova del nove.
Spesso con un falso nove, spesso con evidenti difficoltà, non agevolato da lacune altrui e colpe proprie.
In un club tendente al 10, Maurizio giunge a quota 9, con un bilancio rovesciato, appena sufficiente, ma le attese erano elevate, altissime.
E l’ex rivale al Napoli ha portato la Juve alla quota raddoppiata, 36 scudetti, una voragine rispetto alle rivali, diciotto sono infatti i campionati vinti dalle due milanesi.
Egemonia dominante, di corto muso nel celestiale firmamento.
Sarri arriva ad essere il più anziano mister campione d’Italia.
Seppur terminata male rimane la fiaba di un vecchio fanciullino burbero, aspro e genuino, arrivato sul tetto d’Italia.
Non è mai troppo tardi per realizzare antichi sogni.